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Il Fosso Reale è un breve corso d'acqua di circa 6 km di lunghezza, che attraversa i comuni di Sesto Fiorentino (4 km) e Campi Bisenzio (2 km). Il fosso è di costruzione artificiale e fu realizzato intorno al 1570 per razionalizzare lo scorrimento delle acque nella pianura dell'Osmannoro, solcata da molti piccoli corsi d'acqua soggetti a frequenti straripamenti; il nuovo fosso aveva quindi lo scopo di raccoglierne le acque e di portarle nel Bisenzio. Il Fosso Reale si forma nella zona del casello di Sesto Fiorentino dalla A11, dove raccoglie le acque di numerosi fossi della piana tra cui il Rimaggio; attraversa poi la piana dell'Osmannoro e fa per un lungo tratto da confine comunale tra Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio. Giunge poi in prossimità di San Donnino e prosegue verso San Mauro a Signa, nelle cui vicinanze si getta nel Bisenzio. Il Fosso Reale è affiancato da due scolmatori di appoggio, collegati tra di loro da un canale che bypassa il fosso nella zona di San Donnino. Da questo canale sotterraneo, totalmente sconosciuto fino ad allora alla popolazione della zona, passarono le acque dell'Arno che sommergevano San Donnino il 5 novembre 1966, fino ad allora bloccate dall'argine, allagando una larga parte del comune di Campi Bisenzio (San Cresci e San Giusto) fino ad allora risparmiata dalle acque.
Campi Bisenzio (/ kampi bi z n jo/) un comune italiano di 47.094 abitanti della citt metropolitana di Firenze, in Toscana.
L'alluvione del 22 novembre 1926 fu la prima delle tre grandi inondazioni che colpirono il comune di Campi Bisenzio nel XX secolo e fu causata dalla rottura degli argini del fiume Bisenzio, dell'Ombrone Pistoiese e del torrente Marinella. La piena del Bisenzio giunse inaspettata nel capoluogo nella tarda serata del 21 novembre, quando il livello del fiume divenne allarmante e poco dopo le acque iniziarono a tracimare nelle strade cittadine attraverso le finestre delle case sul fiume. Il destino del capoluogo comunale pareva segnato quando il Bisenzio ruppe l'argine all'altezza della curva di Via XXIV Maggio nei pressi delle prime case della frazione di San Martino. La falla era lunga una cinquantina di metri e da essa le acque del fiume si riversarono sulla stessa San Martino, raggiungendo poi San Piero a Ponti e la pianura di Sant'Angelo a Lecore, dove nel frattempo aveva rotto gli argini pure l'Ombrone Pistoiese. Le acque raggiunsero in alcune zone anche il livello di due metri. Nelle stesse ore, il Bisenzio e il torrente Marinella rompevano gli argini anche nei pressi della frazione di Capalle e le loro acque arrivavano al livello del primo piano delle case. Unica vittima dell'alluvione fu un contadino quarantenne di San Piero a Ponti, Emilio Scuffi, colpito da infarto alla vista delle acque che inondavano la sua casa. I soccorsi furono abbastanza inefficaci, anche se il regime fascista ormai imperante non permise proteste o eccessive domande, anche per l'assoluta impreparazione dell'amministrazione comunale, che negli anni precedenti aveva persino rivenduto due barconi, comprati per eventuali emergenze, perché non erano mai stati utilizzati. I danni dell'alluvione furono ingenti e non ci furono rimborsi, anche se la riparazione degli argini da parte del Genio Civile fu rapida ed efficace. La passerella pedonale di San Martino, crollata, fu ripristinata in modo permanente solo nel 1939. La pessima organizzazione dei soccorsi fu comunque fatale all'ultimo sindaco, Emilio Cioppi, che nei mesi successivi fu sostituito da un podestà di nomina governativa.