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La romanologia, detta anche romologia (termini entrambi preferibili a ziganologia), è da considerarsi principalmente una branca della linguistica e si propone lo studio linguistico, filologico e comparativo della lingua, dei dialetti e della cultura delle popolazioni di lingua romaní. L'approccio necessariamente etnologico ed antropologico, dovuto alla necessità della ricerca sul campo, fa sì che tuttora non siano ben chiari i confini di questa disciplina sulla quale non c'è un accordo preciso neanche sulla definizione generale. Tra i maggiori esponenti di questi studi, a livello mondiale, vanno annoverati tra tutti Ian Hancock, Peter Bakker, Yaron Matras e Marcel Courthiade.
Porajmos o Porrajmos (pronuncia italiana: poràimos; in romaní: [pʰoɽai̯ˈmos]; traducibile come "grande divoramento" o "devastazione") è il termine con cui da diversi decenni viene indicato lo sterminio delle popolazioni romanì (Rom, Sinti, Manush, Kalé e altre con diverse autodenominazioni) perpetrato da parte della Germania nazista e dai paesi dell'Asse durante la seconda guerra mondiale. Si stima che tale eccidio provocò la morte di 500.000 di essi. Porrajmos è però anche un termine, diffuso inizialmente da Ian Hancock, uno dei massimi studiosi del genocidio, che viene oggi messo in discussione dalle stesse comuntà romanì, perché da molti considerato inadeguato. Anche per questo motivo viene sempre più utilizzato il termine Samudaripen, (Samudaripen = sa+mudaripen = tutti+uccisione = uccisione di tutti = sterminio, genocidio) ritenuto più appropriato.
Si definisce concertato (o pezzo concertato) la parte di un'opera lirica in cui i personaggi e il coro intrecciano le loro linee vocali in forma polifonica. Sin dal Settecento, i concertati dell'opera italiana si collocano di preferenza nei finali d'atto intermedi, più raramente a fine quadro o alla fine dell'opera. In origine si articolano in più sezioni, che nelle opere italiane del primo Ottocento seguono la struttura nota alla musicologia come "solita forma": un tempo d'attacco seguito da un largo (o cantabile), un tempo di mezzo e una stretta (vedi cabaletta). Nella musica vocale, ma soprattutto strumentale del periodo barocco, il concertato barocco fu la prassi esecutiva che prevedeva giochi di opposizione e contesa (in latino concertare) o di legame e unità (conserere) fra le parti o voci di un concerto, e in particolare del concerto grosso. Tale tradizione fu molto cara alla scuola polifonica veneziana.