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La risurrezione o resurrezione è il ritorno alla vita dopo la morte analogamente al risveglio successivo al sonno. Ciò che pare comune a tutte le religioni che prevedono la reviviscenza o quantomeno la non-estinzione dell'anima del defunto, cioè del complesso della sua spiritualità, è il concetto di "rinascita" o di "ri-sorgere" (da cui deriva il termine), o riprendendo a vivere nel corpo appena lasciato, oppure presupponendo la fine della vita terrena dopo la quale la persona (riappropriandosi o meno di un corpo) inizia un'esperienza nuova e rinasce. Nella concezione di molte religioni, è possibile ritornare in vita dopo la morte ed al proposito vengono formulate varie previsioni di modalità a seconda che: la nuova vita faccia rifiorire le medesime spoglie terrene del defunto (e si parla di risurrezione vera e propria, nello stesso corpo posseduto prima di morire) lo spirito del defunto ritrovi la vita terrena nel corpo di un altro essere vivente (e si parla invece di reincarnazione, per lo più con riferimento alla rinascita nelle carni di un essere di specie o genere differente) lo spirito del defunto sia dopo la morte ammesso a vivere una vita di puro spirito rinascano dopo la morte sia lo spirito che il corpo del defunto (in tal caso con tempi differenti). lo spirito, o anima, del defunto sia dopo la morte unito ad un Corpo Mistico (di Cristo risorto, o dannato all'Inferno), in temporanea attesa di esservi unito anche nel corpo con la risurrezione della carne per il Giudizio di Dio, di salvezza o di condanna.In queste tre ultime accezioni la risurrezione viene indicata come il passaggio dal tempo finito, proprio dell'esperienza umana, all'eternità spirituale (vita eterna).
Il profeta Elia (nome ebraico אֱלִיָּהוּ Eliyahu, che significa "il mio Dio è Yahweh") o Elias (in greco Ηλίας Elías o Ilias; siriaco: ܐܶܠܺܝܐܰ Elyāe; arabo: إلياس o إليا, Ilyās o Ilyā) della città di Tishbà nel paese di Galaad, e perciò detto anche il Tishbita, è una delle figure più rilevanti dell'Antico Testamento; le sue gesta sono narrate nei due "libri dei Re" della Bibbia.
La Comedìa, o Commedia, conosciuta soprattutto come Divina Commedia, è un poema allegorico-didascalico di Dante Alighieri, scritto in terzine incatenate di endecasillabi (poi chiamate per antonomasia terzine dantesche) in lingua volgare fiorentina. L'opera non esiste nella sua forma originale: essendo stata prodotta prima dell'invenzione della stampa veniva scritta e ricopiata a mano; tra tutti i manoscritti giunti a noi oggigiorno non esistono due versioni uguali, come per tutti i testi antichi, i casi di diversificazione sono tantissimi e variano da semplici modifiche ortografiche, (diritta via o diricta via) fino all'uso di versi simili ma diversi, o parole completamente differenti che danno anche significati diversi, ad esempio il ruscello che esce dalle sorgenti di acqua bollente ..esce ruscello che parton poi tra lor le peccatrici che fu analizzato e commentato con il presupposto che ci fossero delle donne peccatrici, forse prostitute (?), lasciando molti dubbi, ma con un significato completamente stravolto rispetto al più ragionevole pettinatrici o pettatrici o pectatrici cioè le operaie che lavoravano la cardatura e la pettinatura dell lino nelle acque termali. Il titolo originale, con cui lo stesso autore designa il suo poema, fu Comedia (probabilmente pronunciata con accento tonico sulla i); e così è intitolata anche l'editio princeps del 1472. L'aggettivo «Divina» le fu attribuito dal Boccaccio nel Trattatello in laude di Dante, scritto fra il 1357 e il 1362 e stampato nel 1477. Ma è nella prestigiosa edizione giolitina, a cura di Ludovico Dolce e stampata da Gabriele Giolito de' Ferrari nel 1555, che la Commedia di Dante viene per la prima volta intitolata come da allora fu sempre conosciuta, ovvero "La Divina Comedia". Composta secondo i critici tra il 1304/07 e il 1321, anni del suo esilio in Lunigiana e Romagna, la Commedia è il capolavoro di Dante ed è universalmente ritenuta una delle più grandi opere della letteratura di tutti i tempi, nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale, tanto da essere conosciuta e studiata in tutto il mondo. Il poema è diviso in tre parti, chiamate «cantiche» (Inferno, Purgatorio e Paradiso), ognuna delle quali composta da 33 canti (tranne l'Inferno, che contiene un ulteriore canto proemiale) formati da un numero variabile di versi, fra 115 e 160, strutturati in terzine. Il poeta narra di un viaggio immaginario, ovvero di un Itinerarium mentis in Deum, attraverso i tre regni ultraterreni che lo condurrà fino alla visione della Trinità. La sua rappresentazione immaginaria e allegorica dell'oltretomba cristiano è un culmine della visione medievale del mondo sviluppatasi nella Chiesa cattolica. È stato notato come tutte e tre le cantiche terminino con la parola «stelle» (Inferno: "E quindi uscimmo a riveder le stelle"; Purgatorio: "Puro e disposto a salir a le stelle"; Paradiso: "L'amor che move il sole e l'altre stelle"). L'opera ebbe subito uno straordinario successo e contribuì in maniera determinante al processo di consolidamento del dialetto toscano come lingua italiana. Il testo, del quale non si possiede l'autografo, fu infatti copiato sin dai primissimi anni della sua diffusione e fino all'avvento della stampa in un ampio numero di manoscritti. Parallelamente si diffuse la pratica della chiosa e del commento al testo (si calcolano circa sessanta commenti e tra le 100.000 e le 200.000 pagine), dando vita a una tradizione di letture e di studi danteschi mai interrotta: si parla così di "secolare commento". La vastità delle testimonianze manoscritte della Commedia ha comportato un'oggettiva difficoltà nella definizione del testo: nella seconda metà del Novecento l'edizione di riferimento è stata quella realizzata da Giorgio Petrocchi per la Società Dantesca Italiana. Più di recente due diverse edizioni critiche sono state curate da Antonio Lanza e Federico Sanguineti.La Commedia, pur proseguendo molti dei modi caratteristici della letteratura e dello stile medievali (ispirazione religiosa, scopo didascalico e morale, linguaggio e stile basati sulla percezione visiva e immediata delle cose), è profondamente innovativa poiché, come è stato rilevato in particolare negli studi di Erich Auerbach, tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, espressa anche con l'uso di neologismi creati da Dante come «insusarsi», «inluiarsi» e «inleiarsi».È una delle letture obbligate del sistema scolastico italiano.
Il cielo è lo spazio siderale percepibile della Terra o, per estensione, da un qualsiasi altro corpo celeste, visto dalla superficie. In presenza di una atmosfera si presenta con colori diversi a causa della rifrazione e diffusione della luce nell'atmosfera. Nel caso specifico del cielo terrestre, si presenta di colore variabile a causa dell'atmosfera terrestre e delle differenti condizioni di luce dipendenti da posizione geografica, quota, ora e periodo dell'anno. Generalmente di giorno il cielo appare di colore azzurro, con sfumature rosse o gialle all'alba e al tramonto. In caso di fenomeni meteorologici in corso, esso assume una colorazione grigiastra, più o meno scura. Quando non vi siano nuvole, sia di giorno che di notte è possibile vedere la Luna quando è sopra l'orizzonte e, di notte, le stelle. Di notte infatti il cielo senza luce solare appare nero ed è quindi possibile distinguere la luce delle stelle che di giorno non sono visibili in quanto la loro minor intensità luminosa viene "coperta" dalla luce solare: in questo caso si parla di cielo stellato. Il colore azzurro del cielo è più scuro in alta montagna, a causa della minore densità dell'atmosfera. Sulla Luna, e su tutti i corpi celesti dove l'atmosfera manca del tutto, il "cielo" è perennemente nero.