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Sul ponte di Perati è un canto alpino della Brigata alpina "Julia" che nel 1940 fu impegnata nella campagna di Grecia. Il testo e la melodia nulla hanno a che vedere con un noto canto alpino composto alla fine della Prima guerra mondiale, intitolato il Ponte di Bassano (cfr. testo, riportato alla voce); in entrambi i canti, però, l'immagine del ponte evoca un punto di non ritorno. Bassano è attraversata dal fiume Brenta, e le due parti della città sono collegate da un caratteristico ponte di legno (progettato nel 1569 da A. Palladio), noto anche come "Ponte degli Alpini" per l'intenso transito di truppe alpine inviate nell'estate del 1916 per la difesa dell'Altipiano di Asiago (o Altipiano dei Sette Comuni). Nella Seconda guerra mondiale, il Ponte di Perati segna l'inizio della campagna di Grecia e l'abbandono del suolo albanese, ai tempi sotto l'occupazione dell'Italia fascista. Successivamente, la melodia è stata riutilizzata da Nuto Revelli, alpino reduce dal fronte russo, per comporre Pietà l'è morta, uno dei più noti canti partigiani.
Rodolfo Boselli (Modena, 21 maggio 1887 – Derna, 3 marzo 1912) è stato un militare italiano, che fu decorato con Medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della guerra italo-turca.
Manlio Cecovini (Trieste, 29 gennaio 1914 – Trieste, 6 novembre 2010) è stato un politico, saggista e narratore italiano.
Etelvoldo Pascolini (San Costanzo, 8 novembre 1884 – Torino, 2 giugno 1956) è stato un generale italiano, veterano della Guerra italo-turca, della Prima guerra mondiale e della Guerra d'Etiopia, dove si distinse particolarmente durante le successiva operazioni di grande polizia coloniale che portarono alla cattura di Ras Destà. Durante la Seconda guerra mondiale prese parte alla Campagna di Grecia, e quindi, come comandante della 156ª Divisione fanteria "Vicenza", alla Campagna di Russia, dove fu catturato dai sovietici il 26 gennaio 1943. Rientrò in Italia il 15 maggio 1950, insieme ai generali Emilio Battisti e Umberto Ricagno. Decorato con la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia, con una Medaglia d'oro, due d'argento e due di bronzo al valor militare, e insignito dei titoli di Ufficiale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro e di Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia.
La campagna italiana di Grecia si svolse tra il 28 ottobre 1940 e il 23 aprile 1941, nell'ambito dei più vasti eventi della campagna dei Balcani della seconda guerra mondiale. La campagna si aprì con un'offensiva del Regio Esercito italiano a partire dalle sue basi in Albania (controllata dagli italiani fin dall'aprile 1939) verso la regione dell'Epiro in Grecia, mossa decisa da Benito Mussolini al fine di riequilibrare lo stato dell'alleanza con la Germania nazista e di riaffermare il ruolo autonomo dell'Italia fascista nel conflitto mondiale in corso. Malamente pianificata dal generale Sebastiano Visconti Prasca ed eseguita con forze numericamente insufficienti e scarsamente equipaggiate, l'offensiva italiana andò incontro a un disastro: bloccato l'attacco nemico, le forze greche del generale Alexandros Papagos, appoggiate da unità aeree della Royal Air Force britannica, passarono decisamente al contrattacco respingendo le unità italiane oltre la frontiera e continuando ad avanzare in profondità nel territorio albanese. La sostituzione di Visconti Prasca, prima con il generale Ubaldo Soddu e poi con il generale Ugo Cavallero, non portò a grandi miglioramenti per le forze italiane, rinforzate in maniera caotica da un flusso disorganizzato di truppe e alle prese con una pessima situazione logistica; solo a fine febbraio 1941 il fronte italiano poté infine essere stabilizzato. In marzo le forze italiane tentarono una massiccia controffensiva per respingere i greci dall'Albania, ma andarono incontro a un sanguinoso fallimento. La guerra si trascinò in una situazione di stallo fino all'aprile 1941, quando la Germania intervenne in forze nella regione balcanica: con un'azione fulminea, le truppe tedesche invasero la Jugoslavia e la Grecia, costringendole in poco tempo alla capitolazione. Benché vittoriosa nel finale, la campagna di Grecia si tradusse in un grave insuccesso politico per l'Italia, costretta ad abbandonare ogni pretesa di condotta delle operazioni belliche autonoma e distinta dai tedeschi.