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Untore era un termine utilizzato nel Cinquecento e nel Seicento per indicare chi diffondesse volontariamente il morbo della peste spalmando in luoghi pubblici appositi unguenti venefici. Le credenze sugli untori ebbero particolare diffusione durante la grande peste del 1630, immortalata da Manzoni nel romanzo I promessi sposi e divenuta nota, per questo, come peste manzoniana. Il termine untore ricorre in particolare nelle vicende relative al processo intentato dal Governo di Milano nel 1630 contro gli sventurati Guglielmo Piazza e Gian Giacomo Mora, processo che il Manzoni ripercorse nel saggio storico Storia della colonna infame del 1840.
La storia di Napoli si estende per circa tre millenni. Il sito esatto in cui si è sviluppata la città, ovvero la collina di Pizzofalcone e le aree limitrofe, risulta frequentato e occupato sin dal Neolitico medio. Napoli nel tempo si è espansa fino a divenire una delle megalopoli più popolose del mondo nel XVII secolo e ha esercitato una profonda influenza sull'Europa sin dall'evo antico. La sua storia si presenta come un microcosmo di storia europea fatta di diverse civiltà, popoli e culture che hanno lasciato tracce anche nel suo eminente patrimonio artistico e monumentale. Per secoli capitale dell'Italia meridionale, ha subito attacchi, invasioni e distruzioni, facendo fronte inoltre a numerose catastrofi naturali come eruzioni vulcaniche, terremoti, maremoti, lahar e pestilenze.
Con il termine sifilide, lue o male francese viene comunemente indicata una delle malattie sessualmente trasmissibili con impatto sociale di maggiore risonanza, sebbene nel corso della sua propagazione non siano stati registrati elevati picchi di mortalità o conseguenze eclatanti in ambito economico. Il sistema di quarantene, cordoni sanitari, disinfezioni, adottato contro la diffusione di altre malattie contagiose come peste e colera, era a dir poco inutile contro il batterio della sifilide che aveva come principale via di trasmissione il rapporto sessuale. Di conseguenza, le autorità sanitarie cominciarono a concentrare le proprie attenzioni su coloro che erano considerate le maggiori colpevoli del contagio, le prostitute, adottando sistemi di regolamentazione del meretricio. Sin dalla sua comparsa, la sifilide ha sempre coinvolto diritto, religione, costume, politica, ma anche etica e morale.Nel corso dei secoli, la sifilide è stata spesso associata ad atteggiamenti permissivi nei confronti delle condotte sessuali, suscitando sentimenti di colpa peccato e vergogna. Eppure, nei decenni che seguirono la comparsa del cosiddetto male francese, non emerge alcuna reticenza da parte dei malati ad ammettere di esserne infetti. La spontaneità con la quale personalità influenti della società come principi, prelati, condottieri, artisti e letterati ammettevano la malattia testimonia quanto la sifilide fosse accettata e radicata in tutti gli strati sociali.Temuta più per le sofferenze e le deturpazioni fisiche ad essa connesse che per l’impatto sociale, la sifilide era caratterizzata da un polimorfismo tale da garantirle l’appellativo di grande imitatrice del medico canadese William Osler.
Tommaso Aniello d'Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello (Napoli, 29 giugno 1620 – Napoli, 16 luglio 1647), è stato il protagonista della rivolta napoletana che vide, dal 7 al 16 luglio 1647, la popolazione della città insorgere contro la pressione fiscale imposta dal governo vicereale spagnolo. Nella vita di questo personaggio non è sempre facile distinguere gli avvenimenti realmente accaduti da quelli elaborati dal mito. Quella di Masaniello, finché lui fu in vita, non si configurò come una rivolta antispagnola e repubblicana come avrebbe voluto la storiografia dell'Ottocento che, profondamente influenzata dai valori risorgimentali, vedeva in lui un patriota ribellatosi alla dominazione straniera. Le cause degli eventi del luglio 1647 risiedono esclusivamente nella specificità politica, economica e sociale della Napoli spagnola nella prima metà del Seicento. Dopo la sua morte, tuttavia, la rivolta assunse connotazioni politiche e sociali dal carattere antifeudale e antispagnolo e, secondo taluni, anche secessionista, al pari di quanto era accaduto alcuni anni prima, in Portogallo e Catalogna.La rivolta fu scatenata dall'esasperazione delle classi più umili verso le gabelle imposte dai governanti sugli alimenti di necessario consumo. Il grido con cui Masaniello sollevò il popolo il 7 luglio fu: «Viva 'o Re 'e Spagna, mora 'o malgoverno», secondo la consuetudine popolare tipica dell'Ancien régime di cercare nel sovrano la difesa dalle prevaricazioni dei suoi sottoposti. Dopo dieci giorni di rivolta che costrinsero gli spagnoli ad accettare le rivendicazioni popolari, a causa di un comportamento stravagante, frutto di una strategia mirata, volta a fargli appunto 'fare pazzie', Masaniello fu accusato ufficialmente di pazzia ed ucciso per volere del viceré, di alcuni capi popolari e di una piccola parte della plebe. Nonostante la breve durata, la ribellione da lui guidata indebolì il secolare dominio spagnolo sulla città, aprendo la strada per la proclamazione dell'effimera e filofrancese Real Repubblica Napoletana, avvenuta cinque mesi dopo la sua morte. Questi eventi, visti in un'ottica europea, vanno comunque inquadrati all'interno della cornice della guerra dei trent'anni e la tradizionale rivalità tra Spagna e Francia, anche per il possesso della corona di Napoli.