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Giovanni Giolitti (Mondovì, 27 ottobre 1842 – Cavour, 17 luglio 1928) è stato un politico italiano, più volte presidente del Consiglio dei ministri. Il periodo storico durante il quale eserciterà la sua guida politica sull'Italia è oggi definito "età giolittiana". Sebbene la sua azione di governo sia stata oggetto di critica da parte di alcuni suoi contemporanei, come per esempio Gaetano Salvemini, Giolitti fu uno dei politici liberali più efficacemente impegnati nell'estensione della base democratica dello Stato unitario, e nella modernizzazione economica, industriale e politico-culturale della società italiana a cavallo fra Ottocento e Novecento. Dopo un iniziale voto di fiducia, nel 1922, al nuovo governo fascista, dal 1924 si tenne all'opposizione di Benito Mussolini.
Antonio Giolitti (Roma, 12 febbraio 1915 – Roma, 8 febbraio 2010) è stato un politico e partigiano italiano. È stato ministro della Repubblica e Commissario europeo.
I presidenti del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia, che si susseguirono dalla sua proclamazione nel 1861 fino alla proclamazione della Repubblica nel 1946, sono stati 30 e hanno presieduto complessivamente 65 governi. Agostino Depretis è il politico che ha presieduto più governi (otto), per un totale di 2251 giorni, mentre Giovanni Giolitti, con i suoi cinque governi, è stato in carica complessivamente per 3.839 giorni, periodo superato solo dall'unico governo Mussolini, che fu in carica durante il fascismo, dal 1922 al 1943. Il singolo governo più a lungo in carica fu quello di Giovanni Lanza (1869-1873), per un totale di 1304 giorni. Differentemente dall’ordinamento repubblicano successivo, nell’Italia liberale non esisteva una Presidenza del Consiglio, e il Presidente del Consiglio era uno dei ministri, operando dal proprio Ministero.
Il Governo Giolitti IV è stato il governo del Regno d'Italia in carica dal 30 marzo 1911 al 10 marzo 1914, per un totale di 1.076 giorni, ovvero 2 anni, 11 mesi e 8 giorni. Il governo, presieduto dal politico Giovanni Giolitti (1842-1928), nacque dalla proposta che questi fece di un suffragio universale maschile. Tale proposta era tesa a catturare il consenso dell'estrema sinistra e a mettere in difficoltà il governo Luzzatti. Tornato al potere, Giolitti dovette comunque cedere alle mire espansionistiche degli ambienti conservatori, con l'impresa di Libia.Il quarto governo Giolitti rappresenta l'ultimo atto della politica trasformista del politico piemontese. Il Regno d'Italia era colpito dai sommovimenti cui la stessa riforma elettorale aveva dato espressione. La via dell'equilibrio tra le forze, tenuto in vita da Giolitti a partire dal 1903, non era più praticabile. Nuove istanze si affacciavano alla vita politica nazionale senza riuscire a rientrare negli schemi giolittiani: il movimento operaio era riuscito a prevalere sulla componente riformista e prese a esigere di orientare maggiormente la politica nazionale; altrettanto, i cattolici chiedevano di partecipare alla macchina dello Stato, mentre si diffondevano idee corporativiste e nazionaliste.Oltre al suffragio universale maschile, il programma prevedeva la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita. L'approvazione del provvedimento relativo alle assicurazioni sulla vita fu, secondo molti studiosi (come Carocci), uno degli ultimi eventi che segnarono la vittoria dello Stato nei confronti dei privati. L'intervento pubblico nel settore assicurativo portò durante il primo anno di governo, su proposta del Ministro dell'agricoltura, dell'industria e del commercio Francesco Saverio Nitti, alla nascita dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni. A capo di questo ente fu posto il giovane socialista Alberto Beneduce, futuro padre dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI).Il presidente del Consiglio spinse, inoltre, la maggioranza ad approvare il provvedimento che prevedeva la corresponsione di un'indennità mensile ai deputati. Bisogna ricordare, infatti, che all'epoca i parlamentari non avevano alcun tipo di stipendio o indennità: ricevere denaro come retribuzione per l'attività politica svolta era considerato degradante in quanto irrispettoso nei confronti dei cittadini e della cosa pubblica. L'unico "privilegio" concesso ai deputati era la tessera gratuita per le ferrovie. In questa situazione era evidente la difficoltà degli elettori di scegliere i propri rappresentanti fra le classi meno abbienti. Giolitti stesso amava ricordare che, se non fosse stato nominato dal re membro del Consiglio di Stato (con relativo stipendio), ben difficilmente avrebbe potuto permettersi d'intraprendere la carriera politica con le spese che questa comportava. Tale problema divenne più acuto sul finire dell'Ottocento in seguito alla comparsa del partito socialista sulla scena politica italiana: era arduo per alcuni esponenti di tale partito, specie i sindacalisti e coloro che non svolgevano una libera professione, accettare una candidatura. La conquista della Libia aveva alienato a Giolitti l'appoggio dei socialisti. Egli aveva cercato a quel punto di ricorrere ai cattolici con il patto Gentiloni, composto in vista della elezioni politiche del 1913, le prime a svolgersi con il suffragio universale maschile. Venuto a mancare l'appoggio dei radicali, Giolitti dovette dimettersi (21 marzo 1914).
Nel gergo parlamentare, il trasformismo indica una pratica politica che consiste nella sostituzione del confronto aperto tra la maggioranza che governa e l'opposizione che controlla con la cooptazione nella maggioranza di elementi dell'opposizione per esigenze tipicamente utilitaristiche}}. Nella storia della politica italiana il trasformismo emerse dopo il 1880 nel Regno d'Italia, come prassi comune ai gruppi parlamentari, di Destra e Sinistra, di variare le maggioranze in base a convergenze d'intenti su problemi circoscritti anziché su programmi politici a lungo termine. Il singolo parlamentare non era legato a un partito, per il semplice motivo che nell'Italia dell'Ottocento i partiti organizzati non esistevano. La candidatura alle elezioni era personale e ciò favoriva l'individualismo del singolo deputato. La base elettorale era ristretta: il deputato rispondeva del proprio operato alla propria base clientelare. Il passaggio di un parlamentare da uno schieramento all'altro era segno della conclusione di una trattativa nella quale il deputato aveva mercanteggiato il proprio voto in cambio della soddisfazione di certi interessi privati. Durante il periodo in cui il trasformismo fu prassi politica, le maggioranze parlamentari che di volta in volta si costituirono poggiarono su singole personalità politiche che, manovrando il costituirsi delle varie combinazioni di gruppi parlamentari, risultarono l'unico elemento di stabilità politica. Nella politica moderna, il termine trasformismo ha acquistato una connotazione prettamente negativa. Viene infatti attribuito: a) ad azioni chiaramente dettate dallo scopo di mantenere il potere o di rafforzare il proprio schieramento politico; b) alla consuetudine di evitare il confronto parlamentare e ricorrere a compromessi, clientelismi e sotterfugi politici, senza tenere conto dell'apparente incoerenza ideologica di certi connubi o consociazioni. Conseguenze negative in tal senso sono: lo scadimento del dibattito politico (viene a mancare una vera alternanza al potere), l'allontanamento del sistema politico dall'interesse collettivo verso il sistema paese (poiché il sistema politico obbedisce a logiche interne di proprio interesse, con spregio della responsabilità verso gli elettori) e, in ultimo ma non per ultimo, la dimostrazione di scarsa moralità da parte dei parlamentari agli occhi dei cittadini elettori.
Il ministro della mala vita: notizie e documenti sulle elezioni giolittiane nell'Italia meridionale è un saggio politico di Gaetano Salvemini pubblicato per la prima volta nel 1910 e riedito nel 1919, avente per oggetto i rapporti fra la società italiana nei primi anni del XX secolo e la politica italiana impersonata da Giovanni Giolitti.
Giovanni Francesco Luigi Edoardo Aniceto Lorenzo Agnelli (Villar Perosa, 13 agosto 1866 – Torino, 16 dicembre 1945) è stato un imprenditore, politico e militare italiano. Fu senatore del Regno d'Italia nella XXVI legislatura. Figlio di Edoardo Agnelli e di Aniceta Frisetti, fu il capostipite della notissima famiglia di imprenditori torinesi, nonno del suo omonimo Gianni Agnelli. Proprietario terriero, fu ufficiale di cavalleria e senatore del Regno. Fu tra i fondatori della casa automobilistica FIAT nel 1899, e ne fu amministratore delegato e presidente.