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Il traforo del Monte Bianco (in francese, tunnel du Mont-Blanc) è un tunnel autostradale che collega Courmayeur, in Valle d'Aosta, a Chamonix, nel dipartimento francese dell'Alta Savoia, congiungendo la regione Alvernia-Rodano-Alpi alla Valle d'Aosta: queste due comunità hanno in comune importanti legami socio-linguistici e il fatto di fondare il loro sviluppo economico sul turismo. Costruito congiuntamente tra Italia e Francia con i lavori di costruzione che ebbero inizio nel 1957 e terminarono nel 1965, l'anno dell'apertura, è costituito da una galleria unica a doppio senso di circolazione e rappresenta una delle maggiori vie di trasporto transalpino, con la parte italiana, nella rete autostradale, classificata come «traforo T1».
Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont è un saggio scritto dalla giornalista e scrittrice Tina Merlin, edito nel 1983 da La Pietra, successivamente riedito nel 1993 da Il Cardo, con prefazione di Giampaolo Pansa e titolo Vajont 1963. La costruzione di una catastrofe, quindi ripubblicato dal 1997 da Cierre Edizioni con il suo titolo originario e un'ulteriore prefazione di Marco Paolini. Narra le vicende che hanno condotto al disastro del Vajont, approfondendo le responsabilità e gli errori alla base di una delle maggiori tragedie civili italiane.
Monte Sacro è il sedicesimo quartiere di Roma, indicato con Q. XVI. Il toponimo indica anche la zona urbanistica 4A del Municipio Roma III (ex Municipio Roma IV) di Roma Capitale. Il nome deriva dall'omonimo monte, in realtà una collina di circa 50 metri, che sorge sulla riva destra del fiume Aniene poco prima che confluisca nel Tevere.
Il Monte Bianco (Mont Blanc in francese e in arpitano) è la montagna più alta delle Alpi, d'Italia, di Francia, con i suoi 4.808,72 m di altitudine (ultima misura ufficiale il 13 settembre 2017), e secondo alcune convenzioni, dell'Europa, da cui il soprannome, a volte usato, di Re delle Alpi, condividendo assieme al monte Elbrus nel Caucaso un posto tra le cosiddette Sette Vette del Pianeta. Posta nel settore delle Alpi Nord-occidentali, lungo la sezione alpina delle Alpi Graie, sulla linea spartiacque tra la Valle d'Aosta (val Veny e val Ferret in Italia) e l'Alta Savoia (valle dell'Arve in Francia), nei territori comunali di Courmayeur e Chamonix, dà il nome all'omonimo massiccio, appartenente alla sottosezione delle Alpi del Monte Bianco. Prevalentemente di natura granitica, irta di guglie e di creste, intagliata da profondi valloni nei quali scorrono numerosi ghiacciai, è considerata una montagna di grande richiamo per l'alpinismo internazionale e, dal punto di vista della storiografia alpinistica, la nascita dell'alpinismo stesso coincide con la data della sua prima ascensione: l'8 agosto 1786.
Il racconto del Vajont, conosciuto anche come Vajont 9 ottobre '63 - Orazione civile, è un monologo teatrale del 1993 di Marco Paolini. Scritto da Paolini e dal regista Gabriele Vacis assieme a Gerardo Guccini e Alessandra Ghiglione, e interpretato dallo stesso Paolini, si tratta di un'«orazione civile» inerente agli eventi che portarono al disastro del Vajont, narrati dall'inizio della costruzione dell'omonima diga nel 1956, alla frana del 9 ottobre 1963 che costò la vita a quasi duemila persone.
La funivia dei Ghiacciai era un impianto a fune, che collegava Courmayeur e Chamonix, realizzato tramite vari tratti passanti sopra il massiccio del Monte Bianco. L'impianto è stato ammodernato nel 2015 e oggi si chiama Skyway Monte Bianco.
Erto e Casso (Nert e Cas nei rispettivi dialetti locali) è un comune italiano sparso di 373 abitanti del Friuli-Venezia Giulia, appartenente all'UTI delle Valli e delle Dolomiti Friulane, che comprende il capoluogo Erto e la frazione Casso, ormai quasi spopolata anche a causa del disastro del Vajont del 9 ottobre 1963.
Il disastro del Vajont è stato un disastro ed umano verificatosi la sera del 9 ottobre 1963, nel neo-bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont nell'omonima valle (al confine tra Friuli e Veneto), dovuto alla caduta di una frana dal soprastante pendio del Monte Toc nelle acque del bacino alpino realizzato con l'omonima diga; la conseguente tracimazione dell'acqua contenuta nell'invaso, con effetto di dilavamento delle sponde del lago, coinvolse prima Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago dopo la costruzione della diga, mentre il superamento della diga da parte dell'onda generata provocò l'inondazione e la distruzione degli abitanti del fondovalle veneto, tra cui Longarone, e la morte di 2018 persone. Le cause della tragedia, dopo numerosi dibattiti, processi e opere di letteratura, furono ricondotte ai progettisti e dirigenti della SADE, ente gestore dell'opera fino alla nazionalizzazione, i quali occultarono la non idoneità dei versanti del bacino, a rischio idrogeologico. Dopo la costruzione della diga si scoprì infatti che i versanti avevano caratteristiche morfologiche (incoerenza e fragilità) tali da non renderli adatti ad essere lambiti da un serbatoio idroelettrico. Nel corso degli anni l'ente gestore e i suoi dirigenti, pur essendo a conoscenza della pericolosità, anche se supposta inferiore a quella effettivamente rivelatasi, coprirono con dolosità i dati a loro disposizione, con beneplacito di vari enti a carattere locale e nazionale, dai piccoli comuni interessati fino al Ministero dei lavori pubblici.