Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Il razzismo scientifico (a volte detto biologia razziale, antropologia razziale o razzismo pseudoscientifico) è lo studio delle tecniche e delle ipotesi a sostegno o giustificazione della fede nel razzismo, ossia nell'inferiorità o superiorità razziale di alcuni gruppi umani rispetto ad altri; cercando di dare fondamento scientifico ad una cosiddetta "scienza delle razze umane". Alternativamente è la pratica di classificare individui di diverso fenotipo o genotipo in razze distinte ed in suoi sottogruppi. Storicamente ha ricevuto credito nella comunità scientifica, ma non è più al giorno d'oggi considerato una branca ufficiale della scienza. Il razzismo scientifico impiega l'antropologia (in particolare l'antropologia fisica), l'antropometria, la craniometria e altre pseudo-discipline, proponendo tipologie antropologiche a sostegno della classificazione delle popolazioni umane in "razze umane" fisicamente distinte e separate, nei confronti delle quali si possa affermare che siano "superiori" o "inferiori". Il razzismo scientifico è stato diffuso a partire dal XVII secolo fino al termine della seconda guerra mondiale. Dalla seconda metà del XX secolo in poi il razzismo scientifico è stato criticato come obsoleto ed è divenuto via via ad essere sempre più screditato, ma storicamente è stato usato in modo persistente e pervasivo per sostenere e convalidare le idee razziste in tutto il mondo. Basato sulla fede nell'esistenza e nel significato delle categorie razziali e di una teoria delle razze superiori e inferiori. Con la conclusione del secondo conflitto mondiale il razzismo scientifico, sia come teoria sia come azione, è stato denunciato formalmente, soprattutto nella prima dichiarazione che si appoggia all'antirazzismo e fatta dall'Unesco nel 1950 intitolata The Race Question (Dichiarazione sulla razza (UNESCO 1950)); essa afferma chiaramente che:Tale "fatto biologico" non è più considerato esistente poiché gli sviluppi della genetica evolutiva umana (la biologia evolutiva dello sviluppo) hanno dimostrato che le differenze genetiche umane sono quasi totalmente graduali. Il termine razzismo scientifico è generalmente utilizzato in modo peggiorativo come applicato alle teorie più moderne, come in The Bell Curve: Intelligence and Class Structure in American Life (1994, di Richard Herrnstein e Charles Murray). I critici sostengono che tali opere postulino conclusioni razziste non supportate dalle prove disponibili. Pubblicazioni come Mankind Quarterly, fondata esplicitamente come una rivista di "coscienza razziale" nel 1961, sono generalmente considerate come piattaforme di razzismo scientifico in quanto pubblicano articoli su interpretazioni marginali dell'evoluzione umana, dello studio sull'intelligenza, dell'etnografia, della linguistica, della mitologia, dell'archeologia e degli altri argomenti razziali. L'etichettatura di "razzismo scientifico" è usata anche per criticare quegli studi che pretendano di stabilire una connessione tra, ad esempio, razza e intelligenza, ed è utilizzata per argomentare il fatto che ciò promuova l'idea dell'esistenza di razze umane superiori e inferiori.
Il razzismo in Italia è un fenomeno storico, sicuramente complesso, difficilmente definibile univocamente. In parte potrebbe affondare le sue radici indietro nel tempo, ma non vi sono prove di una sua continuità del o di un collegamento ideologico tra i diversi fenomeni nelle diverse epoche.
Il razzismo negli Stati Uniti d'America rappresenta un fenomeno storico presente fin dall'epoca coloniale. I privilegi e i diritti sanzionati legalmente o socialmente furono largamente dati ai bianchi americani, ma negati ai nativi americani, agli afroamericani, agli asioamericani e agli ispanici sudamericani. Agli statunitensi di origine europea, in particolare ai ricchi protestanti anglosassoni, vennero concessi privilegi esclusivi in materia d'istruzione, immigrazione, diritto di voto, cittadinanza, acquisizione dei terreni e procedimenti penali per un periodo di tempo che va dal XVII secolo fino agli anni sessanta del XX secolo. Tuttavia, anche gli immigrati non protestanti provenienti dal continente europeo, in particolare i cittadini irlandesi, polacchi e italiani subirono, all'interno della società statunitense, un'emarginazione xenofoba ed altre forme di discriminazione basate sull'etnia e, almeno fino ad un certo periodo, non vennero neppure considerati come degli "autentici bianchi". Inoltre, i gruppi originari del Medio Oriente, come gli Ebrei e gli Arabi, hanno dovuto affrontare anch'essi una più o meno continua situazione discriminatoria; come diretta conseguenza di ciò, alcune persone appartenenti a queste comunità non si autoidentificano come "bianchi statunitensi". Anche coloro che provengono dall'Asia orientale e dall'Asia meridionale sono stati costretti ad affrontare il problema costituito dal pregiudizio razzista. Le principali istituzioni razziali etnicamente strutturate includono la schiavitù, la segregazione razziale, le cosiddette guerre indiane, le riserve indiane, la segregazione scolastica, le legislazioni sull'immigrazione e la naturalizzazione e i campi d'internamento durante la seconda guerra mondiale: l'internamento dei giapponesi, dei tedeschi e degli italiani. Almeno formalmente, la discriminazione razziale è stata abolita a partire dalla metà del XX secolo e, con il trascorrere del tempo, è stata sempre più percepita come socialmente inaccettabile e/o moralmente ripugnante. La politica di stampo razziale rimane tuttavia un fenomeno di ampia portata ed il razzismo implicito continua ancora ai giorni nostri a riflettersi nelle ampie disparità e disuguaglianze socioeconomiche, fino a giungere a forme più moderne e prevalentemente indirette di "razzismo simbolico". Un'ampia stratificazione sociale su base razziale continua a manifestarsi nell'ambito occupazionale ed in campo salariale, nella ricerca dell'alloggio, nell'istruzione e nella formazione professionale, nella concessione di prestiti e mutui e finanche in campo governativo. Secondo l'US Human Rights Network, un'organizzazione che concentra la propria attenzione sul rispetto dei diritti civili e che collabora con le organizzazioni per i diritti umani "la discriminazione negli Stati Uniti permea tutti gli aspetti della vita e si estende a tutte le comunità di minoranza". Mentre la natura dei punti di vista degli statunitensi medi si è molto modificata nel corso degli ultimi decenni, le indagini condotte da parte di associazioni indipendenti - oltre che dalla stessa ABC News - hanno scoperto che, anche recentemente, ampi strati di popolazione si riconosce nelle più comuni opinioni discriminatorie. Nel 2007 uno studio ha rilevato che una persona su dieci ammetteva di avere pregiudizi contro gli ispanici e sudamericani, mentre una su quattro manteneva forti giudizi negativi contro gli arabi in generale.
Quello di razzismo contro i bianchi, o razzismo antibianco, è volto ad identificare il razzismo o un'intolleranza specificatamente orientata verso individui antropologicamente classificati come caucasici, i bianchi. Per il sociologo Erwan Lecoeur si tratta di una nozione inventata dall'estrema destra come parte di una strategia vittimista, i cui casi presentati sovente si sono dimostrati montati ad hoc.Negli ambienti di estrema destra questo concetto tende ad essere impiegato strumentalmente per giustificare politiche discriminatorie e negare i diritti civili delle diverse etnie. Personalità come Jean-Marie Le Pen lo hanno descritto come un «razzismo inverso».In ambienti di destra si tipizza il razzismo antibianco in un insieme di comportamenti specifici: demonizzazione della società bianca e generalizzazione del suo passato (colonialismo, schiavismo), aggressioni verbali e psicologiche, "segregazione verbale" (isolamento di bianchi da discussioni); e si descrive il concetto di razzismo antibianco come una riarticolazione del significato di razzismo, che non terrebbe conto, oggi, dell'odio verso i bianchi.Uno studio del 2009 rileva come nella popolazione bianca statunitense vi sia un aumento della percezione di essere maggiormente discriminati rispetto ai neri.
Con il termine pesci, dal latino piscis, si intende un gruppo eterogeneo di organismi vertebrati fondamentalmente acquatici, coperti di scaglie e dotati di pinne, che respirano attraverso le branchie. Con oltre 32 000 specie per ora conosciute, coprono quasi il 50% del totale delle specie del subphylum vertebrata. Nelle vecchie tassonomie assurgevano a classe sistematica dei vertebrati, mentre la zoologia moderna non riconosce ai pesci valore di categoria tassonomica, ma un insieme di tratti esteriori evolutivamente convergenti o costanti, come l'idrodinamicità e la presenza di pinne, che permettono loro di muoversi nell'elemento fluido con particolare efficacia, oltre alla respirazione prevalentemente branchiale dell'ossigeno disciolto. Tali dati comuni fanno tuttora variamente utilizzare la denominazione, anche se in ambito non tassonomico, ad esempio in itticoltura e ecologia. Il più antico pesce fossile è lo Haikouichthys vissuto durante il Cambriano 500 milioni di anni fa, imparentato con le lamprede. Il più grande pesce vivente è lo squalo balena (Rhincodon typus) che può raggiungere i 20 metri di lunghezza e pesare fino a 34 tonnellate, il Paedocypris progenetica invece è il pesce più piccolo vivente, infatti i maschi raggiungono i 10 mm e le femmine possono essere lunghe solo 7,9 mm.
L'omozigosi, in contrapposizione all'eterozigosi, è la condizione in cui ognuno dei due o più alleli dello stesso gene, presenti in ciascun cromosoma omologo, codificano in maniera identica. Di conseguenza avviene la produzione di gameti uguali relativamente a quel carattere. Ogni qual volta la cellula duplica il suo patrimonio genetico, il DNA viene condensato in cromosomi. Il numero di questi cromosomi e la loro forma sono pressoché costanti per ogni specie e uguali in tutte le cellule di uno stesso organismo. La comune rappresentazione di un cromosoma evidenzia al suo interno bande più o meno scure riconducibili alla presenza di materiale genetico più o meno addensato, tali striature sono ciò che noi conosciamo come geni. Ogni gene occupa all'interno della struttura cromosomica una posizione ben definita detta LOCUS. Per l'appunto ogni coppia di geni che occupa posizioni corrispondenti lungo il cromosoma può presentare un'identica sequenza nucleotidica (o piccolissime differenze in essa) che si traduce nella comparsa di due varianti per uno stesso carattere (colore più chiaro o più scuro degli occhi). Tali forme di uno stesso gene sono definite alleli. Se due cromosomi omologhi hanno due alleli identici, si dice che l'organismo è omozigote (dal greco "coppia di uguali") per quel carattere. Se i due alleli sono differenti l'organismo verrà definito eterozigote (“coppia di diversi”) per quel determinato carattere. In generale gli alleli possono essere dominanti (indicati solitamente da lettere maiuscole), o recessivi (indicati da lettere minuscole). Pertanto l'individuo diploide potrà essere rispettivamente omozigote dominante (AA) o omozigote recessivo (aa). Spesso per convenzione, nel fenotipo dominante, la lettera iniziale di ogni allele viene indicata con il termine inglese di derivazione. Questa convenzione la ritroviamo in particolar modo negli studi riguardanti la genetica delle piante per indicare ad esempio i caratteri rappresentativi di specie diverse, lisce (SS) o rugose (ss) dei piselli dove S equivale al termine inglese "smooth" cioè liscio. Si parla di omozigote dominante (AA) quando un individuo possiede, per un singolo gene, due alleli uguali dominanti; un omozigote dominante è fenotipicamente uguale a un eterozigote, ed è quindi più difficile l'individuazione: per identificare il genotipo di un individuo si può ricorrere al testcross o reincrocio. Si parla invece di omozigote recessivo (aa) quando un individuo possiede, per un singolo gene, due alleli uguali recessivi; un omozigote recessivo ha un fenotipo unico nel suo genere ed è quindi di immediata individuazione. Essendo ciascun individuo composto da cellule contenenti tutte lo stesso patrimonio genetico, il termine omozigote si riferisce sia all'individuo nel complesso sia alle cellule che lo compongono.
L'impatto ambientale dell'industria dei cibi animali designa il complesso degli effetti che la zootecnica e la pesca commerciale determinano sull'ambiente naturale.
L'apicoltura (o apicultura) è l'allevamento di api allo scopo di sfruttare i prodotti dell'alveare dove per tale si intenda un'arnia popolata da una famiglia di api. Le arnie "razionali" sono quindi le strutture modulari strutturate con favi mobili dove l'apicoltore ricovera le api. Le arnie più primitive non avevano favi mobili ed erano dette bugno o "bugno villico". Malgrado le specie allevate siano diverse, per la sua produttività ha netta predominanza l'Apis mellifera. Il mestiere dell'apicoltore consiste sostanzialmente nel procurare alle api ricovero e cure, e vegliare sul loro sviluppo; in cambio egli raccoglie una quota discreta del loro prodotto, consistente in: miele, polline, cera d'api, pappa reale, propoli, veleno. Praticata in tutti i continenti, questa attività varia a seconda delle varietà delle api, del clima e del livello di sviluppo economico dell'agricoltore, e in essa pratiche ancestrali come l'affumicamento si mischiano a metodi moderni come l'inseminazione artificiale delle regine. Tale allevamento è branca della zootecnica, seppure intesa in accezione ampia, e viene insegnata a livello accademico nei moduli di apicoltura come attività zootecnica, per quanto riguarda le scienze e tecnologie delle produzioni animali, nei corsi di zootecnia in medicina veterinaria, e nei corsi di zoocolture nell'ambito di scienze biologiche e naturali.
L'alchimia è un antico sistema filosofico esoterico che si espresse attraverso il linguaggio di svariate discipline come la chimica, la fisica, l'astrologia, la metallurgia e la medicina lasciando numerose tracce nella storia dell'arte. Il pensiero alchemico è altresì considerato da molti il precursore della chimica moderna prima della nascita del metodo scientifico. Il termine alchimia deriva dall'arabo al-khīmiyya o al-khīmiyya (الكيمياء o الخيمياء), composto dell'articolo determinativo al- e della parola kīmiyya che significa "chimica" e che a sua volta, sembrerebbe discendere dal termine greco khymeia (χυμεία) che significa "fondere", "colare insieme", "saldare", "allegare", ecc. (da khumatos, "che è stato colato, un lingotto"). Un'altra etimologia collega la parola con il termine arabo Al Kemi, che significa "I neri", derivante a sua volta dal termine egizio Kemet cioè "Terra Nera", che indicava l'Egitto, dato che con le conquiste degli arabi dell'Egitto, volendo sapere cosa significassero i geroglifici, la popolazione locale dell'epoca (che non comprendeva più la lingua antica ma solo il copto) disse che erano formule magiche antiche e potenti che rendeva gli antichi egizi potenti maghi in tutto il mondo antico. Il vocabolo potrebbe anche derivare da kim-iya, termine cinese che significa «succo per fare l'oro». Diversi sono i grandi obiettivi che si proponevano gli alchimisti: conquistare l'onniscienza, raggiungendo il massimo della conoscenza in tutti i campi del sapere; creare la panacea universale, un rimedio cioè per curare tutte le malattie, generare e prolungare indefinitamente la vita; la trasmutazione delle sostanze e dei metalli, ovvero la ricerca della pietra filosofale. Oltre ad essere una disciplina fisica e chimica, l'alchimia implicava un'esperienza di crescita o meglio un processo di liberazione spirituale dell'operatore. In quest'ottica la scienza alchemica viene a rappresentare una conoscenza metafisica e filosofica, assumendo connotati mistici e soteriologici, nel senso che i processi e i simboli alchemici, oltre al significato materiale, relativo alla trasformazione fisica, possiedono un significato interiore, relativo allo sviluppo spirituale.