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La spedizione siracusana in Africa fu organizzata dal tiranno di Siracusa Agatocle e vide l'esercito siracusano sbarcare in Africa – antica Libye – con l'intento di porre un freno all'espansione di Cartagine. Gli eventi che seguirono si svolsero nell'arco di quattro anni, dal 310 al 307 a.C. La marcia di Agatocle, incominciata nei pressi di Capo Bon, si diresse in una prima fase verso est e in una seconda fase verso ovest. Mentre era rivolto a oriente, Agatocle inviò dei suoi ambasciatori nella Cirenaica coinvolgendo sia il governatore della regione greca Ofella e sia il satrapo d'Egitto Tolomeo I Soter, che diverrà un suo stretto alleato. La guerra in Africa di Agatocle coinvolse anche la città di Atene e una larga parte della Grecia, la quale ricevendo da Ofella l'invito a partecipare alla campagna bellica siracusana mandò a Cirene i suoi soldati e suoi coloni con l'intento di formare, dopo aver sconfitto Cartagine, un regno ellenistico nella parte occidentale dell'Africa. I propositi bellici di Agatocle non prevedevano una colonizzazione, per cui entrò in contrasto con Ofella. Dopo aver ucciso il compagno di Alessandro Magno, il Siracusano si fece comandante di tutte le truppe e le condusse nella parte ovest del continente africano. Conquistò numerose città e portò dalla sua parte la quasi totalità degli alleati libici - che abbandonarono Cartagine rendendola pericolosamente vulnerabile –, ma il sopraggiungere di allarmanti notizie dalla patria distrasse Agatocle dal conflitto; questi dovette partire per sedare i gravi disordini scoppiati in Sicilia. L'esercito rimasto in Africa fu affidato al comando di suo figlio Arcagato. Quando finalmente fece ritorno nelle Libye, Agatocle trovò la situazione totalmente capovolta: i Cartaginesi, durante la sua assenza, avevano assalito con micidiali imboscate i Siracusani, decimandoli. Agatocle provò un'ultima volta ad affrontare a viso aperto i soldati di Cartagine, ma l'inferiorità numerica e il terreno accidentato giocarono a suo sfavore. Il Siracusano, che in Africa prese il titolo di basileus, abbandonò l'impresa nel 307 a.C. e tornò in Sicilia privo di uomini e con una sola nave. È oggetto di discussione se Agatocle avesse o meno l'intenzione di ritornare celermente in Africa. Quel che rimase del suo esercito, sentendosi tradito, gli uccise i figli, scatenando la sua tremenda vendetta contro i Siracusani rimasti in patria. L'esercito siracusano e Agatocle giunsero infine a separati accordi di pace con Cartagine, la quale patì non pochi traumi durante la guerra africana, che alla fine la vide comunque vincitrice.
Pirro (in greco antico: Πύρρος, Pýrrhos, "il colore del fuoco, rosso biondo"; 318 a.C. – Argo, 272 a.C.) è stato re dell'Epiro tra il 306 e il 300 a.C. e di nuovo nel periodo 298-272 a.C. Appartenente alla casa degli Eacidi (che dichiarava di discendere da Neottolemo, figlio di Achille) e imparentata agli Argeadi e quindi ad Alessandro Magno, dal 306 a.C. fu re della sua gente, i Molossi, tribù preponderante dell'antico Epiro nei periodi 288-285 a.C. e 273-272 a.C. La storia lo accredita come uno dei principali antagonisti della Repubblica romana.Fu uno dei condottieri alessandrini più rilevanti, tanto che Annibale lo ritenne il più astuto degli strateghi. Fu però anche abile diplomatico e valido propagandista del proprio stesso mito: diffuse la voce che Achille e Eracle fossero suoi avi. Il libro di storie di Timeo di Tauromenio si conclude con le sue gesta e Plutarco gli dedicò una delle sue Vite parallele, raffrontandolo a Gaio Mario.
Le campagne belliche di Agatocle in Italia e in Adriatico si svolsero tra il 301 a.C. e il 295 a.C. e vennero condotte dal basileus siracusano Agatocle.
Agatocle (AFI: /aˈɡatokle/; in greco antico: Ἀγαθοκλῆς; in latino: Agathŏcles; Terme, 361 a.C. o 360 a.C. – Siracusa, 289 a.C.) è stato tiranno di Siracusa dal 317/316 a.C. e basileus di Sicilia dal 307 a.C. o dal 304 a.C. fino alla morte. Nacque da una famiglia di umili origini e, grazie alla sua prestanza fisica e abilità militare, riuscì ben presto a scalare le vette del potere della Pentapoli di Siracusa. Nel contesto della guerra civile di Siracusa, divenne prima capo fazione dei democratici e in seguito venne nominato «stratega e custode della pace». Alla fine della guerra prese, con un atto di forza, il titolo di strategòs autokrátor e instaurò a Siracusa una nuova tirannide. Il suo governo fu in linea con quelli sorti in epoca ellenistica, segnata da numerosi conflitti bellici e nuove scoperte territoriali. Durante la riaccesa ostilità tra Cartagine e i Sicelioti, Agatocle affrontò per la prima volta i Cartaginesi su suolo africano durante la spedizione siracusana in Africa, andando a minare le certezze dell'inviolato impero dei Punici. Sotto il suo comando i Siracusani rimasero quattro anni nell'antica Libye (dal 310 al 307 a.C.) ma, dopo una serie di clamorosi successi, una disfatta militare costrinse Agatocle a fare ritorno in Sicilia, dove con la battaglia di Torgio affrontò e vinse definitivamente la fazione oligarchica che gli si opponeva. Conclusa la pace con Cartagine, si autonominò primo re di Sicilia, prendendo la corona sull'esempio dei diadochi di Alessandro Magno. Si dedicò al consolidamento del suo regno e alla difesa della grecità italiota; nel 301/300 a.C. sbarcò in Magna Grecia, dove ingaggiò un conflitto armato contro le popolazioni italiche, e da qui giunse sul mar Ionio e sull'Adriatico per affrontare su mare e su terra le truppe di Cassandro, re di Macedonia. Dopo aver sconfitto il diadoco, Agatocle fece sposare sua figlia Lanassa con Pirro, re dell'Epiro, e strinse rapporti con il faraone d'Egitto, Tolomeo I, sposando la figlia della regina Berenice I, Teossena, principessa adottiva del faraone. Negli ultimi anni della sua vita presentò suo figlio Agatocle II come legittimo erede al trono e lo fece riconoscere tale dal nuovo re di Macedonia, Demetrio Poliorcete, che in qualità di alleato si unì in seconde nozze con la figlia Lanassa. Agatocle ebbe in tutto sei figli, ma nessuno di essi prese il suo posto sul trono siceliota: violente lotte dinastiche impedirono ad Agatocle di continuare la propria basileia, tanto da decidere in punto di morte di restaurare la democrazia nominando ufficialmente, in assemblea, suo erede il «popolo di Siracusa».