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La legislazione antimonopolistica, spesso indicata con il termine inglese antitrust, nel lessico giuridico definisce il complesso delle norme che sono poste a tutela della concorrenza sui mercati economici.
La legislazione italiana dei beni culturali è quella parte del diritto italiano che disciplina la valorizzazione, conservazione, tutela e fruizione dei beni culturali. L'evoluzione normativa è risultata intensa in questo settore, soprattutto negli ultimi anni, con diversi interventi che hanno modificato la legislazione in precedenza vigente, risalente alla fine degli anni trenta del XX secolo, in particolare riguardo alla definizione di "bene culturale" e all'attribuzione alle regioni e agli enti locali di alcune competenze precedentemente riservate allo Stato.
La Legislazione italiana a tutela delle minoranze linguistiche riconosce dodici comunità linguistiche storiche parlanti idiomi ascritti a varie famiglie linguistiche presenti entro i confini della Repubblica italiana e diversi dall'italiano, lingua ufficiale dello stato. Questi dodici gruppi linguistici (albanesi, catalani, croati, francesi, francoprovenzali, friulani, germanici, greci, ladini, occitani, sardi, sloveni) sono rappresentati da circa 2.400.000/3.000.000 parlanti distribuiti in 1.171 comuni di 14 regioni, tutelati da apposite leggi nazionali (come la legge quadro 482/99) e regionali. Non sono giuridicamente riconosciute le «alloglossie interne», comunità parlanti idiomi di ceppo italo-romanzo trasferitesi dalle proprie sedi originali in altri territori (come gli idiomi gallo-italici dell'Italia insulare e meridionale), le «minoranze diffuse», le comunità parlanti varietà non territorializzate (come i rom e i sinti) quindi prive dell'elemento "territorialità", e le «nuove minoranze», le lingue alloglotte parlate in comunità di recente immigrazione conservanti «lingua, cultura, religione e identità di origine» perché mancanti dell'elemento di "storicità". È tuttavia anche da ricordare che le lingue dei migranti non sono comprese tra le lingue tutelate dal trattato internazionale (europeo) "Carta europea delle lingue regionali e minoritarie"La legge quadro 482/99 che dà attuazione all'art. 6 della Costituzione italiana (tutela minoranze linguistiche storiche), come precisato dalla Corte Costituzionale nella sua sentenza nr. 88 del 2011, non esaurisce ogni forma di riconoscimento e sostegno al ricco plurilinguismo presente in Italia; sia prima che dopo la legge 482/99 con apposite leggi regionali è stata infatti prevista la "valorizzazione" dei diversi patrimoni linguistici e culturali delle Regioni. in attuazione all'art. 9 Cost.
L'istruzione in Italia è regolata dal ministero dell’istruzione e dal ministero dell'università e della ricerca con modalità diverse a seconda della forma giuridica (scuole pubbliche, scuole paritarie, scuole private). La formazione professionale dipende invece dalle Regioni. L'obbligo scolastico dura 10 anni e riguarda la fascia di età compresa tra 6 e 16 anni. Nel XXI secolo, la normativa sull'istruzione in Italia copre diversi campi del diritto: diritto amministrativo, diritto del lavoro, diritto costituzionale.
La normativa elettrica indica l'insieme delle regole che disciplinano il settore dell'impiantistica elettrica.
La grammatica normativa (detta anche grammatica prescrittiva) stabilisce una serie di norme basate sul modello di lingua proposto dalle persone cólte e dalla letteratura: norme atte a regolare la fonologia, la morfologia e la sintassi di una lingua; a questi livelli d'analisi si aggiunga l'ortografia (relativa alla grafematica), nella quale si fan rientrare le regole di buona scrittura e di punteggiatura. Differentemente da quella descrittiva, interessata a spiegare i fenomeni linguistici per come sono (senza stabilire cosa è giusto o da evitare), la grammatica normativa offre un'analisi sistematica delle parti del discorso e impone regole fondate sulle convenzioni e l'uso degli autori più prestigiosi.
In campo economico ed organizzativo con il termine compliance normativa (o regulatory compliance, in italiano anche conformità normativa) si intende la conformità a determinate norme, regole o standard; nelle aziende la compliance normativa indica il rispetto di specifiche disposizioni impartite dal legislatore, da autorità di settore nonché di regolamentazioni interne alle società stesse. In banca, ad esempio, la "funzione di Compliance" ha il compito di verificare che "le procedure interne siano coerenti con l'obiettivo di prevenire la violazione di norme di etero regolamentazione (leggi e regolamenti) e autoregolamentazione (codici di condotta, codici etici)" al fine di evitare rischi di "incorrere in sanzioni, perdite finanziarie o danni di reputazione in conseguenza di violazioni di norme legislative, regolamentari o di autoregolamentazione". Il concetto di compliance in azienda è solitamente associato anche al concetto di onestà ed etica nei comportamenti spesso in relazione a veri e propri codici etici o principi deontologici dei settori di appartenenza. La norma UNI EN ISO 19600:2016 è la norma guida di riferimento "Compliance management system" per l'applicazione della compliance in qualsiasi organizzazione. In Italia esiste una Associazione, ASSOCOMPLIANCE, che qualifica i Compliance manager per conto del Ministero dello Sviluppo in base alla l. 4/13 e si occupa della diffusione di tale norma ISO.
Un atto normativo, in diritto, è un atto giuridico che ha come effetto la creazione, modifica o abrogazione di norme generali e astratte di un determinato ordinamento giuridico in base alle norme sulla produzione giuridica vigenti nello stesso ordinamento. Una norma è generale se si rivolge a una pluralità indeterminata di soggetti; è astratta se è applicabile a una pluralità indeterminata di casi. L'atto normativo, in quanto suscettibile di porre norme generali e astratte, si contrappone al provvedimento in senso stretto, che dispone per uno o più casi concreti e nei confronti di uno o più soggetti determinati. Esistono anche atti che pongono norme generali e concrete (ossia non astratte) oppure norme particolari (ossia non generali) e astratte: quanto ai primi, si suole escluderne il carattere normativo, che invece tende a essere riconosciuto ai secondi. Gli atti normativi rientrano tra le fonti del diritto; attraverso di essi viene esercitata una delle funzioni pubbliche, la normazione. Negli attuali ordinamenti di civil law la grande maggioranza delle norme giuridiche è prodotta da atti normativi, mentre negli ordinamenti di common law la maggior parte delle norme è tuttora ricavata da precedenti giurisprudenziali, in forza del principio dello stare decisis, sebbene siano andate crescendo quelle prodotte da atti normativi.