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Campi Bisenzio (/ kampi bi z n jo/) un comune italiano di 47.094 abitanti della citt metropolitana di Firenze, in Toscana.
Il Fosso Reale è un breve corso d'acqua di circa 6 km di lunghezza, che attraversa i comuni di Sesto Fiorentino (4 km) e Campi Bisenzio (2 km). Il fosso è di costruzione artificiale e fu realizzato intorno al 1570 per razionalizzare lo scorrimento delle acque nella pianura dell'Osmannoro, solcata da molti piccoli corsi d'acqua soggetti a frequenti straripamenti; il nuovo fosso aveva quindi lo scopo di raccoglierne le acque e di portarle nel Bisenzio. Il Fosso Reale si forma nella zona del casello di Sesto Fiorentino dalla A11, dove raccoglie le acque di numerosi fossi della piana tra cui il Rimaggio; attraversa poi la piana dell'Osmannoro e fa per un lungo tratto da confine comunale tra Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio. Giunge poi in prossimità di San Donnino e prosegue verso San Mauro a Signa, nelle cui vicinanze si getta nel Bisenzio. Il Fosso Reale è affiancato da due scolmatori di appoggio, collegati tra di loro da un canale che bypassa il fosso nella zona di San Donnino. Da questo canale sotterraneo, totalmente sconosciuto fino ad allora alla popolazione della zona, passarono le acque dell'Arno che sommergevano San Donnino il 5 novembre 1966, fino ad allora bloccate dall'argine, allagando una larga parte del comune di Campi Bisenzio (San Cresci e San Giusto) fino ad allora risparmiata dalle acque.
L'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 fa parte di una serie di straripamenti del fiume Arno che hanno mutato, nel corso dei secoli, il volto della città di Firenze. Avvenuta nelle prime ore di venerdì 4 novembre 1966 fu uno dei più gravi eventi alluvionali accaduti in Italia, a seguito di un'eccezionale ondata di maltempo che causò forti danni non solo a Firenze, ma anche a Pisa, in gran parte della Toscana e, più in generale, in tutto il Paese. Diversamente dall'immagine che in generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze, ma l'intero bacino idrografico dell'Arno, sia a monte sia a valle della città. Sommersi dalle acque furono anche diversi quartieri periferici della città come Rovezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, svariati centri del Casentino e del Valdarno in Provincia di Arezzo, del Mugello (dove straripò anche il fiume Sieve), alcuni comuni periferici come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa e Signa (dove strariparono i fiumi Bisenzio ed Ombrone Pistoiese e praticamente tutti i torrenti e fossi minori) e varie cittadine a valle di Firenze, come Empoli e Pontedera. Dopo il disastro, le campagne rimasero allagate per giorni, e molti comuni minori risultarono isolati e danneggiati gravemente. Nelle stesse ore, sempre in Toscana, una devastante alluvione causò lo straripamento del fiume Ombrone, colpendo gran parte della piana della Maremma e sommergendo completamente la città di Grosseto. Nel frattempo, altre zone d'Italia vennero devastate dall'ondata di maltempo: molti fiumi del Veneto, come il Piave, il Brenta e il Livenza, strariparono, e ampie zone del Polesine furono allagate portando anche all'alluvione di Venezia; in Friuli lo straripamento del Tagliamento coinvolse ampie zone e comuni del suo basso corso, come Latisana; in Trentino la città di Trento fu investita pesantemente dallo straripamento dell'Adige.
San Donnino è una frazione del comune italiano di Campi Bisenzio, nella città metropolitana di Firenze, in Toscana.
L'alluvione del 15 novembre 1991 a Campi Bisenzio, causata dalla rottura degli argini del fiume Bisenzio, fu la terza grande inondazione che colpì la cittadina toscana nel XX secolo, dopo quelle del 1926 e del 1966. A differenza delle precedenti, questa alluvione non colpì le frazioni o i quartieri periferici ma il capoluogo e non fu un evento imprevisto. L'allarme era infatti scattato già nelle prime ore del pomeriggio del 15 novembre e la situazione si era fatta grave intorno alle 20, quando il livello del Bisenzio si era fatto davvero preoccupante, fino a decidere la chiusura dello storico ponte del capoluogo. Verso le 22 le acque del Bisenzio tracimarono nel quartiere di Santa Maria, passando attraverso le case che sorgono lungo l'argine ma circa venti minuti dopo il Bisenzio rompeva l'argine-strada dalla parte opposta, nella zona del rione delle Corti ed iniziava l'inondazione del capoluogo. Le acque invasero una larga parte del capoluogo, in particolare i rioni delle Corti e delle Case Nove e le zona delle Poste Centrali, arrivando nelle zone di Maccione e di Via Palagetta. Unica vittima dell'alluvione fu una signora ottantatreenne, Dina Nistri, dimorante nella zona delle Corti, a poca distanza dalla rotta e che fu travolta dalle acque nel proprio giardino. I danni dell'alluvione, sui quali si sarebbe in seguito innescata una feroce polemica, furono calcolati in 144 miliardi di lire dell'epoca. Da quel novembre 1991, il risanamento idraulico e la cura dei corsi d'acqua del territorio sarebbero stati una delle massime priorità delle varie amministrazioni comunali.
Le mura di Campi Bisenzio costituiscono la struttura difensiva del centro storico di Campi Bisenzio. La cerchia muraria sorse in epoca medievale a protezione dell'antico castello di Campi; la costruzione avvenne tra il 1387 e il 1389, quando la Repubblica Fiorentina decise di rafforzare il sistema difensivo della roccaforte, che nei decenni precedenti era stata spesso assalita dai nemici della città. La cerchia muraria si estendeva, oltre che nei due tratti ancora esistenti lungo il Bisenzio e via Don Minzoni, anche in un tratto a sud corrispondente all'incirca all'attuale via Garibaldi ed in uno ad est, forse dove ora ci sono le vie Sestini e Rucellai. Il castello contava quattro mura, note come Porta Fiorentina (ad est); Porta Santo Stefano o La Portaccia a nord; Porta Pratese (ad ovest) e La Porticciola a sud. Le mura di Campi persero la loro importanza militare già nel Cinquecento e intorno al 1552 furono segnalati i primi crolli, dovuti all'abbandono della manutenzione. Nel 1832, per favorire l'espansione edilizia del capoluogo, fu decisa la demolizione dei tratti a sud e ad ovest; nel 1909 si pensò anche alla demolizione del tratto nord, operazione non effettuata per alcuni contrattempi dovuti alla presenza della zona del vecchio cimitero e per l'opposizione di alcuni consiglieri comunali, sensibili alla loro conservazione. Nel 1912, in occasione dell'esumazione del vecchio cimitero e della sua trasformazione in giardino pubblico, fu aperta la porta che collega oggi via Alfredo Catalani con via Don Minzoni. Il piazzale antistante divenne poi Parco della Rimembranza in epoca fascista e fu adornato con una statua di Balilla, opera di Giuseppe Cioni, distrutta all'indomani del 25 luglio 1943. Nel dopoguerra l'area fu mantenuta a giardino pubblico; recentemente sia le mura che il giardino sono stati sottoposti ad un accurato restauro, che ha visto anche lo spostamento nell'area del monumento ai caduti (Oreste Chilleri, 1926) proveniente dalla vicina piazza Matteotti.