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La guerra d'Algeria (anche guerra d'indipendenza algerina), è il conflitto che oppose tra il 1º novembre 1954 e il 19 marzo 1962 l'esercito francese e gli indipendentisti algerini guidati dal Fronte di Liberazione Nazionale (FLN, Front de Libération Nationale), che aveva rapidamente imposto la propria egemonia sulle altre formazioni politiche. Lo scontro si svolse principalmente in Algeria ma, a partire dal 1958, il FLN decise di aprire un secondo fronte in Francia, scatenando una serie di attentati. Nel corso del conflitto, la minoranza europea d'Algeria – i pieds noirs, installati prevalentemente nelle tre grandi città di Orano, Algeri e Costantina – riuscì a imporre il ritorno di de Gaulle al potere, minacciando un colpo di Stato (maggio 1958). L'inedito successo di un movimento dagli evidenti tratti eversivi determinò il crollo della pericolante IV Repubblica e l'avvento della V Repubblica, caratterizzata da una nuova Costituzione che conferiva poteri molto estesi al Presidente. La guerra – un «episodio chiave della decolonizzazione» – fu particolarmente cruenta, con un altissimo numero di vittime, soprattutto tra i civili algerini. L'esercito francese, memore della recente sconfitta subita nella guerra d'Indocina, mise a punto una nuova strategia: la “guerra contro-sovversiva”, caratterizzata da inedite tecniche di contro-guerriglia che facevano del controllo della popolazione la posta del conflitto. Dopo sette anni e mezzo di uno scontro senza esclusione di colpi, da una parte come dall'altra (generalizzazione della tortura, attentati, terrorismo, rappresaglie, napalm), gli algerini conquistarono l'indipendenza che fu proclamata il 5 luglio 1962.
L'Algeria (AFI: /alʤeˈria/; in arabo: الجزائر, al-Jazāʾir; in berbero: ⴷⵣⴰⵢⴻⵔ, Dzayer), ufficialmente Repubblica Democratica Popolare di Algeria, è uno Stato dell'Africa del nord, appartenente al Maghreb, in gran parte occupato dal deserto del Sahara. La sua capitale, Algeri, è eccentrica rispetto alla totalità del territorio e si situa all'estremo nord. Il suo nome identifica anche quello dell'intero paese. In termini di superficie è il più grande stato del continente africano, dal 9 luglio 2011, quando il Sudan del Sud è diventato indipendente dal Sudan; è inoltre il più grande stato del mondo arabo nonché il decimo Stato più esteso della Terra. Confina a nord con il mar Mediterraneo, mentre le frontiere terrestri si dividono con la Tunisia a nord est, la Libia a est, il Niger a sud est, la Mauritania, il Mali e il Marocco ad ovest. L'Algeria è membro dell'Unione Africana e della Lega araba dal momento della sua indipendenza dalla Francia nel 1962, fa parte dell'OPEC dal 1969 e ha contribuito attivamente alla creazione, nel 1988, dell'Unione del Maghreb Arabo (UMA). Costituzionalmente, l'Algeria è definita come un paese (nell'ordine) musulmano, arabo e berbero.
L'Algeria francese fu il nome dei dipartimento coloniale francese concentrato su Algeri, nell'attuale Algeria.
La storia degli ebrei risalirebbe, secondo la tradizione ebraica, ai patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, che vissero a Canaan verso il XVIII secolo a.C.. gli ebrei discendono in gran parte dalle Tribù di Giuda e Simeone, e parzialmente da altre tribù israelite, specialmente quelle di Beniamino e Levi, che insieme avevano formato l'antico Regno d'Israele e, in seguito, il Regno di Giuda. La prima menzione d'Israele come popolo è stata rinvenuta iscritta sulla Stele di Merenptah, che risale agli anni 1213-1203 a.C.
Algeri (AFI: /alˈʤɛri/; in arabo: مدينة الجزائر, Madīnat al-Jazā'ir - le isole -; in berbero: ⴷⵣⴰⵢⴻⵔ, Dzayer; in francese: Alger) è la capitale dell'Algeria e della provincia omonima. È anche il più importante porto del paese. Il nome arabo, "le tarantan", deriva da un gruppo di piccoli isolotti antistanti la costa della città e attualmente non più visibili in quanto inglobati nelle barriere di protezione e nelle dighe foranee del porto.
Con l'espressione "guerra fredda" si indica la contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi intorno al 1947, tra le due potenze principali emerse vincitrici dalla seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. Ben presto si giunse alla divisione dell'Europa in sfere di influenza e alla formazione di blocchi internazionali ostili, denominati comunemente come Occidente (gli Stati Uniti e gli altri membri della NATO), Oriente, (l'Unione Sovietica e i membri del Patto di Varsavia), e in seguito il terzo blocco dei Paesi non allineati Si trattò sostanzialmente della contrapposizione tra due grandi ideologie politico-economiche: la democrazia-capitalista da una parte e il socialismo reale-comunismo dall'altro. Questa contrapposizione influenzò fortemente per decenni l'opinione pubblica mondiale ed ebbe il suo concreto emblema nella divisione della Germania in Germania Ovest e Germania Est, della città di Berlino tramite l'omonimo muro e nella figura retorica della cosiddetta "cortina di ferro", coniata per la prima volta da Winston Churchill nel 1946, volta a definire la netta distinzione territoriale e ideologica che si stava venendo a creare tra i due blocchi socioeconomici dominanti. La tensione che ne risultò, durata circa mezzo secolo, non si concretizzò mai in un conflitto militare diretto, da cui il termine "fredda" usato per descrivere un'ostilità che non sembrava più risolvibile attraverso una guerra frontale tra le due superpotenze, dato il pericolo per la sopravvivenza dell'umanità rappresentato da un eventuale ricorso alle armi nucleari, si sviluppò nel corso degli anni incentrandosi sulla competizione in vari campi (militare, spaziale, tecnologico, ideologico, psicologico, sportivo) contribuendo almeno in parte allo sviluppo ed evoluzione della società stessa con l'avvento della terza rivoluzione industriale. L'espressione era stata usata già nel 1945 da George Orwell che riflettendo sulla bomba atomica preconizzava uno scenario in cui le due grandi potenze, non potendo affrontarsi direttamente per il rischio di distruzione mutua assicurata avrebbero finito per dominare e opprimere tutti gli altri. Nel 1947 fu ripresa dal consigliere presidenziale statunitense Bernard Baruch e dal giornalista Walter Lippmann per descrivere l'emergere delle tensioni tra i due Alleati della seconda guerra mondiale.Le fasi più critiche e potenzialmente pericolose della guerra fredda furono due: la prima, compresa fra gli anni cinquanta e gli sessanta, e la seconda, circoscritta alla prima metà degli anni ottanta. La fine della guerra fredda viene convenzionalmente fatta coincidere con la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989), e la successiva dissoluzione dell'Unione Sovietica (26 dicembre 1991).
Il colonialismo è definito come l'espansione di una nazione su territori e popoli all'esterno dei suoi confini, spesso per facilitare il dominio economico sulle risorse, il lavoro e il commercio di questi ultimi. Il processo viene detto colonizzazione. Il termine indica anche, in senso stretto, il dominio coloniale mantenuto da diversi Stati europei su altri territori extraeuropei lungo l'età moderna e indica quindi il corrispettivo periodo storico, cominciato nel XVI secolo, contemporaneamente alle esplorazioni geografiche europee, assumendo nel XIX secolo il termine di imperialismo, e formalmente conclusosi nella seconda metà del XX secolo, con la vittoria dei movimenti anti-coloniali. Il termine indica anche l'insieme di convinzioni usate per legittimare o promuovere questo sistema, in particolare il credo che i valori etici e culturali dei colonizzatori siano superiori a quelli dei colonizzati.
La Carta di Algeri è frutto di una riunione non ufficiale di esperti e politici, tra cui l'italiano Lelio Basso, il 4 luglio del 1976 nel duecentesimo anniversario della Rivoluzione americana.
I Berberi o, nella loro stessa lingua, Imaziɣen o Imazighen (al singolare Amaziɣ), che significherebbe in origine "uomini liberi", sono, propriamente, le popolazioni autoctone di quei territori nord-africani conosciuti con la denominazione di Tamazɣa, corrispondente agli stati di Marocco, Algeria, Tunisia, Libia e Mauritania. Per una serie di motivi storico-ideologici, nei sopraccitati paesi, si è soliti designare con tale nome solamente coloro che siano di lingua madre berbera (tamaziɣt). Il nome berbero deriva dal termine francese berbère, a sua volta derivato dal vocabolo arabo barbar, il quale, probabilmente, non fa che riprodurre la parola greco-romana barbaro (che designava chi non parlava il latino o il greco). Si veda per esempio Sallustio, nel suo Bellum Iugurthinum in cui la lingua dei Libi è definita "barbara lingua" (cap. 18).