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Prostituzione sacra

La prostituzione sacra (o prostituzione del tempio o prostituzione religiosa) è un rituale sessuale che consiste principalmente in un rapporto sessuale o in un'altra attività di tipo erotico svolta nel contesto del culto religioso predominante, in prevalenza all'interno degli stessi luoghi di culto, forse come forma di rito di fertilità e del "matrimonio divino" o ierogamia. Gli studiosi hanno a lungo considerato tali pratiche come esser di uso comune nel mondo antico, soprattutto nelle civiltà orientali del Vicino Oriente (all'interno della civiltà babilonese, tra i fenici e gli abitanti dell'Assiria), ma non mancano attestazioni in Grecia (a Corinto; cfr. Strabone, Geografia, VIII, 378) e altrove (a Erice; cfr. Cicerone, Divinatio in Caecilium, 55): del resto, il verbo greco-antico κορινθιάζομαι [pr. korinthiàzomai] significava "frequentare prostitute". Tuttavia alcune tra le ricerche più recenti hanno messo in discussione quest'immagine, dubitando in parte dell'effettiva affidabilità delle fonti antiche. Alcuni preferiscono il termine "sessualità sacra" (in riferimento ad una qualche forma di magia sessuale) per indicare la prostituzione sacra, nei casi in cui non fosse coinvolta una qualche forma di pagamento per i servizi offerti; ma spesso i riti di accoppiamento sacro venivano celebrati dietro versamento di una piccola somma di denaro: tutto quanto veniva offerto era accumulato con il tesoro del tempio, di cui entrava a far ufficialmente parte. Il termine greco hierodoulos o "hierodule" è a volte stato preso ed interpretato per significare "prostituta sacra", ma è più probabile che invece esso si riferisca ad un ex-servitrice, liberata dalla sua condizione precedente di schiavitù per essere "dedicata" ad un dio: la ierodulia è difatti la "condizione di dipendenza da un'istituzione templare". Anche il termine ebraico "qedesha", infine, è spesso tradotto come "prostituta del tempio". La prostituzione sacra è menzionata anche nella Bibbia (Nel libro del Deuteronomio, il quinto testo sacro della Torah ebraica e della Bibbia Cattolica, in 23, 18-19), dove viene stabilito il divieto per gli uomini e le donne (tra i figli di Israele) di prendere parte a tale pratica. La motivazione principale che diede origine e impulso alla pratica di una forma sacrale di prostituzione era il tentativo di immagazzinare l'energia vitale: nel tempio, il sacerdote (a volte il fedele stesso) si univa carnalmente alla sacerdotessa, celebrando con la loro unione un rito inneggiante alla Dea dell'amore (Ishtar, Afrodite e altre ancora similari divinità dell'amore) in modo tale da propiziare la fertilità delle donne appartenenti alla comunità e, indirettamente insieme ad essa, anche la prosperità economica generale della società stessa. La rievocazione simbolica di una ierogamia (o "matrimonio sacro") e dell'unione dell'umanità con la divinità era un rito di fertilità, che si praticava in connessione con un rituale del tempio preposto. Ne erano spesso protagoniste fanciulle vergini di buona famiglia, oppure anche schiave, o sacerdotesse del tempio, che nella maggior parte dei casi si univano carnalmente a dei perfetti estranei. Sulle origini dell'usanza e sulle caratteristiche che assumeva nelle diverse località in cui veniva praticata sussistono molti punti oscuri: alcune di queste località, tra le più celebri, erano la Fenicia, Corinto, Erice (in Sicilia) e Locri in Magna Grecia.

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