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Per umanesimo si intende quel movimento culturale, ispirato da Francesco Petrarca e in parte da Giovanni Boccaccio, volto alla riscoperta dei classici latini e greci nella loro storicità e non più nella loro interpretazione allegorica, inserendo quindi anche usanze e credenze dell’antichità nella loro quotidianità tramite i quali poter avviare una "rinascita" della cultura europea dopo i cosiddetti "secoli bui" del Medioevo. L'umanesimo petrarchesco, fortemente intriso di neoplatonismo e tendente alla conoscenza dell'anima umana, si diffuse in ogni area della penisola (con l'eccezione del Piemonte sabaudo), determinando di conseguenza l'accentuazione di un aspetto della classicità a seconda delle necessità dei "protettori" degli umanisti stessi, vale a dire dei vari governanti. Nel giro del XV secolo, gli umanisti dei vari Stati italiani incominciarono a mantenere forti legami epistolari fra di loro, aggiornandosi riguardo alle scoperte compiute nelle varie biblioteche capitolari o claustrali d'Europa, permettendo alla cultura occidentale la riscoperta di autori e opere fino ad allora sconosciuti. Per avvalorare l'autenticità e la natura dei manoscritti ritrovati, gli umanisti, sempre sulla scia di Petrarca, favorirono la nascita della moderna filologia, scienza intesa a verificare la natura dei codici contenenti le opere degli antichi e determinarne la natura (cioè l'epoca in cui quel codice fu trascritto, la provenienza, gli errori contenuti con cui poter effettuare comparazioni in base alle varianti). Dal punto di vista delle aree d'interesse in cui alcuni umanisti si concentrarono maggiormente rispetto ad altre, poi, si possono ricordare le varie "ramificazioni" dell'umanesimo, passando dall'umanesimo filologico all'umanesimo filosofico. L'umanesimo, che trovò le sue basi nelle riflessioni dei filosofi greci sull'esistenza umana e in alcune opere tratte anche dal teatro ellenico, si avvalse anche dell'apporto della letteratura filosofica romana, in primis Cicerone e poi Seneca. Benché l'umanesimo propriamente detto sia stato quello italiano e poi europeo che si diffuse nel XV e in buona parte del XVI secolo (fino alla Controriforma), alcuni storici della filosofia utilizzarono questo termine anche per esprimere certe manifestazioni del pensiero all'interno del XIX e del XX secolo.
Simone Martini, indicato talvolta anche come Simone Senese (Siena, 1284 circa – Avignone, 1344), è stato un pittore e miniatore italiano, considerato indiscutibilmente uno dei maestri della scuola senese e sicuramente uno dei maggiori e più influenti artisti del Trecento italiano, l'unico in grado di contendere lo scettro a Giotto. La sua formazione avvenne, probabilmente, nella bottega di Duccio di Buoninsegna. Ancora giovane e sconosciuto ricevette il prestigioso incarico di dipingere la Maestà per il Palazzo Pubblico di Siena e da allora la sua fama crebbe senza soste. Lavorò ad Assisi, Roma, Napoli, oltre che, naturalmente, nella sua città natale. Nel 1340 si trasferì ad Avignone, all'epoca sede del papato, dove mori nel 1344, lasciando una forte influenza anche nel mondo dell'arte gotica francese.
La cosiddetta questione giottesca è un problema degli studi sulla storia dell'arte nata dall'attribuzione a Giotto o meno degli affreschi della Basilica superiore di Assisi, e se sì in quale misura rispetto ai suoi collaboratori in un'opera tanto vasta. Sono così sorte delle questioni relative all'organizzazione dei cantieri artistici, dal Medioevo in poi, al ruolo dei maestri e ai compiti degli aiuti, all'effettiva applicabilità del concetto di "autografia" di queste grandi opere a un singolo maestro. La questione può essere estesa a tutta la pittura antica e rinascimentale.
La Pinacoteca civica "Bruno Molajoli" di Fabriano nasce nel 1862 ed è situata presso l'Ospedale di Santa Maria del Buon Gesù. La pinacoteca venne intitolata nel 1988 a Bruno Molajoli, storico dell'arte fabrianese e direttore delle Belli Arti negli anni Sessanta. La collezione storica si distingue soprattutto per la sezione di arte medievale che raccoglie affreschi, tavole e rare sculture lignee della seconda metà del XIII e del XIV secolo: in particolare si segnalano le opere di scuola fabrianese, di alcuni anonimi maestri giotteschi e di Allegretto Nuzi. I secoli successivi sono poi documentati da alcune personalità artistiche come Antonio da Fabriano, eccentrico protagonista del 1400 marchigiano, Simone De Magistris, pittore visionario di Caldarola, e Orazio Gentileschi, notissimo maestro caravaggesco. Infine, a partire da ottobre 2015 è stata allestita una nuova sezione di arte contemporanea, che raccoglie i principali artisti del '900 italiano donata da Ester Merloni alla città di Fabriano.
Il Museo nazionale di San Matteo è il più importante museo di pittura e scultura a Pisa, situato nella piazzetta di San Matteo in Soarta. Situato nel convento medievale di San Matteo, si affaccia sull'Arno con un elegante prospetto in stile romanico pisano ed una facciata (dove si trova l'ingresso) classicheggiante. Possiede una serie completa di opere dei principali maestri pisani e più in generale toscani dal XII al XVII secolo, oltre a reperti archeologici e ceramici. Il numero e la rilevanza delle opere qui custodite fanno del San Matteo, sito forse meno noto di quanto meriterebbe, uno dei musei più importanti d'Europa in tema di arte medioevale. Straordinaria in particolare è la collezione di opere pittoriche del territorio pisano del XII e XIII secolo. Il valore di queste opere porta sempre più gli studi storico-artistici a riconoscere che quella pisana sia stata la maggior scuola pittorica italiana sino alle soglie del XIII secolo. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo museale della Toscana, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei.
La Galleria degli Uffizi è un museo statale di Firenze, che fa parte del complesso museale denominato Gallerie degli Uffizi e comprendente, oltre alla suddetta galleria, il Corridoio Vasariano, le collezioni di Palazzo Pitti e il Giardino dei Boboli, che insieme costituiscono per quantità e qualità delle opere raccolte uno dei più importanti musei del mondo. Vi si trovano la più cospicua collezione esistente di Raffaello e Botticelli, oltre a nuclei fondamentali di opere di Giotto, Tiziano, Pontormo, Bronzino, Andrea del Sarto, Caravaggio, Dürer, Rubens ed altri ancora. Mentre a Palazzo Pitti si concentrano le opere pittoriche del Cinquecento e del Barocco (spaziando da Giorgione a Tiziano, da Ribera a Van Dyck), ma anche dell'Ottocento e Novecento italiano, il corridoio Vasariano ospitava fino al 2018 parte della Collezione di Autoritratti (oltre 1.700), che prossimamente sarà ospitata nella Galleria delle Statue e delle Pitture. Il museo ospita una raccolta di opere d'arte inestimabili, derivanti, come nucleo fondamentale, dalle collezioni dei Medici, arricchite nei secoli da lasciti, scambi e donazioni, tra cui spicca un fondamentale gruppo di opere religiose derivate dalle soppressioni di monasteri e conventi tra il XVIII e il XIX secolo. Divisa in varie sale allestite per scuole e stili in ordine cronologico, l'esposizione mostra opere dal XII al XVIII secolo, con la migliore collezione al mondo di opere del Rinascimento fiorentino. Di grande pregio sono anche la collezione di statuaria antica e soprattutto quella dei disegni e delle stampe che, conservata nel Gabinetto omonimo, è una delle più cospicue ed importanti al mondo. Nel 2019 ha registrato 2.361.732 visitatori (dati Mibact).
Il Frontespizio del Commento di Servio a Virgilio è una pagina miniata da Simone Martini per Francesco Petrarca nel 1340. Fa parte del Ms. A 79 inf. (già S.P. 10/27) conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano. L'opera testimonia l'amicizia nata tra i due artisti alla corte di Benedetto XII ad Avignone: secondo l'interpretazione di una poesia del Petrarca, Simone avrebbe dipinto un ritratto di Laura (sonetti LXXVII e LXXVIII del Canzoniere). Anche se alcuni pensano che i versi si possano riferire invece a Simone da Cremona, miniatore attivo a Napoli dal 1335 circa, è più probabile l'ipotesi del Martini, anche per la relazione documentata dalla miniatura del Commento. I versi recitano: La pagina miniata mostra, con dovizia di dettagli naturalistici e con uno stile raffinato dalle tinte tenui tipiche dell'artista, il commentatore latino Servio, che scosta una tenda semitrasparente per mostrare il sommo poeta sdraiato mentre sembra trarre l'ispirazione guardando il cielo, con penna e libro in mano. L'atto di scostare la tenda è una chiara metafora della divulgazione del commentatore. Assistono alla scena un soldato, un pastore e un contadino, che alludono ai temi epici, pastorali, bucolici cantati nell'opera del poeta.
Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 19 luglio 1374) è stato uno scrittore, poeta, filosofo e filologo italiano, considerato il precursore dell'umanesimo e uno dei fondamenti della letteratura italiana, soprattutto grazie alla sua opera più celebre, il Canzoniere, patrocinato quale modello di eccellenza stilistica da Pietro Bembo nei primi del Cinquecento. Uomo moderno, slegato ormai dalla concezione della patria come mater e divenuto cittadino del mondo, Petrarca rilanciò, in ambito filosofico, l'agostinismo in contrapposizione alla scolastica e operò una rivalutazione storico-filologica dei classici latini. Fautore dunque di una ripresa degli studia humanitatis in senso antropocentrico (e non più in chiave assolutamente teocentrica), Petrarca (che ottenne la laurea poetica a Roma nel 1341) spese l'intera sua vita nella riproposta culturale della poetica e filosofia antica e patristica attraverso l'imitazione dei classici, offrendo un'immagine di sé quale campione di virtù e della lotta contro i vizi. La storia medesima del Canzoniere, infatti, è più un percorso di riscatto dall'amore travolgente per Laura che una storia d'amore, e in quest'ottica si deve valutare anche l'opera latina del Secretum. Le tematiche e la proposta culturale petrarchesca, oltre ad aver fondato il movimento culturale umanistico, diedero avvio al fenomeno del petrarchismo, teso ad imitare stilemi, lessico e generi poetici propri della produzione lirica volgare dell'aretino.