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John Maynard Keynes, 1º barone Keynes di Tilton (/ˈkeɪ̯nz/; Cambridge, 5 giugno 1883 – Tilton, 21 aprile 1946), è stato un economista britannico, padre della macroeconomia e considerato il più influente tra gli economisti del XX secolo. Le sue idee sono state sviluppate e formalizzate nel dopoguerra dagli economisti della scuola keynesiana; a quest'ultima viene spesso contrapposta la scuola monetarista (o scuola di Chicago), che si originò nel secondo dopoguerra dalle teorie liberiste di Milton Friedman, e la scuola austriaca (von Mises e von Hayek). I suoi contributi alla teoria economica, espressi nel saggio Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, hanno dato origine infatti alla cosiddetta "rivoluzione keynesiana" che, in contrasto con la teoria economica neoclassica, ha sostenuto la necessità dell'intervento pubblico statale nell'economia con misure di politica di bilancio e monetaria, qualora un'insufficiente domanda aggregata non riesca a garantire la piena occupazione nel sistema capitalista, in particolare nella fase di crisi del ciclo economico, promuovendo dunque una forma di economia mista.
In macroeconomia l'economia keynesiana è una scuola di pensiero economica basata sulle idee di John Maynard Keynes, economista britannico vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo.
L'economia post-keynesiana è una scuola di pensiero macroeconomico che si rifà alla Teoria generale di John Maynard Keynes, sebbene il suo successivo sviluppo sia stato largamente influenzato da Michał Kalecki, Joan Robinson, Nicholas Kaldor e Piero Sraffa. Il biografo di Keynes Lord Skidelsky scrive che la scuola post-keynesiana è rimasta la più vicina allo spirito dell'opera di Keynes.
Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali (Sec95), indica, nella macroeconomia, uno schema contabile utilizzato nella contabilità nazionale. La contabilità macroeconomica (o contabilità nazionale) si presenta sotto forma di un insieme coerente di conti che, proponendosi di descrivere quantitativamente, in termini monetari, l'attività economica, costituisce un supporto utile per lo studio delle caratteristiche strutturali e dinamiche di un sistema economico, rispondendo alle esigenze dell'analisi e della previsione oltre che a quelle della politica economica. L'insieme dei conti è retto da una serie di relazioni del tipo "identità". La denominazione di conto trae origine dal fatto che i membri di ciascuna relazione possono essere considerati come le sezioni di un conto che rileva entrate e uscite, ricavi e costi, secondo schemi che si richiamano ai metodi contabili delle imprese e, in particolare, al metodo della partita doppia. Lo scopo essenziale di un sistema di contabilità macroeconomica è quello di classificare la complessa attività economica, di sintetizzarla in un ristretto numero di categorie fondamentali e di esporla in un quadro organico d'insieme rappresentativo dei circuiti economici.
In economia la politica di bilancio è un'azione di politica economica messa in atto a livello statale dal governo sul proprio bilancio pubblico tesa ad influenzare la situazione macroeconomica generale del paese oppure tenere sotto controllo i propri conti pubblici. Comprende ogni misura, adottata dallo Stato in materia di finanza pubblica attraverso la cosiddetta manovra o legge finanziaria definendo o pianificando consumi pubblici, investimenti pubblici e imposte attraverso variazioni della spesa pubblica e del prelievo fiscale (politica fiscale), misure che vanno ad impattare in vari possibili modi sul bilancio dello Stato cioè sul divario tra entrate ed uscite pubbliche (saldo primario).
In economia la teoria macroeconomica (o semplicemente macroeconomia) è un ramo dell'economia politica che, diversamente dalla microeconomia che studia i comportamenti dei singoli operatori economici, studia invece il sistema economico a livello aggregato ovvero nel suo complesso. La nascita della macroeconomia moderna, intesa come approccio sistematico e coerente ai fenomeni economici a livello aggregato, viene fatta risalire alla pubblicazione nel 1936 dell'opera di John Maynard Keynes "The general theory of employment, interest and money".
Le conseguenze economiche della pace (The Economic Consequences of the Peace) è un libro scritto da John Maynard Keynes nel 1919. Keynes aveva partecipato alla conferenza per la pace di Versailles nel 1919 come delegato del Cancelliere dello Scacchiere britannico e si era dimesso da quell'incarico, con intento polemico, poiché riteneva opportune condizioni di pace molto più generose di quella che effettivamente furono raggiunte a Versailles. Letto in tutto il mondo, il libro criticava l'esito punitivo di quella pace paragonandola a una pace cartaginese, foriera di nuovi conflitti (tale giudizio era simile a quello del generale Ferdinand Foch, celebre per la frase «Non è pace. È un armistizio di vent'anni»). Ha contribuito a consolidare, nell'opinione pubblica statunitense, sentimenti contrari ai trattati multilaterali e alla partecipazione alla Società delle Nazioni. La percezione, nel Regno Unito, del trattamento disuguale riservato ai Tedeschi, è stato un fattore cruciale per il sostegno pubblico alla riappacificazione. Il successo del libro ha consolidato la reputazione di Keynes come economista. Il piano Marshall dopo la seconda guerra mondiale consistette in un sistema simile a quello proposto da Keynes in questo libro.
In senso giuridico, con il termine capitalismo ci si riferisce a quegli ordinamenti statuali che pongono il capitale (il reddito, la proprietà, ecc.) al centro della tutela costituzionale.In economia, il capitalismo è un sistema economico in cui imprese e/o privati cittadini possiedono mezzi di produzione, ricorrendo spesso al lavoro subordinato per la produzione di beni e servizi a partire dalle materie prime lavorate, al fine di generare un profitto attraverso la vendita diretta o indiretta ad acquirenti degli stessi. Tale produzione, basata sulla domanda e sull'offerta nel mercato generale di tali prodotti, è nota come economia di mercato, contrapposta all'economia pianificata, caratterizzata invece da una pianificazione centrale da parte dello Stato. Anziché pianificare le decisioni economiche attraverso metodi politici centralizzati, come nel caso del feudalesimo e del socialismo, sotto il capitalismo tali decisioni sono del tutto decentralizzate ovvero nate sulla base di libere e volontarie iniziative dei singoli imprenditori.