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Umberto Veruda (Trieste, 6 aprile 1868 – Trieste, 29 agosto 1904) è stato un pittore austro-ungarico. Fedele amico di Ettore Schmitz, noto con lo pseudonimo di Italo Svevo, compì studi a Monaco di Baviera, Parigi e Roma. I suoi quadri sono caratterizzati da giochi di luce e di colore che ben si adattano alla semplicità dei soggetti. Nacque a Trieste il 6 aprile 1868 da una famiglia di modeste condizioni economiche; fu iniziato alla pittura da Raffaele Astolfi (1829-1900). Pittore di temperamento e di istinto nel 1884, a sedici anni, si recò a Monaco dove studiò all'Accademia di Belle Arti assieme al Wostry e al Gruhut e fece molta attenzione alla pittura del Liebermann. Nel 1887 fu per la prima volta a Parigi e si dedicò per sei mesi al disegno abbandonando la pittura ad olio. Dopo un breve soggiorno a Venezia, che gli permise di venire a contatto con la pittura del Favretto, di vedere opere di Velàquez, di Tintoretto e di Tiziano, tornò a Trieste. Nel 1889 poté andare a studiare a Roma grazie alla generosa fiducia di alcuni cittadini che credevano nelle sue capacità vinse il premio artistico Rittmeyer e vi stette altri due anni. La Galleria d'Arte Moderna gli acquistò il quadro "Sii onesta". Durante il soggiorno a Trieste trascorse momenti felici in compagnia del suo amico Italo Svevo (lo Stefano Balli scultore, nel romanzo "Senilità" è appunto il Veruda). Poi intraprese viaggi in Europa: fu a Berlino, nuovamente a Monaco, a Vienna dove dipinse numerosi ritratti che gli consentirono buoni guadagni e nel 1897 ancora a Parigi, città nella quale "trovò la disciplina dell'arte". Si spinse infine oltre la Manica per conoscere i pittori inglesi del '700 e del primo '800. Nella primavera del 1904, dopo la tragica morte della madre, Italo Svevo gli offerse l'ospitalità della sua casa di Burano e lì ebbe modo di incontrare il goriziano Italico Brass e rivedere Pieretto Bianco con il quale era stato pure a Montparnasse. Nel cuore dell'estate 1904 Veruda lasciò Burano. Morì il 29 agosto dello stesso anno a soli 36 anni, ma non si conoscono le cause della sua morte. Trieste gli rese i massimi onori: un'esposizione retrospettiva delle sue opere e un monumento funerario al cimitero di Sant'Anna. Nel 1932 fu scoperto nel Giardino Pubblico il busto del pittore, opera dello scultore Giovanni Mayer, auspice il Circolo Artistico di Trieste.
Giuseppe Wulz (Cave del Predil, 18 marzo 1843 – Trieste, 14 marzo 1918) è stato un fotografo italiano. Nel 1860 aprì a Trieste un atelier fotografico che poi sarà ereditato dal figlio Carlo e in seguito dalle figlie di quest'ultimo, Marion e Wanda. Iniziò in società con un altro fotografo, Luigi Boccalini, ma ben presto per divergenze personali Wulz intraprese l'attività in modo totalmente autonomo. La sua produzione fotografica non si limitò ai ritratti, secondo i canoni dei fotografi dell'epoca, ma si estese anche alla rappresentazione di paesaggi e di momenti di vita dal vero, sperimentando inoltre nuove tecniche e nuovi prodotti alla ricerca di una qualità di stampa migliore, aspetto tecnico al quale era molto attento. Sperimentò infatti tecniche di stampa basate inizialmente sul collodio, per passare poi all'albumina ed infine, a partire dal 1880, alla gelatina. Divenne amico del pittore Giuseppe Barison ma frequentò anche altri personaggi della scena culturale triestina, tra i quali Giuseppe Garzolini, Alfredo Tominz, Piero Fragiacomo ed Umberto Veruda, quest'ultimo amico di Italo Svevo, trasformando il suo atelier in un punto di incontro. Nella sua attività di ritrattista e di fotografo del quotidiano, ha documentato tra le altre cose gli artisti operanti a Trieste in quel periodo, tra i quali Arturo Toscanini, Hans Richter, Richard Strauss e Johannes Brahms. Dopo la sua morte lo studio fotografico da lui fondato venne diretto dal figlio Carlo e, successivamente, dalla nipote Wanda.