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Autore principale: Checcacci, , Angiolo
Pubblicazione: Firenze : Consiglio regionale della Toscana, 2012
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il campo di concentramento di Dachau fu il primo campo di concentramento nazista, aperto il 22 marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler. Iniziò così per Dachau un periodo drammatico che vide legato indissolubilmente il nome della città al campo di concentramento. Dachau servì da modello a tutti i campi di concentramento, di lavoro forzato e di sterminio nazisti eretti successivamente e fu la scuola d'omicidio delle SS che esportarono negli altri lager Lo spirito di Dachau, il terrore senza pietà. Nel campo transitarono circa 200.000 persone e, secondo i dati del Museo di Dachau, 41.500 vi persero la vita. I deportati in arrivo dovevano percorrere una larga strada curata, la Lagerstrasse, al termine della quale era situato il cosiddetto Jourhaus, la "porta dell'inferno", il simmetrico edificio del comando di campo con una posticcia torretta di guardia sul tetto. Lo Jourhaus è attraversato nel mezzo da un grande arco d'ingresso al campo, completamente chiuso, a sua volta, da un esteso cancello in ferro battuto a due ante; al centro di esso un altro cancello più piccolo che reca la scritta: Arbeit macht frei. Con gli anni questo cinico slogan di Dachau, che significa "Il lavoro rende liberi", venne poi utilizzato in numerosi altri nuovi campi che via via si andavano costruendo, diventando il simbolo stesso della menzogna nazista sui lager. Il lavoro in quei luoghi infatti non liberò mai nessuno ma fu anzi usato come strumento di morte primario per il genocidio scientifico degli "indesiderabili", ritenuto vantaggioso per l'economia del Reich. Il campo di Dachau, insieme a quello di Auschwitz, è divenuto nell'immaginario collettivo il simbolo dei lager nazisti.
Lager è un termine tedesco che indica i campi di concentramento (in tedesco: Konzentrationslager, abbreviato in KL o KZ), i campi di sterminio (in tedesco: Vernichtungslager) e i campi di lavori forzati (in tedesco: Arbeitslager), voluti da Adolf Hitler e utilizzati dalla Gestapo; la legge diceva per confinare e rieducare, ma i nazisti in realtà li adoperavano per la repressione degli oppositori politici (comunisti, socialdemocratici, obiettori di coscienza) a partire dal 1933 e dalle Schutzstaffel nell'ambito della campagna antisemita, a partire dal pogrom della Notte dei cristalli il 9 e 10 novembre 1938 in Germania, Austria e Cecoslovacchia e successivamente vennero usati per la detenzione, per la pena di morte e lo sterminio degli ebrei e di altre categorie di indesiderati (zingari, omosessuali, apolidi, testimoni di Geova e altre minoranze), marcati con contrassegni colorati, . Il termine Lager in tedesco significa sia "campo" che "magazzino", si scelse quella parola quindi per significare che quello era un luogo (analogamente ai gulag sovietici) in cui esercitare una stretta sorveglianza su un considerevole numero di individui, chiamati "pezzi". I guardiani dei Lager erano le SS-Testa di morto e assassini brutali (SS-Totenkopfverbände), coadiuvati dai kapò e dai Sonderkommando. Il governo tedesco dal 1933 al 1945, fece costruire 20.000 Lager. I più noti campi di concentramento della Germania, Austria, Polonia, furono quelli di Auschwitz, Buchenwald, Birkenau, Dachau, Mauthausen,,. I Lager in Italia, furono il Ferramonti, la Risiera di San Sabba, il campo di Fossoli, e altri a Bolzano, a Borgo San Dalmazzo, a Grosseto, in Puglia. Le vittime dei Lager presenti nei vari stati (Germania, Austria, Polonia, Italia, Francia ...) ammontano a circa 11 milioni di persone morte, di cui 6 milioni di religione ebraica (5.919.482 è il numero di persone ebree che si ottiene sommando le vittime di campi grandi e piccoli) dal 1933 al 1945.
Il negazionismo dell'Olocausto è una corrente di pensiero antistorica e antiscientifica il cui principale assunto è la negazione della veridicità dell'Olocausto, ossia del genocidio degli ebrei da parte della Germania nazista. Questa teorizzazione, attraverso l'uso spregiudicato e ideologizzato di uno scetticismo storiografico portato all'estremo, nega una serie di eventi connessi al fascismo e al nazismo; secondo questa teoria, l'Olocausto stesso sarebbe un'enorme finzione, funzionale alla demonizzazione della Germania, alle politiche sotterraneamente perseguite dai circoli ebraici mondiali e alla creazione e difesa dello Stato d'Israele. I sostenitori di queste tesi si descrivono come persone che pretendono prove e come "storici revisionisti" interessati a rivedere gli studi attuali, che essi definiscono in diversi modi, quali "olocaustomania", "menzogna olocaustica", "sacra vulgata olocaustica". L'uso del termine "revisionismo" anziché "negazionismo" è contestato dalla comunità scientifica, che vi vede un tentativo di occultare dietro un termine dal legittimo uso accademico (revisionismo storiografico) un'operazione di minimizzazione e negazione di fatti acquisiti. Sono state quindi coniate espressioni che fanno invece leva sulla parola "negazione", rilevando come lo scopo sia unicamente quello di "negare" la veridicità storica della Shoah. In alcuni paesi (Austria, Francia, Germania e Belgio) la negazione dell'Olocausto è configurata come illecito, mentre in altri (Israele, Portogallo e Spagna) è punita la negazione di qualsiasi genocidio. Norme antinegazioniste sono state introdotte anche nell'ordinamento dei seguenti stati: Nuova Zelanda, Svezia, Australia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lituania, Polonia, Italia (dove è previsto dal 2016 come aggravante del reato di propaganda di odio razziale ma non come fattispecie a sé) e Romania. In genere è prevista come pena la reclusione, che in alcuni paesi può arrivare sino a dieci anni. Nel 2007 le Nazioni Unite hanno approvato una risoluzione degli Stati Uniti che "condanna senza riserve qualsiasi diniego dell'Olocausto e sollecita tutti i membri a respingerlo, che sia parziale o totale, e a respingere iniziative in senso contrario". I negazionisti considerano queste leggi come un mezzo di limitare la libertà di parola e una difesa degli storici "olocaustici", con la forza della legge.
La risiera di San Sabba è stato un lager nazista, situato nella città di Trieste, utilizzato come campo di detenzione di polizia (Polizeihaftlager), nonché per il transito o l'uccisione di un gran numero di detenuti, in prevalenza prigionieri politici o ebrei. Oltre ai prigionieri destinati ad essere uccisi o deportati, vi furono imprigionati anche diversi civili catturati nei rastrellamenti o destinati al lavoro forzato. Le vittime (stimate fra le 3000 e le 5000, sulla scorta delle testimonianze raccolte) venivano fucilate, uccise con un colpo di mazza alla nuca, impiccate oppure avvelenate con i gas di scarico di furgoni appositamente attrezzati. A causa di queste uccisioni, la risiera di San Sabba viene alle volte definita "campo di sterminio", anche se questa definizione (in tedesco Vernichtungslager) è riservata dalla storiografia internazionale ad una serie di strutture - quasi esclusivamente situate in Polonia - la cui principale o esclusiva attività era quella dell'eliminazione fisica dei deportati. Del lager faceva parte un forno crematorio, di concezione rudimentale, che veniva utilizzato per bruciare i cadaveri. Oggi la risiera è divenuta un museo. Nel 1965 è stata dichiarata monumento nazionale.
Il campo di concentramento (o internamento) è una struttura carceraria all'aperto adatta alla detenzione di civili e/o militari. Si tratta solitamente di una struttura provvisoria, adatta a detenere grandi quantità di persone, in genere prigionieri di guerra, destinati a essere scambiati o rilasciati alla fine del conflitto. Comunemente è formato dalle baracche o container disposti ordinatamente, contenenti dormitori, refettori, uffici e analoghe costruzioni necessarie alla reclusione dei prigionieri, e circondate da reticolati di filo spinato o altri tipi di barriere. Il perimetro del campo era sorvegliato da ronde di guardie armate. I metodi e le finalità di sistematica eliminazione dei prigionieri, attuati in queste strutture nel XIX secolo nella guerra di secessione americana da ambedue le parti in conflitto, e nel XX secolo, soprattutto da parte degli inglesi durante la seconda guerra boera, nella Germania nazista e nell'Unione Sovietica negli anni intorno alla seconda guerra mondiale, hanno fatto sì che nel linguaggio comune campo di concentramento sia spesso assimilato a campo di sterminio, che ne è invece un sottotipo anomalo. Il trattamento di prigionieri civili e militari nei campi di internamento in tempo di guerra è regolato dalla III e IV Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949. I campi d'internamento sono tuttora usati da unità politiche in guerra, regimi illiberali o come soluzione estrema nella regolazione dei flussi migratori verso alcuni paesi (campo per rifugiati).
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