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Il Museo Provinciale Campano di Capua (noto anche come Museo Campano) è un museo storico e archeologico dell'antica Campania e di Terra di Lavoro. La sezione archeologica ospita al suo interno la più importante collezione mondiale di Matres Matutae, provenienti dall'area dell'antica Capua, e una cospicua parte dei reperti archeologici del Fondo Patturelli, oltre che di numerosi reperti pre romani. È inoltre presente un grande lapidario oggi intitolato a Theodor Mommsen per il suo fondamentale contributo alla sua istituzione. La sezione medievale raccoglie invece importanti testimonianze sacre e laiche di Capua tra le quali i resti della più volte demolita Porta di Capua mentre la pinacoteca raccoglie opere di Bartolomeo Vivarini, Cristoforo Scacco, Giacinto Brandi, Giuseppe Marullo e soprattutto la più corposa collezione di opere di Francesco Liani. È di proprietà dell'ente Provincia di Caserta.
In epoca romana Larinum (oggi Larino) era un fiorente insediamento abitativo, di ampie dimensioni e di antica origine, ubicato sulle colline dell'entroterra molisano, a circa 400 m di altitudine, non molto distante (circa 26 km) dalla costa del mare Adriatico, di notevole importanza proprio grazie alla nevralgica collocazione geografica: si estendeva infatti su un'ampia area, fertile e pianeggiante (l'attuale Piana San Leonardo), in posizione strategica, perché sovrastante il fondovalle ed il basso corso del fiume Biferno, ed era anche un importante nodo stradale, perché situato alla convergenza di importanti assi viarii, che gli consentivano proficui scambi commerciali.Questa particolare fisionomia geografica, associata al clima favorevole ed alla fertilità del terreno, di facile lavorazione, spiegano la prosperità e lo sviluppo economico di Larino, raggiunti già a partire dal III secolo a.C. che le consentirono di svolgere un importante ruolo commerciale, preminente rispetto agli altri centri della zona, facendosi terra di frontiera e crocevia di culture, tra la fascia costiera adriatica e l'area interna del Sannio, restando per questo sempre aperta agli influssi di svariati ambienti culturali, come conferma la documentazione archeologica, testimonianza dell'esistenza di una città ricca e popolosa già in epoca anteriore alle guerre annibaliche.
L'influenza culturale di Dante Alighieri consiste nella ricezione che la produzione poetica di Dante Alighieri ha avuto in Italia e nel resto del mondo nel corso dei secoli, subendo fasi alterne di apprezzamento e di aperta ostilità da parte dei critici e degli artisti italiani e stranieri. Già a partire dal XIV secolo, la Divina Commedia aveva avuto una vasta e favorevole ricezione da parte del pubblico, constatazione che si può ricavare dai vari codici conservati, tra i quali troviamo un'autografo di Giovanni Boccaccio. Conosciuta e apprezzata nel corso del '400, la produzione dantesca cominciò quindi a diffondersi anche in Spagna, Francia, Inghilterra e Germania, conoscendo una popolarità che durerà fino agli anni '30 e '40 del '500, quando infine il letterato Pietro Bembo escluse Dante dai modelli d'imitazione letteraria. In seguito, con la Controriforma, Dante conobbe anche la censura ecclesiastica per via del trattato "filo-imperiale" De Monarchia, iscritto nell'Indice dei libri proibiti. Ignorato o addirittura disprezzato nel '700, Dante ritrovò il favore dei critici e del pubblico nella stagione romantica, per via della forte religiosità, delle immagini poetiche ricche di pathos sentimentale e, anche, del messaggio politico adottato dal Risorgimento. Il magistero critico-letterario poi del critico Francesco De Sanctis consacrò Dante quale modello d'altissima poesia e simbolo nazionale, dando così inizio ad una lunga stagione di critica letteraria e una progressiva diffusione dell'opera dantesca presso gli italiani, grazie ad iniziative commemorative e allo studio scolastico della Commedia. Contemporaneamente alla riscoperta di Dante da parte degli intellettuali italiani romantici, ci fu un rinnovato interesse per la sua figura e la sua poetica nei restanti Paesi europei e, a partire dal XX secolo, anche extraeuropei. Con la nascita della cultura di massa e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione nella seconda metà del secolo scorso, la Commedia e l'universo poetico dantesco sono stati divulgati anche al di fuori degli ambienti filologici e letterari, approdando nel cinema, nella fumettistica e nel mondo dei videogiochi.
La nomina a patriarca di Aquileia di Filippo di Alençon (1381) provocò gravi discordie, la cui ragione principale fu il dissidio tra Udine e Cividale per questioni di interesse commerciale, legate a motivi di prestigio cittadino e familiare. Il patriarca si schierò apertamente con Cividale, suscitando la furiosa reazione degli udinesi che lo costrinsero a fuggire dallo Stato patriarcale. Si formarono due fazioni: quella filoimperiale, che sosteneva Filippo ed era costituita da Cividale in rappresentanza del patriarcato, dai Carraresi con Francesco “Il Vecchio” da Carrara, dal regno d'Ungheria e dalle famiglie locali dei di Prata, di Porcia, di Ragogna, gli Spilimbergo e i Prodolone, e la fazione filoveneziana, chiamata La felice unione, che contestava la nomina a patriarca di Filippo, cui aderirono gli Scaligeri con Antonio della Scala, le famiglie dei Duino, gli Zoppola, i da Cusano, i di San Vito e i di Valvasone, i Colloredo, i da Maniago, Federico Savorgnan (che fu ascritto al patriziato veneziano e provvisionato il 3 aprile 1385), Venceslao da Spilimbergo, Nicoletto da Castello e le città di Sacile e Marano.Il 7 ottobre 1382 il comune di Udine nominò Simone di Colloredo capitano generale della Lega: Nobilis Miles D. Simon de Coloreto, Capitaneus generalis totius exercitus cum potestate mixti et meri imperii ad puniendum quoscumque. Venezia inviò 24 galee ad occupare Trieste (25 gennaio 1381) costringendola ad aderire alla Felice Unione; pochi mesi dopo Leopoldo III d’Asburgo duca d'Austria penetrò nella città, occupandola (7 agosto 1382), la quale fece poi atto di dedizione agli Austriaci (Graz, 30 settembre 1382); la città restò agli Asburgo fino al 1918. I cividalesi presero la roccaforte di Gemona dopo 7 giorni d'assedio, il 14 ottobre 1383; la città cadde di nuovo (nel 1385) nelle mani degli udinesi, guidati da Giovanni di Colloredo, che poi assaltarono anche il castello di Villalta ed investirono Cividale per 8 giorni con 4 bombarde, respingendo una sortita (23 gennaio 1386) e saccheggiando i dintorni.Nel frattempo, il conflitto aveva assunto nel 1385 grandi proporzioni con l'intervento militare dei Carraresi; il signore di Padova Francesco I da Carrara, che da tempo aveva l'ambizione di espandere ad est i propri domini, prese le parti del patriarca esiliato, già suo alleato nella guerra di Chioggia, sedò la rivolta udinese nel febbraio 1385 e reinsediò al potere il cardinale francese.In quegli anni erano frequenti le guerre tra padovani e veneziani; questi ultimi, non potendo permettere l'espansione in Friuli del tradizionale nemico, tra il marzo ed il maggio del 1385 si allearono con gli udinesi e con gli Scaligeri di Verona, che ambivano ad espandere il proprio territorio conquistando Padova. I Carraresi avevano perso il supporto del Regno d'Ungheria, in preda a lotte interne per la successione, e risposero alleandosi in funzione anti-veronese con i Visconti, signori di Milano. Quello stesso anno, le truppe di Padova tentarono invano di conquistare importanti comuni friulani.Dopo un periodo di stallo, l'anno successivo la guerra fu ripresa dagli Scaligeri, il cui attacco fu arginato dai padovani alle porte della città in zona Brentelle. L'incertezza iniziale di questa battaglia si risolse in favore dei Carraresi, le cui truppe costrinsero i veronesi alla ritirata il 25 giugno 1386. La vittoria delle Brentelle mise in evidenza le debolezze degli Scaligeri, e l'anno seguente furono i padovani ad attaccare la signoria veronese. La battaglia di Castagnaro ebbe luogo il 1º marzo 1387 nella cittadina che si trova pochi chilometri a sud del capoluogo scaligero. Le truppe di Verona erano condotte dai capitani di ventura Giovanni Ordelaffi di Forlì e Ostasio da Polenta di Ravenna, mentre i padovani erano comandati dal condottiero inglese Giovanni Acuto e da Francesco Novello da Carrara, figlio del signore di Padova. La battaglia è considerata la più grande vittoria di Giovanni Acuto, che attirò in una trappola e sgominò i veronesi dopo aver finto di ritirarsi.Nel fronte orientale passarono alla controffensiva i cividalesi, che respinero gli udinesi a Savorgnan (30 luglio 1387), bombardando e costringendo alla resa Sacile (6 agosto 1387), ma furono sconfitti dagli udinesi agli ordini di Colloredo al passo del Torre (1º ottobre 1387). Il castello di Artegna venne distrutto.La sconfitta di Castagnaro segnò la fine della lunga egemonia degli Scaligeri, che dopo qualche mese sarebbero stati cacciati da Verona dalle truppe viscontee. Il signore di Verona Antonio della Scala trovò rifugio presso il suocero Guido III da Polenta, signore di Ravenna, mentre il resto della famiglia si sparse in Italia e in Germania. Il grande successo ottenuto si rivelò una vittoria di Pirro per i Carraresi, che concordarono la spartizione dei territori scaligeri con Gian Galeazzo Visconti. Quest'ultimo non mantenne le promesse e dopo la cacciata degli Scaligeri, oltre a conquistare Verona, tenne per sé anche Vicenza, che a quel tempo faceva parte della signoria veronese e che era stata promessa a Francesco I da Carrara.Con le finanze ridotte allo stremo dalle molte guerre sostenute, nel 1387 la signoria padovana perse l'alleato Filippo d'Alençon, richiamato in Francia, e rimase definitivamente isolata dopo che i tradizionali alleati fiorentini si dichiararono neutrali sulla guerra. Il 29 maggio 1388, i Visconti strinsero alleanza con i veneziani con l'obiettivo di cacciare i Carraresi e spartirsi i loro domini. Francesco I si vide costretto a rinunciare alla signoria in favore del figlio Francesco Novello, che nel novembre successivo si arrese ai milanesi. Quello stesso anno Filippo d'Alençon rinunciò all'investitura di patriarca, ponendo formalmente fine al conflitto.
John Hawkwood, italianizzato in Giovanni Acuto (Sible Hedingham, 1320 circa – Firenze, 14 marzo 1394), è stato un condottiero e capitano di ventura inglese. Fu signore di Bagnacavallo, Bertinoro, Caraglio, Castrocaro Terme, Conselice, Cotignola, Faenza, Gazzuolo, Massa Lombarda, Montecchio Vesponi e Santarcangelo di Romagna. Fu Filippo Villani, cronista fiorentino vissuto tra il 1325 e il 1407, ad apporre a John Hawkwood il soprannome italiano di Giovanni Acuto, che lo caratterizzò nel corso della sua carriera.
Francesco I da Carrara, detto Francesco il Vecchio (Padova, 29 settembre 1325 – Monza, 6 ottobre 1393), è stato un politico e condottiero italiano, signore di Padova da 1345 al 1388.
Cesario, o Cesareo (Nordafrica, I secolo – Terracina, II secolo), è stato un diacono e martire della Chiesa, venerato come santo da tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi. Secondo la tradizione sarebbe stato figlio di cittadini romani discendenti dalla rinomata Gens Iulia, stanziata a Cartagine durante la riorganizzazione dei territori africani da parte di Gaio Giulio Cesare. Convertito al cristianesimo e divenuto diacono, si è dedicato all'evangelizzazione. Nel corso di un viaggio verso Roma, Cesario è approdato a Terracina, dove - al tempo dell'imperatore Marco Ulpio Nerva Traiano - ha subito il martirio, chiuso in un sacco e gettato nel mare, per aver protestato contro una macabra usanza pagana. A partire dal IV secolo, a seguito della traslazione delle sue spoglie da Terracina alla Domus Augustana sul colle Palatino, San Cesario è stato uno dei martiri più celebri e venerati a Roma (una celebrità confermata dal fatto che gli vennero dedicati molti santuari, oratori e monasteri); il suo nome è servito per soppiantare il culto pagano di Giulio Cesare, dell'imperatore Cesare Ottaviano Augusto e dei Divi Cesari (gli imperatori romani). In tal modo, San Cesario ha annunciato il nuovo carattere cristiano della potenza dei Cesari e il suo oratorio sul Palatino, nel cuore della Roma antica, è servito come punto di riferimento per la cristianizzazione dell'Impero. Il culto del santo è molto diffuso nel mondo, intensificato attraverso le varie traslazioni delle sue reliquie, donate dai papi, imperatori, re, santi, Padri della Chiesa, vescovi, duchi e cavalieri.
La battaglia di Castagnaro è stata combattuta l'11 marzo 1387 tra l'esercito degli Scaligeri, signori di Verona, e quello dei Carraresi, signori di Padova. Ebbe luogo presso Castagnaro, odierna cittadina in provincia di Verona. Fu una delle più grandi battaglie dell'epoca dei capitani di ventura ed è considerata la più grande vittoria di John Hawkwood, il condottiero inglese conosciuto in Italia come Giovanni Acuto, che era al comando delle truppe padovane.
Ascoli Piceno (/ˈaskoli piˈʧɛno/ ; Ašculë in dialetto ascolano) è un comune italiano di 47 129 abitanti, capoluogo dell'omonima provincia nelle Marche. Il centro storico è costruito quasi interamente in travertino e in esso si trova la rinascimentale piazza del Popolo. Sede vescovile, conserva diverse torri gentilizie e campanarie e per questo è chiamata la Città delle cento torri. È l'unica città della regione ad avere due teatri storici, il Ventidio Basso e il Filarmonici. La città è anche conosciuta per l'oliva ascolana, specialità gastronomica nata ad Ascoli Piceno e diffusa in tutto il territorio italiano e al di fuori dei confini nazionali.