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La psicoterapia è una pratica terapeutica della psicologia clinica e della psichiatria, ad opera di uno psicoterapeuta (psicologo o medico, adeguatamente specializzati), che si occupa della cura di disturbi psicopatologici di natura ed entità diversa, che vanno dal modesto disadattamento o disagio personale fino alla sintomatologia grave, e che possono manifestarsi in sintomi nevrotici oppure psicotici tali da nuocere al benessere di una persona fino ad ostacolarne lo sviluppo, causando fattiva disabilità nella vita dell'individuo. Etimologicamente la parola psicoterapia - "cura dell'anima" - riconduce alle terapie della psiche realizzate con strumenti psicologici quali il colloquio, l'analisi interiore, il confronto, la relazione ecc., nella finalità del cambiamento dei processi psicologici dai quali dipende il malessere o lo stile di vita inadeguato, e connotati spesso da sintomi come ansia, depressione, fobie, ecc. A tal fine la psicoterapia si avvale di tecniche applicative della psicologia, dalle quali prende specificazione nei suoi svariati orientamenti teorici: psicoterapia psicodinamica, psicoterapia cognitivo-comportamentale, psicoterapia adleriana, psicoterapia ericksoniana, psicoterapia sistemica, psicosintesi, psicoterapia umanistica, psicoterapia con la procedura immaginativa ecc...
La terapia (dal greco θεραπεία (therapeía)), in medicina, è lo studio e l'attuazione concreta di quanto necessario per portare alla guarigione delle malattie attraverso mezzi e metodi; è anche la relativa branca della medicina che tratta della cura delle malattie; è anche l'insieme dei metodi usati per la guarigione di malattie o ferite e per alleviarne i sintomi. In psicologia si parla più prettamente di psicoterapia, ovvero l'uso di strumenti non invasivi, non chirurgici, non elettromedicali e non farmacologici tesi al recupero e/o alla correzione di un disturbo mentale o una condizione di alterazione psicologica o psico-sociale.
La storia delle istituzioni psichiatriche narra della nascita e sviluppo degli "asili per lunatici", della loro graduale trasformazione nei "manicomi" del XIX secolo, sostituiti infine dal contemporaneo ospedale psichiatrico; una tale evoluzione spiega e chiarisce l'ascesa di una psichiatria organizzata e riconosciuta ufficialmente come branca della medicina. Mentre anche precedentemente esistettero istituti ospitanti gli "insani" (le cosiddette "case dei matti", includenti anche i vagabondi, le prostitute, visionari di ogni tipo e tutti quelli definiti ed etichettati come "anomali", che si sono schierati cioè al di fuori della società costituita), la conclusione tratta dalla maggioranza dei "normali" che l'istituzionalizzazione fosse la soluzione più corretta per trattare le persone considerate squilibrate, "entusiaste", maniache, dementi, furiose, affette da "cretinismo" e da idiozia, asociali, poveri e orfani e vedove senza alcun mezzo di sostentamento, invertiti sessuali (così erano chiamati gli omosessuali un tempo) e affetti da infezioni di origini sessuali, mongoloidi ecc. fece parte di un processo sociale del XIX secolo il quale cercò di rinvenire "soluzioni" al di fuori delle famiglie e delle comunità locali. In Gran Bretagna all'inizio dell'Ottocento vi erano forse qualche migliaio di lunatici ospitati una varietà d'istituzioni separate, ma all'inizio del XX secolo coloro che erano definiti tali ammontava a circa 100.000. Questo balzo coincise con lo sviluppo dell'alienismo, oggi noto come psichiatria, come specializzazione medica.
Nel corso del tempo e nelle diverse civiltà, gli approcci, le spiegazioni, l'atteggiamento ed i trattamenti relativi alla follia hanno subito cambiamenti radicali e, nell'impossibilità di una trattazione esaustiva della storia della psichiatria è forse utile una schematizzazione che consenta di tracciarne le tappe fondamentali ripercorrendo quali sono stati i cambiamenti di alcuni aspetti paradigmatici della psichiatria: la spiegazione e l'origine (natura) della follia le modalità di trattamento dei folli le persone e le istituzioni deputate al trattamento.
Roberto Assagioli, nato Roberto Marco Grego (Venezia, 27 febbraio 1888 – Capolona, 23 agosto 1974), è stato uno psichiatra e teosofo italiano, fondatore della psicosintesi, può essere considerato una delle menti più eclettiche e libere della psicologia italiana.
La psicoterapia interpersonale è una forma di psicoterapia a tempo limitato sviluppata nel 1970 da Gerald Klerman e i suoi colleghi. La teoria alla sua base è che le malattie psichiche si sviluppino in un contesto sociale e interpersonale (relazioni interpersonali), prendendo spunto teorico da teorie come quelle di Adolf Meyer, John Bowlby e Henry Sullivan, nelle quali i rapporti interpersonali giocavano un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel benessere psicologico dell'individuo.
Lo psicoterapeuta è un professionista sanitario – medico o psicologo – autorizzato all'esercizio della psicoterapia dall'Ordine professionale di appartenenza. Il suo intervento mutua le tecniche dai numerosi modelli applicativi della psicologia, ed è rivolto alla risoluzione dei sintomi, e delle loro cause, conseguenti a disturbi mentali, disadattamenti e sofferenza.
La psicosintesi è una teoria e prassi psicologica che si è sviluppata dalla psicoanalisi, per evolversi sul versante della Psicologia umanistica ed Esistenziale e su quello della Psicologia transpersonale. La disciplina è stata concepita dallo psichiatra veneziano Roberto Assagioli (1888-1974) e può essere quindi considerata, con l'analisi immaginativa di G. Balzarini e l'I.T.P. di L. Rigo, uno dei pochi paradigmi psicoterapeutici sviluppati autonomamente in Italia. Assagioli fu il primo medico psichiatra italiano che si interessò attivamente di psicoanalisi, e la sua tesi di laurea, preparata nel 1907 nell'ospedale psichiatrico Burghölzli a Zurigo (dove operava C.G. Jung, con il quale svilupperà un'amicizia personale) ebbe appunto il titolo La Psicoanalisi. Successivamente, diventerà l'unico italiano membro della Società Freud di Zurigo, ed in seguito sarà socio della Società Psicoanalitica Internazionale. Nel giro di qualche anno però Assagioli iniziò a discostarsi dal pensiero freudiano, ritenuto da lui troppo riduttivo e rigido rispetto all'ampiezza ed alla complessità della psiche umana. La novità, nell'approccio psicosintetico, consiste nello sviluppo dell'idea che già aveva costituito motivo di contrasto tra Freud e Jung, secondo la quale, nella «cura dell'anima», alla fase analitica, deve seguire una fase sintetica, cioè più attiva e orientata alla scoperta della volontà personale. Così come vi sono molte correnti psicoanalitiche, possono allo stesso modo coesistere diverse correnti psicosintetiche, dal momento che, come afferma lo stesso Assagioli, "non esiste ortodossia in Psicosintesi e nessuno, a partire da me stesso, può proclamarsene il vero o autentico rappresentante". Pertanto, in senso più ampio, «psicosintesi» può essere definito ogni atteggiamento orientato verso integrazioni e sintesi sempre più vaste, atteggiamento che si prenda a cuore l'uomo nella sua interezza e nella sua unicità, fino alla realizzazione della sua dimensione spirituale (o transpersonale). Per questo motivo, Assagioli arriva ad affermare che "la Psicosintesi non può essere rappresentata all'esterno da nessuna organizzazione" e in questo dimostra la sua levatura di ricercatore libero, al di là di ogni settarismo e identificazione con questa o quella chiesa, anche se laica.