Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
La Stanza della Segnatura è uno degli ambienti delle Stanze di Raffaello nei Musei Vaticani. Fu il primo ad essere decorato da Raffaello Sanzio, tra il 1508 e il 1511.
San Sebastiano è un dipinto, tempera su tela (257x142 cm), di Andrea Mantegna, databile al 1481 circa e conservata nel Museo del Louvre a Parigi.
Il Parnaso è un affresco (670 cm alla base) di Raffaello Sanzio, databile al 1510-1511 e situato nella Stanza della Segnatura, una delle quattro Stanze Vaticane.
Il Cristo morto (noto anche come Lamento sul Cristo morto o Cristo morto e tre dolenti) è uno dei più celebri dipinti di Andrea Mantegna, tempera su tela (68x81 cm), databile con incertezza tra il 1475-1478 circa e conservato nella Pinacoteca di Brera a Milano. L'opera è celeberrima per il vertiginoso scorcio prospettico della figura del Cristo disteso, che ha la particolarità di "seguire" lo spettatore che ne fissi i piedi scorrendo davanti al quadro stesso. Considerata uno dei vertici della produzione di Mantegna, l'opera ha una forza espressiva e al tempo stesso una compostezza severa che ne fanno uno dei simboli più noti del Rinascimento italiano.
Andrea Mantegna (Isola di Carturo, 1431 – Mantova, 13 settembre 1506) è stato un pittore e incisore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia. Si formò nella bottega padovana dello Squarcione, dove maturò il gusto per la citazione archeologica; venne a contatto con le novità dei toscani di passaggio in città quali Filippo Lippi, Paolo Uccello, Andrea del Castagno e, soprattutto, Donatello, dai quali imparò una precisa applicazione della prospettiva. Mantegna si distinse infatti per la perfetta impaginazione spaziale, il gusto per il disegno nettamente delineato e per la forma monumentale delle figure. Il contatto con le opere di Piero della Francesca, avvenuto a Ferrara, marcò ancora di più i suoi risultati sullo studio prospettico tanto da raggiungere livelli "illusionistici", che saranno tipici di tutta la pittura nord-italiana. Sempre a Ferrara, poté conoscere il patetismo delle opere di Rogier van der Weyden rintracciabile nella sua pittura devozionale; attraverso la conoscenza delle opere di Giovanni Bellini, di cui sposò la sorella Nicolosia, le forme dei suoi personaggi si addolcirono, senza perdere monumentalità, e vennero inserite in scenografie più ariose. Costante in tutta la sua produzione fu il dialogo con la statuaria, sia coeva sia classica. Mantegna fu il primo grande "classicista" della pittura. La sua arte può essere definita un rilevante esempio di classicismo archeologico.
Il Monte Parnàso, o – raramente – Parnasso (dal greco Παρνασσός / Parnassós), è una montagna del centro della Grecia, che domina la città di Delfi. Particolarmente venerato durante l'antichità, il Parnaso era consacrato al culto del dio Apollo e alle nove Muse, delle quali era una delle due residenze. Secondo la mitologia greca, su questo monte era situata una fonte sacra alle Muse, la fonte Castalia. L'origine del nome è probabilmente pre-ellenica. Da reperti ittiti si è rivelata l'esistenza di un toponimo anatolico comparabile: Parnašša, che pare derivare dall'ittita e dal luvico parna che significa "casa", "dimora". Parrebbe che, in origine, la vetta del Parnaso, come quella dell'Olimpo, sia stata considerata il sacro luogo della ierogamia del cielo (Urano) e della terra (Gaia), essendo noto che il santuario di Delfi era consacrato a Gaia, prima di esserlo ad Apollo. Nella tradizione classica, i due gioghi in cui il monte si biforca sono chiamati Cirra ed Elicona (o anche Nisa, spesso erroneamente confuso con Pieria, altro monte dove era in uso un simile culto alle Muse), rispettivamente sacri ad Apollo il primo e alle Muse il secondo. Parnaso è caratterizzato tutt'oggi dal suo colorito giallognolo.
Joseph Anthony Mantegna (Chicago, 13 novembre 1947) è un attore, doppiatore e regista statunitense.
La cappella funeraria di Andrea Mantegna si trova nella basilica di Sant'Andrea a Mantova. Fu affrescata verso il 1507 dal giovane Correggio e presenta anche due lavori del Mantegna: il Battesimo di Cristo (1506) e la Sacra Famiglia e famiglia del Battista (1504-1506).
La Secolare Accademia del Parnaso canicattinese, sorta nel 1922 a Canicattì, era un'accademia piuttosto bizzarra che riuniva persone diverse per formazione politica e culturale, per idee e per carattere e di cui facevano parte professionisti, preti, osti, poeti, filosofi, ecc. Prendeva il nome dal monte sacro alle Muse e della poesia si serviva per fare la satira sulla politica del tempo e per denunciare i vizi e le debolezze degli uomini. Aveva un suo statuto e i soci, che si chiamavano arcadi, si distinguevano in minori e maggiori. I più importanti erano i minori, infatti la carriera si faceva al contrario, nel senso che i maggiori potevano diventare minori e non viceversa. Per entrarvi non vi erano limiti di età, erano ammesse le donne e non era richiesta l'intelligenza. Infatti un articolo dello statuto diceva: «Il Parnaso, Accademia di Scienza, Lettere ed Arte, non fa ad alcun socio l'obbligo di essere intelligente… Anzi». I parnasiani prediligevano la poesia e che molti poeti entrarono a far parte dell'Accademia ma bisogna sapere chi era considerato poeta. Poeta era per i parnasiani non solo chi sapeva scrivere in versi ma anche chi "superata la minore età credeva nell'amore eterno e nella fedeltà delle donne", o chi credeva nel ritorno dall'al di là o chi ancora "sperava di moralizzare la vita pubblica". Difficile definire l'Accademia del Parnaso. Si trattò di un'associazione di "umoristi". Venne definita nel 1938 dal critico Adriano Tilgher come: «La più audace e geniale satira politica e del costume.» Si trattò di un'associazione di "umoristi". Un docente universitario e storico, come Santi Correnti, studioso di vicende, tradizioni, usi e costumi siciliani, nel suo libro "La Sicilia che ride" ha potuto affermare: «Credo che sia difficile contendere la palma dell'umorismo istituzionalizzato in Sicilia alla "Secolare Accademia del Parnaso di Canicattì.» Il professor Correnti pone in rilievo nel suo saggio che tale Accademia occupa "un posto veramente unico nella storia dell'umorismo isolano": e ciò, come egli dichiara, "non soltanto per le sue gesta, ma per il fatto - che nessun'altra Accademia del genere può vantare - che di essa fecero parte, quali Arcadi minori, personalità notissime". Egli elenca, quindi, i letterati, scrittori, poeti e artisti illustri che diedero la loro adesione alla Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese: da Luigi Pirandello, Arnoldo Fraccaroli, Marco Praga, Trilussa, Angelo Romagnoli, Angelo Musco, Giovanni Gentile, Filippo Tommaso Marinetti, Marta Abba, Benedetto Croce, Salvatore Quasimodo. Michele Anselmo in "Memorie della Secolare Accademia del Parnaso di Canicattì" ha accennato ad una "filosofia dell'Accademia" in particolare ad un "filosofia sociale dell'Accademia" di natura "relativistica e disincantata"; ed ha individuato nelle opere degli arcadi un "intrecciarsi dialettico della parola e del silenzio". Dice il prof. Diego Lodato nel suo libro sul Parnaso: "Veramente unica nel suo genere è stata l'Accademia del Parnaso di Canicattì, vivacizzata da "un'accolta di giovani, pieni di buon umore e d'intelletto". Essi si sono prodigati a creare un mondo fantastico in cui tutto si svolge alla rovescia, dove l'immaginazione si confonde con la realtà, dove la carriera si percorre a ritroso, dove i veri maggiori sono i minori, dove gli asini sono "saggi e sapienti" e dove i soci, detti arcadi, pur se nella vita discordi, si ritrovano poi, come le Muse sulle vette del Parnaso, tutti concordi, tutti amanti della poesia, tutti con i petti frementi di canti, o meglio, come è detto nel sottotitolo della "Parnasiana", "di canti, code, meditazioni e ragli": e tutto ciò con l'intento, come dice bene Lelio Sengrini, un amico dell'avvocato Francesco Macaluso, "di mettere in ridicolo la vita in ciò che questa meriti; di scherzare sulle scemenze umane e sulle cose serie; di prendere a gabbo i presuntuosi, i manierosi, i pieni di fumo, le fame malcreate". La Secolare Accademia del Parnaso è riuscita con le sue burle anche a valicare i patrii confini, come dimostra la polemica con i giornalisti spagnoli sulla nazionalità di Cristoforo Colombo. Delle sue beffe e delle sue canzonature si è interessata pure la stampa locale e nazionale. Nel 1946 "L'Ora del Popolo" di Palermo pubblicava un divertente servizio di Giovanni Filippone che aveva per titolo "L'umanità vista dal ... Parnaso". Nel 1965 il "Gazzettino di Venezia" sfoggiava uno spassoso reportage di Giuseppe Mugnone intitolato "Gli eccezionali burloni del Parnaso di Canicattì". Nel 1970 "Il Tempo" di Roma dava lustro all'Accademia canicattinese con un brioso articolo di Francobaldo Chiocci dal titolo " Con una beffa a Canicattì si otteneva l'immortalità". Nel 1973 era "La Sicilia" di Catania, con la firma di Giuseppe Alaimo, a dedicare un'intera pagina a "L'Accademia che fece ridere l'Italia". Un arcade minore, in particolare, ha fatto tanto parlare di sé sulla stampa nazionale e anche estera: il barone Agostino La Lomia. figura di nobiluomo eccentrico, alla sua vita di estroso giramondo e al regno "sui generis" dell'isola taorminese di Capo La Croce, che egli aveva scelto come sede marina del Parnaso, a coronamento della sede urbana canicattinese "con acqua corrente" e della sede rurale "con annesso orto". Sempre il prof. Lodato scrive: "Signoreggia nell'insieme Canicattì, culla e sede della Secolare Accademia del Parnaso, città madre, naturale o adottiva, di tutti gli arcadi, compresi quelli onorari di alto rango. La satira, l'ironia, l'umorismo, con le burle, le beffe e gli scherzi, gremiscono le vicende parnasiane dei vari capitoli e dei paragrafi in cui essi si suddividono. Tra gli arcadi minori hanno un posto di primo piano nelle vicende parnasiane il sen. Salvatore Sanmartino e il farmacista Diego Cigna, considerati i padri del Parnaso, e poi quelli che sono i poeti cantori della Secolare Accademia, l'avv. Francesco Macaluso e il sarto-poeta Peppi Paci. Ma tanti altri arcadi, minori e maggiori, si muovono e agiscono nelle pagine evocative dell'esilarante mondo della "somara saggia e tanto sapiente", mondo che destò un forte fascino sull'animo di numerosi uomini illustri e suscitò una così cordiale simpatia in Luigi Pirandello da far sì che egli, che di solito frequentava i grandi teatri delle metropoli d'Europa e d'America, venisse nel 1927 a Canicattì per rappresentare al Teatro Sociale i "Sei personaggi in cerca d'autore".