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Autore principale: Peruzzi, Walter; Guaglianone, Roberto
Pubblicazione: Firenze : Regione Toscana, 2000
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
L'immigrazione è il trasferimento permanente o temporaneo di singoli individui o di gruppi di persone in un paese o luogo diverso da quello di origine. Il fenomeno corrispondente opposto è l’emigrazione.
L'immigrazione illegale (o immigrazione clandestina o immigrazione irregolare) è l'ingresso o il soggiorno di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del Paese di destinazione. Lo status degli immigrati illegali è, nella maggior parte dei casi, temporaneo. Può accadere che persone entrate clandestinamente, senza presentare le proprie generalità ai controlli di frontiera, riescano successivamente a sanare la loro posizione sul territorio, tramite "sanatorie" o "regolarizzazioni". Viceversa persone entrate legalmente sul territorio possono restarvi per un tempo superiore al previsto e divenire quindi "irregolari" (“overstaying”, cioè soggiornanti oltre il tempo consentito), non riuscendo a rientrare nelle casistiche previste per ciascuna "sanatoria". In altri casi, gli immigrati illegali possono essere detenuti e/o espulsi dal Paese in cui vi risiedono clandestinamente a seguito di decreti d'espulsione. Gli immigrati clandestini sono spesso mossi dalla ricerca di condizioni economiche migliori, provenendo generalmente da Paesi poveri; persone provenienti da Paesi in guerra civile, o in cui non vengono rispettati i diritti civili, hanno invece diritto allo status di rifugiato. L'immigrazione illegale, così come quella regolare, è un fenomeno di cui sono oggetto generalmente i Paesi più ricchi e segue rotte e modalità di trasporto svariate. Tali spostamenti vengono definiti irregolari se avvengono senza la necessaria documentazione e, peraltro, di frequente coinvolgono trafficanti di esseri umani, talvolta costituiti in vere e proprie organizzazioni criminali dirette al loro sfruttamento. Le persone che si muovono in questa maniera spesso mettono a rischio la propria vita, sono obbligate a viaggiare in condizioni disumane e possono essere oggetto di sfruttamento e abuso. Da un punto di vista politico, l'immigrazione clandestina va a toccare una serie di grandi aspetti sociali, quali: l'economia, il welfare state, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, la schiavitù, la prostituzione, le protezioni giuridiche, il diritto di voto, i servizi pubblici, i diritti umani, la criminalità.
L'immigrazione in Italia cominciò a raggiungere dimensioni significative all'incirca dagli anni 1970, per poi diventare un fenomeno caratterizzante della demografia italiana nei primi anni del terzo millennio. Secondo le definizioni fornite dall'ISTAT, la popolazione immigrata non va confusa con la popolazione straniera: la popolazione immigrata è composta da tutti i residenti che sono nati all'estero con cittadinanza straniera, anche se hanno successivamente acquisito la cittadinanza italiana; mentre la popolazione straniera è composta da tutti i residenti che hanno cittadinanza straniera, anche se sono nati in Italia. Secondo Eurostat, al 1º gennaio 2017 l'Italia era il quarto Paese dell'U.E. per popolazione immigrata, ovvero nata all'estero, con 6,1 milioni di immigrati, dopo Germania (12,1 milioni), Regno Unito (9,3 milioni) e Francia (8,2 milioni), appena davanti alla Spagna (6,0 milioni). Era invece il terzo Paese dell'Unione Europea per popolazione straniera, con 5 milioni di cittadini stranieri, dopo Germania (9,2 milioni) e Regno Unito (6,1 milioni) e davanti a Francia (4,6 milioni) e Spagna (4,4 milioni). Per numero di stranieri (inclusi gli apolidi) in percentuale rispetto al totale della popolazione residente, l'Italia si classificava al quattordicesimo posto (su 28) nell'Unione Europea (con l'8,3% di immigrati sul totale della popolazione).
L'immigrazione negli Stati Uniti d'America si riferisce a quel fenomeno di portata internazionale che ha portato persone residenti in ogni continente a stabilirsi nella nazione fin dai primi anni dell'era pionieristica. L'immigrazione è stata la principale fonte di crescita demografica e politica degli Stati Uniti e ha contribuito in gran parte all'arricchimento culturale della storia statunitense. Gli aspetti sociopolitici ed economici che porta oggi l'immigrazione hanno creato l'apertura di dibattiti nazionali in materia come la diversità etnica e religiosa, crescita dell'occupazione degli stranieri in sfavore degli autoctoni, modelli insediativi, impatto ambientale e sociale, identità nazionale, appartenenza politica, criminalità, valori morali e abitudini. Oggi i flussi immigratori regolarizzati in contrasto allo spaventoso aumento dell'immigrazione clandestina, specie proveniente da paesi latinoamericani, hanno riaperto la questione dell'imposizione di nuove leggi sulla regolamentazione dell'immigrazione. Nel 2006 gli Stati Uniti, con un numero vicino ai 37,5 ml di stranieri residenti legalizzati, erano la prima nazione del mondo per numero di immigrati ospitati. Nel 2013, gli stranieri residenti negli Stati Uniti sono 41,347,945 su una popolazione totale di 316,497,531 individui.La recente immigrazione clandestina proveniente dal Messico ha portato alla rinascita di discussioni in materia, chiedendo il rafforzamento delle leggi anti clandestinità vigenti o l'applicazione di nuove per fronteggiare il flusso illegale oltrelimite. In ottemperanza alle richieste, nel 1994 iniziò la costruzione di una barriera da parte degli Stati Uniti per limitare l'immigrazione dal Messico.
A partire dal 1947 la legislazione in materia di immigrazione in Canada ha subito importanti cambiamenti, i più sostanziali sono avvenuti con l'Immigration Act del 1976 e con l'Immigration and Refugee Protection Act del 2002. Nel solo 2004 il Canada ha ricevuto 235.824 nuovi immigrati. I primi dieci paesi di provenienza sono stati la Cina con 37.280, l'India 28.183, le Filippine 13.900, il Pakistan 13.011, l'Iran 6.491, gli Stati Uniti 6.470, la Romania 5.816, il Regno Unito 5.353, la Corea del Sud 5.351 e la Colombia 4.600. Al censimento del 2001 il Canada contava 34 gruppi etnici con più di 100.000 persone ciascuno, e di questi dieci ne possedevano più di 1.000.000.
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