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La peste nera fu una pandemia, quasi sicuramente di peste, generatasi in Asia centrale settentrionale durante gli anni '30 del XIV secolo e diffusasi in Europa a partire dal 1346, dando origine alla cosiddetta seconda pandemia di peste. Si diffuse in fasi successive dall'altopiano della Mongolia prima attraverso la Cina e la Siria e poi alla Turchia asiatica ed europea per poi raggiungere la Grecia, l'Egitto e la penisola balcanica. Nel 1347 arrivò in Sicilia e da lì a Genova; nel 1348 aveva infettato la Svizzera eccettuato il Cantone dei Grigioni e tutta la penisola italica risparmiando parzialmente il territorio del Ducato di Milano. Dalla Svizzera si allargò quindi alla Francia e alla Spagna; nel 1349 raggiunse l'Inghilterra, la Scozia e l'Irlanda; nel 1353, dopo aver infettato tutta l'Europa, i focolai della malattia si ridussero fino a scomparire. Secondo studi moderni la peste nera uccise almeno un terzo della popolazione del continente, provocando verosimilmente quasi 20 milioni di vittime. La quasi unanimità degli studiosi identifica la peste nera come un'infezione sostenuta da Yersinia pestis, batterio isolato nel 1894 e che si trasmette generalmente dai ratti agli uomini per mezzo delle pulci. Se non trattata adeguatamente, e nel XIV secolo non era conosciuto alcun modo per farlo, la malattia risulta letale dal 50% alla quasi totalità dei casi a seconda della forma con cui si manifesta: bubbonica, setticemica o polmonare. Oltre alle devastanti conseguenze demografiche, la peste nera ebbe un forte impatto nella società del tempo. La popolazione in cerca di spiegazioni e rimedi arrivò talvolta a ritenere responsabili del contagio gli ebrei, dando luogo a persecuzioni e uccisioni; molti attribuirono l'epidemia alla volontà di Dio e di conseguenza nacquero diversi movimenti religiosi, tra cui uno dei più celebri fu quello dei flagellanti. Anche la cultura fu notevolmente influenzata: Giovanni Boccaccio utilizzò come narratori nel suo Decameron dieci giovani fiorentini fuggiti dalla loro città appestata; in pittura, il soggetto della "danza macabra" fu un tema ricorrente delle rappresentazioni artistiche del secolo successivo. Terminata la grande epidemia, la peste continuò comunque a flagellare la popolazione europea, seppur con minor intensità, a cadenza quasi costante nei secoli successivi.
L'epidemia di colera di Italia del 1973 è stata un'epidemia che si verificò nell'ambito della settima pandemia di colera, nelle aree costiere delle regioni Campania, Puglia e Sardegna tra il 20 agosto e il 12 ottobre, quando vennero diagnosticati 278 casi di colera causati dal vibrione del colera, biotipo El Tor (serotipo O1). Quasi tutti i casi coinvolsero gli adulti, con una preponderanza di uomini, e causarono complessivamente 24 decessi.L'improvvisa epidemia, forse causata dal consumo di cozze crude o altri frutti di mare contaminati dal vibrione, causò un grande allarmismo nella popolazione (all'ospedale Cotugno di Napoli vennero ricoverate 911 persone in dieci giorni), ma già pochi giorni dopo l'inizio dell'emergenza venne avviata la più grande operazione di profilassi nel secondo dopoguerra che portò alla vaccinazione di circa un milione di napoletani in appena una settimana, grazie anche all'aiuto dell'impiego delle siringhe a pistola messe a disposizione dalla Sesta Flotta degli Stati Uniti.Sin dai primi giorni, comunque, il veicolo di diffusione fu indicato in una partita di cozze proveniente dalla Tunisia, arrivata prima a Torre del Greco e a Napoli, poi a Bari e a Cagliari, dove si verificarono altri casi. Napoli subì un feroce attacco mediatico da parte di alcuni giornalisti come Alberto Sensini, che, a suo dire, legge nell’epidemia l’avverarsi delle previsioni di Pietro Gobetti su di un «Sud sempre più attratto verso il Medio Oriente della miseria e dell’arretratezza». Tra i giornalisti c’è anche, però, chi avverte che sulla città «il vento della calunnia soffia dal Nord».
Con epidemia del crack (o invasione) si è soliti riferirsi a un preciso contesto storico compreso tra il 1984 e il 1990, durante il quale l'uso e il traffico del crack subì un brusco aumento nelle principali metropoli statunitensi, comportando anche l'incremento di reati violenti come rapine, omicidi, furti e fenomeni correlati al traffico della droga come guerre tra bande e nomadismo di senza fissa dimora e tossicodipendenti. I primi segnali di un boom del crack nel mondo della droga si ebbero a partire dal 1980, ma in accordo con la Drug Enforcement Administration il periodo di crisi di legalità iniziò nel 1984 per finire solo nel 1990, in quello che può essere considerato l'apice dell'epidemia. La causa principale dell'epidemia era la novità del prodotto e il prezzo notevolmente inferiore a quello di altri stupefacenti, tra i 2,5 e i 5 dollari la dose. Gli effetti di una dose, però, durano notevolmente meno, grossomodo 5-10 minuti, e sono fortissimi. Il rischio incompreso era che la dipendenza si sviluppa già dopo una singola dose, una dipendenza complessivamente molto più costosa di altre droghe, data la breve durata dell'effetto e del conseguente bisogno continuo di assumerne. Con il progressivo decesso dei primi assuntori ci fu la fine dell'epidemia, essendo oramai evidente a tutti la pericolosità, all'inizio sottovalutata, del prodotto. Il crack a tutt'oggi viene assunto quasi solamente da cocainomani già cronici come sostituto della cocaina, allorquando l'assunzione nasale provoca la distruzione dei tessuti nasali: l'unico modo di assunzione diventa l'inalazione e proprio questo era, infatti, il motivo per cui il crack è stato concepito. L'epidemia colpì le principali metropoli statunitensi. Tra le città che più risentirono del fenomeno criminoso: New Orleans, Philadelphia, Houston, New York, Pittsburgh, Baltimora, Chicago, Washington, Los Angeles, Detroit, St. Louis, Miami e Oakland. Secondo Chuck Schumer, senatore dello stato di New York: "Vent'anni fa, il crack era diretto a est attraverso gli Stati Uniti come un Mack Trucks fuori controllo, e gettò New York in una situazione difficile proprio perché nessuno di noi vide segnali d'avvertimento".
Si definisce epidemia (dal greco ἐπί + δῆμος, lett.: sopra il popolo, sopra le persone) il diffondersi di una malattia, in genere una malattia infettiva, che colpisce quasi simultaneamente una collettività di individui, ovvero una data popolazione umana, con una ben delimitata diffusione nello spazio e nei tempi, avente la stessa origine. Poiché, in una data popolazione, ogni anno, è atteso il verificarsi di un certo numero di eventi morbosi, un'epidemia comporta un numero di casi in eccesso rispetto ai valori attesi per quella determinata comunità, e sulla base delle esperienze e del numero di casi storici di morbosità.