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Autore principale: Cocchi, Giuseppe; Lubello, Claudio; Santianni, Daniela
Pubblicazione: Firenze : Polistampa, 2017
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Nel diritto internazionale, secondo la Convenzione di Montego Bay del 1982, attualmente in vigore, sono considerate acque internazionali quelle acque marine che non possiedono i requisiti delle acque interne e territoriali, il cui regime viene equiparato a quello del territorio dello Stato costiero. Altri autori associano il concetto di "acque internazionali" a quello di alto mare, termine che designa l'area del mare posta di là dalla Zona economica esclusiva, oltre le 200 miglia marine dalla costa, e che non è sottoposta alla sovranità di alcuno Stato. L'origine del termine "acque internazionali" è da ricercarsi come contrapposizione alle "acque nazionali" (territoriali), che possono avere un'estensione massima di 12 miglia nautiche, e trova giustificazione nel fatto che quasi tutte le caratteristiche proprie dell'alto mare vengono estese, dalla citata convenzione, alla Zona economica esclusiva (che comprende anche la Zona Contigua).
Col termine acque territoriali o mare territoriale si considera in diritto internazionale quella porzione di mare adiacente alla costa degli Stati; su questa parte di mare lo Stato esercita la propria sovranità territoriale in modo del tutto analogo al territorio corrispondente alla terraferma, con alcuni limiti. Il principio del mare territoriale si contrappone al generico principio consolidato in secoli di storia del mare libero, affermatosi grazie ai Paesi Bassi e che permetteva l'uso delle acque in via generale a tutti senza la possibilità di bloccare commerci e transiti altrui. La disciplina e la regolamentazione delle acque territoriali, prima rimessa quasi esclusivamente alle consuetudini internazionali, è stata poi regolata da alcune convenzioni, come la Convenzione di Ginevra sul mare territoriale e la zona contigua del 1958 e la Convenzione di Montego Bay del 1982, che è quella attualmente in vigore.
In chimica ambientale e ingegneria ambientale le acque reflue o di scarico sono tutte quelle acque la cui qualità è stata pregiudicata dall'azione antropica dopo il loro utilizzo in attività domestiche, agricole e industriali, diventando quindi non idonee a un loro uso diretto in quanto contaminate da diverse tipologie di sostanze organiche e inorganiche pericolose per la salute pubblica e per l'ambiente naturale. Per tale motivo non possono essere reimmesse direttamente nell'ambiente poiché i recapiti finali come terreno, mare, fiumi e laghi non sono in grado di ricevere una quantità di sostanze inquinanti superiore alla propria capacità autodepurativa senza vedere compromessi i normali equilibri dell'ecosistema. Il tenore di sostanze organiche biodegradabili viene comunemente misurato come BOD (domanda biochimica di ossigeno) o COD (domanda chimica di ossigeno).
Cattive acque (Dark Waters) è un film del 2019 diretto da Todd Haynes, sceneggiato da Mario Correa e Matthew Michael Carnahan, distribuito da Focus Features e interpretato da Mark Ruffalo, Anne Hathaway, Tim Robbins, Victor Garber, Mare Winningham, William Jackson Harper e Bill Pullman. Il film racconta il caso di Robert Bilott contro la società di produzione di prodotti chimici DuPont a seguito dello scandalo dell'inquinamento idrico di Parkersburg con prodotti chimici non regolamentati. Il film è basato sull'articolo del 2016 del New York Times Magazine The Lawyer Who Became DuPont's Worst Nightmare di Nathaniel Rich. Bilott ha anche scritto un libro di memorie, intitolato Exposure, che descrive in dettaglio la sua ventennale battaglia legale contro la DuPont.
Il trattamento delle acque reflue (o depurazione delle acque reflue), nell'ingegneria ambientale e chimica, indica il processo di rimozione dei contaminanti da un'acqua reflua di origine urbana o industriale, ovvero di un effluente che è stato contaminato da inquinanti organici e/o inorganici.
Le acque aggressive per i calcestruzzi armati sono acque che agendo sul manufatto cementizio indurito possono reagire con alcuni dei suoi componenti, aumentandone la porosità, causando fessurazioni ed innescando l'ossidazione delle armature, rendendo il manufatto più vulnerabile all'azione dell'ambiente e di conseguenza riducendone il grado di durabilità. Per tale motivo, per la produzione del calcestruzzo, devono essere impiegate solo acque potabili e di riciclo conformi alla UNI EN 1008.
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