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Con l'espressione ultimus romanorum (in lingua latina: ultimo dei romani) si indica un personaggio che nella storia è stato percepito incarnare i valori e le caratteristiche precipue della civiltà romana. Valori che per circostanze storiche, politiche o culturali avvicendatesi, sono stati ritenuti estinti con la sua scomparsa. Nel corso dei secoli l'espressione è stata più volte associata ai personaggi più disparati, non solo dell'epoca strettamente identificata con la romanità classica, ma anche i secoli successivi, fino all'epoca moderna. Si tratta dunque di personaggi afferenti alle più disparate sfere d'interesse del mondo della classicità: dalle doti militari, a quelle politico-oratorie e soprattutto a quelle culturali-filosofiche, a testimonianza di una percezione di ampio respiro delle caratteristiche precipue della romanitas che trascende la storia, inserendole in un vero e proprio modo di essere, di pensare, di agire.
Con il termine socii, foederati o foederatae civitates, si indicavano i popoli o le città legate a Roma da un trattato denominato foedus.
L'Impero romano d'Occidente iniziò a configurarsi come organismo statale autonomo alla morte dell'imperatore Teodosio (395) il quale decise di affidare gli immensi territori, sempre più vulnerabili alla pressione dei barbari, ai suoi due figli: ad Arcadio, il maggiore, fu assegnato il governo della parte orientale dell'Impero mentre a Onorio, il minore, spettò la parte occidentale. Non era nelle intenzioni di Teodosio creare due organismi politici differenziati e completamente indipendenti fra di loro. La sua finalità era piuttosto quella di ricollegarsi, attraverso questa scelta, sia alle tradizioni tetrarchiche, che a quelle post-costantiniane. La divisione doveva cioè rivestire un carattere puramente burocratico, amministrativo, o riconducibile al problema della difesa militare. Da allora però, questi due grandi aggregati, ormai strutturatisi in Impero Romano d'Occidente e Impero romano d'Oriente, non si sarebbero più riuniti e avrebbero intrapreso dei percorsi di sviluppo sempre più autonomi fra di loro. L'idea dell'unità restò tuttavia salda nelle coscienze ancora per lungo tempo, e certo non si era ancora spenta quando, nel 476, il re degli Eruli Odoacre depose l'ultimo imperatore occidentale, Romolo Augusto, e rimise le insegne dell'Impero all'imperatore d'Oriente Zenone. Quest'ultimo continuò a considerare l'Italia e Roma, culla della civiltà romana, come una parte dell'impero, mentre Odoacre e poi Teodorico, come patrizi d'Italia, ufficialmente svolgevano il ruolo di governatori per conto del sovrano di Costantinopoli, pur essendo di fatto regnanti autonomi. Ancora l'imperatore bizantino Giustiniano tentò la riunificazione delle due parti dopo la fine dell'Impero d'Occidente, progetto che tuttavia finirà nei secoli successivi con l'affermazione dei regni di franchi, visigoti e longobardi, e la nascita del Sacro Romano Impero.
Marco Aurelio Antonino Augusto (in latino Marcus Aurelius Antoninus Augustus; nelle epigrafi: IMP CAES M AVR ANTONINVS PIVS FELIX AVG; Roma, 203 Roma, 11 marzo 222), nato come Sesto Vario Avito Bassiano (Sextus Varius Avitus Bassianus) ma meglio noto come Eliogabalo o Elagabalo (Heliogabalus o Elagabalus), stato un imperatore romano, appartenente alla dinastia dei Severi, che regn dal 218 al 222, anno della sua morte.
Marco Mecilio Flavio Eparchio Avito (in latino: Marcus Maecilius Flavius Eparchius Avitus; Augstonemetum, 395 circa – 457) è stato un imperatore romano d'Occidente regnante dal 455 alla sua morte. Senatore, fu un ufficiale di alto rango, sia civile sia militare, nonché vescovo di Piacenza. Aristocratico gallo-romano, Avito cercò di opporsi alla riduzione dell'Impero romano d'Occidente alla sola Italia, sia dal punto di vista territoriale sia da quello amministrativo. Le sue nomine di ufficiali romani di stirpe gallica nell'amministrazione imperiale però gli inimicarono sia l'aristocrazia senatoriale sia la popolazione di Roma, provata dal sacco dei Vandali del 455. Avito era in ottimi rapporti con i Visigoti di Teodorico II, di cui era amico personale e che lo acclamò imperatore: la prospettiva di una solida e profittevole alleanza tra Romani e Visigoti naufragò, però, quando quest'ultimi occuparono la Hispania romana e quando non diedero il proprio appoggio all'imperatore gallo in occasione della ribellione dei comandanti italici. Con la sua deposizione, dopo appena quindici mesi di regno, il destino di decadenza dell'Impero d'Occidente fu segnato.