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Campi Bisenzio (/ kampi bi z n jo/) un comune italiano di 47.094 abitanti della citt metropolitana di Firenze, in Toscana.
L'alluvione di Firenze del 4 novembre 1966 fa parte di una serie di straripamenti del fiume Arno che hanno mutato, nel corso dei secoli, il volto della città di Firenze. Avvenuta nelle prime ore di venerdì 4 novembre 1966 fu uno dei più gravi eventi alluvionali accaduti in Italia, a seguito di un'eccezionale ondata di maltempo che causò forti danni non solo a Firenze, ma anche a Pisa, in gran parte della Toscana e, più in generale, in tutto il Paese. Diversamente dall'immagine che in generale si ha dell'evento, l'alluvione non colpì solo il centro storico di Firenze, ma l'intero bacino idrografico dell'Arno, sia a monte sia a valle della città. Sommersi dalle acque furono anche diversi quartieri periferici della città come Rovezzano, Brozzi, Peretola, Quaracchi, svariati centri del Casentino e del Valdarno in Provincia di Arezzo, del Mugello (dove straripò anche il fiume Sieve), alcuni comuni periferici come Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa e Signa (dove strariparono i fiumi Bisenzio ed Ombrone Pistoiese e praticamente tutti i torrenti e fossi minori) e varie cittadine a valle di Firenze, come Empoli e Pontedera. Dopo il disastro, le campagne rimasero allagate per giorni, e molti comuni minori risultarono isolati e danneggiati gravemente. Nelle stesse ore, sempre in Toscana, una devastante alluvione causò lo straripamento del fiume Ombrone, colpendo gran parte della piana della Maremma e sommergendo completamente la città di Grosseto. Nel frattempo, altre zone d'Italia vennero devastate dall'ondata di maltempo: molti fiumi del Veneto, come il Piave, il Brenta e il Livenza, strariparono, e ampie zone del Polesine furono allagate portando anche all'alluvione di Venezia; in Friuli lo straripamento del Tagliamento coinvolse ampie zone e comuni del suo basso corso, come Latisana; in Trentino la città di Trento fu investita pesantemente dallo straripamento dell'Adige.
San Donnino è una frazione del comune italiano di Campi Bisenzio, nella città metropolitana di Firenze, in Toscana.
Santo Stefano (già Santo Stefano a Campi) è una frazione del comune italiano di Campi Bisenzio, nella città metropolitana di Firenze, in Toscana. Si tratta della più popolosa delle cinque frazioni che compongono l'agglomerato urbano di Campi Bisenzio, tant'è che costituendo il centro del comune è comunemente chiamata Campi dalla popolazione.
La strage del Palazzo Comunale di Campi Bisenzio avvenne il 2 settembre 1944, lo stesso giorno in cui le truppe statunitensi entrarono nella cittadina, dopo che le truppe tedesche la notte del 31 agosto 1944 erano uscite da Campi Bisenzio in fase di ritiro dirigendosi verso Prato, In quel pomeriggio festoso, due carri armati americani si erano sistemati davanti al Palazzo Comunale in piazza Dante e attorno si era radunata una folla desiderosa di festeggiare e ringraziare i liberatori. I soldati alleati, vedendo sempre di più ingrossare la calca, iniziarono a chiedere ai cittadini di allontanarsi, dato il pericolo che poteva venire dalle batterie tedesche ancora collocate sul Monte Morello o sulle colline di Calenzano, ancora occupata (sarebbe stata liberata il 6). Verso le 17 una prima salva di granate cadde sull'abitato ma la mira era ancora imprecisa e le esplosioni caddero in una zona allora non edificata ("campo di Verghina"; dove oggi è Piazza 8 marzo); i soldati statunitensi e i patrioti antifascisti locali sollecitarono ancora i campigiani ad allontanarsi ma subito dopo due granate caddero proprio sulla piazza, una a lato l'altra centro la porta d'ingresso del comune, centinaia di schegge andarono a colpire i cittadini ed i due mezzi blindati. Nella tragica esplosione persero la vita dodici campigiani ed un soldato statunitense; si contarono inoltre molti feriti gravi, tra cui alcuni rimasti invalidi. Le vittime della tragedia furono: Bacci Gino, 26 anni, della frazione di San Lorenzo Fabbri Mario, 28 anni, di Campi Lombardi Franco, di soli 8 anni, di Campi Mazzanti Remigio, 34 anni, della frazione di Santa Maria Monni Livio, 51 anni, di Campi Palloni Edelfino, 56 anni, di Campi Palloni Gustavo, 36 anni, di Campi Palloni Vezio, 23 anni, della frazione di San Martino Panerai Renato, 41 anni, della frazione di Santa Maria Paoletti Dino, 69 anni, di Campi Paoli Agostino, 51 anni, di Campi Tarabusi Piero, 21 anni, di Campi Soldato Charlie Bishop, dell'esercito USA
Prato è un comune italiano di 193 809 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia in Toscana. È la seconda città della Toscana per popolazione. Fino al 1992, anno della costituzione dell'omonima provincia, è stato il comune non capoluogo di provincia più popolato d'Italia. La piana pratese fu abitata fin dall'epoca etrusca, ma la nascita della città vera e propria si fa risalire, generalmente, al X secolo, quando si hanno notizie di due centri abitati contigui ma distinti, Borgo al Cornio e Castrum Prati, che si fusero durante il secolo successivo. Nell'economia pratese la produzione tessile ha sempre svolto un ruolo di primissimo piano fin dall'epoca medievale, come testimoniano i documenti del mercante Francesco Datini, ma è nell'Ottocento che Prato vide un impetuoso sviluppo industriale, che ne fa ancora oggi uno dei distretti più importanti a livello europeo. La città vanta attrattive storico-artistiche di grande rilievo, con un itinerario culturale che inizia dagli Etruschi per poi ampliarsi nel Medioevo e raggiungere l'apice con il Rinascimento, quando hanno lasciato le loro testimonianze in città artisti come Donatello, Filippo Lippi e Botticelli.
Il Fosso Reale è un breve corso d'acqua di circa 6 km di lunghezza, che attraversa i comuni di Sesto Fiorentino (4 km) e Campi Bisenzio (2 km). Il fosso è di costruzione artificiale e fu realizzato intorno al 1570 per razionalizzare lo scorrimento delle acque nella pianura dell'Osmannoro, solcata da molti piccoli corsi d'acqua soggetti a frequenti straripamenti; il nuovo fosso aveva quindi lo scopo di raccoglierne le acque e di portarle nel Bisenzio. Il Fosso Reale si forma nella zona del casello di Sesto Fiorentino dalla A11, dove raccoglie le acque di numerosi fossi della piana tra cui il Rimaggio; attraversa poi la piana dell'Osmannoro e fa per un lungo tratto da confine comunale tra Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio. Giunge poi in prossimità di San Donnino e prosegue verso San Mauro a Signa, nelle cui vicinanze si getta nel Bisenzio. Il Fosso Reale è affiancato da due scolmatori di appoggio, collegati tra di loro da un canale che bypassa il fosso nella zona di San Donnino. Da questo canale sotterraneo, totalmente sconosciuto fino ad allora alla popolazione della zona, passarono le acque dell'Arno che sommergevano San Donnino il 5 novembre 1966, fino ad allora bloccate dall'argine, allagando una larga parte del comune di Campi Bisenzio (San Cresci e San Giusto) fino ad allora risparmiata dalle acque.
L'alluvione del 22 novembre 1926 fu la prima delle tre grandi inondazioni che colpirono il comune di Campi Bisenzio nel XX secolo e fu causata dalla rottura degli argini del fiume Bisenzio, dell'Ombrone Pistoiese e del torrente Marinella. La piena del Bisenzio giunse inaspettata nel capoluogo nella tarda serata del 21 novembre, quando il livello del fiume divenne allarmante e poco dopo le acque iniziarono a tracimare nelle strade cittadine attraverso le finestre delle case sul fiume. Il destino del capoluogo comunale pareva segnato quando il Bisenzio ruppe l'argine all'altezza della curva di Via XXIV Maggio nei pressi delle prime case della frazione di San Martino. La falla era lunga una cinquantina di metri e da essa le acque del fiume si riversarono sulla stessa San Martino, raggiungendo poi San Piero a Ponti e la pianura di Sant'Angelo a Lecore, dove nel frattempo aveva rotto gli argini pure l'Ombrone Pistoiese. Le acque raggiunsero in alcune zone anche il livello di due metri. Nelle stesse ore, il Bisenzio e il torrente Marinella rompevano gli argini anche nei pressi della frazione di Capalle e le loro acque arrivavano al livello del primo piano delle case. Unica vittima dell'alluvione fu un contadino quarantenne di San Piero a Ponti, Emilio Scuffi, colpito da infarto alla vista delle acque che inondavano la sua casa. I soccorsi furono abbastanza inefficaci, anche se il regime fascista ormai imperante non permise proteste o eccessive domande, anche per l'assoluta impreparazione dell'amministrazione comunale, che negli anni precedenti aveva persino rivenduto due barconi, comprati per eventuali emergenze, perché non erano mai stati utilizzati. I danni dell'alluvione furono ingenti e non ci furono rimborsi, anche se la riparazione degli argini da parte del Genio Civile fu rapida ed efficace. La passerella pedonale di San Martino, crollata, fu ripristinata in modo permanente solo nel 1939. La pessima organizzazione dei soccorsi fu comunque fatale all'ultimo sindaco, Emilio Cioppi, che nei mesi successivi fu sostituito da un podestà di nomina governativa.