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Autore principale: Toscana. Direzione generale politiche formative, beni e attività culturali
Pubblicazione: Firenze : Regione Toscana, 2007
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
L'otto per mille (spesso abbreviato in 8xmille) è la quota di imposta sui redditi soggetti IRPEF, che lo Stato italiano distribuisce, in base alle scelte effettuate nelle dichiarazioni dei redditi, fra sé stesso e le confessioni religiose – attualmente sono dodici – che hanno stipulato un'intesa. È stata introdotta dall'art. 47 della legge n.222 il 20 maggio 1985, (durante il Governo Craxi I) in attuazione dell'Accordo di Villa Madama del 1984 tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, nella qualità di rappresentante della Chiesa cattolica. La norma stabilisce gli ambiti nei quali i soggetti beneficiari dell'otto per mille possano impiegare i fondi ricevuti, nonché il meccanismo di calcolo di tale quota. I contribuenti non sono tenuti a esercitare obbligatoriamente l'opzione per la destinazione dell'otto per mille, ma anche l'otto per mille del gettito fiscale di chi non effettua tale scelta o di chi è esonerato dalla dichiarazione dei redditi viene ripartito tra i soggetti beneficiari, in proporzione alle scelte espresse (mediamente il 42,73% dei contribuenti hanno espresso una scelta tra il 1990 e il 2007) e salvo rinuncia unilaterale dei medesimi. Nel 2014 la Corte dei Conti ha rilevato che i fondi destinati alle religioni sono “gli unici che, nell'attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati”. “Nel corso del tempo, il flusso di denaro si è rivelato così consistente da garantire l'utilizzo di ingenti somme per finalità diverse”, dando così vita “a un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana”.
Pietro Ichino (Milano, 22 marzo 1949) è un giurista, giornalista, politico, sindacalista e accademico italiano. Già deputato dal 1979 al 1983 come indipendente eletto nel Partito Comunista Italiano e senatore dal 2008 al 2013 eletto nel Partito Democratico, è senatore eletto nella circoscrizione Lombardia nella lista Con Monti per l'Italia e docente ordinario di Diritto del lavoro nell'Università degli Studi di Milano. A febbraio 2015, ritorna nel PD.
Il Rinascimento si sviluppò in Italia tra la fine del Medioevo e l'inizio dell'Età Moderna in un arco di tempo che va dall'inizio del quindicesimo secolo, fino alla fine del sedicesimo secolo. I suoi limiti cronologici conoscono ampie differenze tra discipline ed aree geografiche.Vissuto dalla maggior parte dei suoi protagonisti come un'età di cambiamento, maturò un nuovo modo di concepire il mondo e se stessi, sviluppando le idee dell'umanesimo, nato in ambito letterario nel quattordicesimo secolo per il rinato interesse degli studi classici, per opera soprattutto di Francesco Petrarca, e portandolo a influenzare per la prima volta anche le arti figurative e la mentalità corrente.
Giulio Andreotti (Roma, 14 gennaio 1919 – Roma, 6 maggio 2013) è stato un politico, scrittore e giornalista italiano. È stato tra i principali esponenti della Democrazia Cristiana, partito protagonista della vita politica italiana per gran parte della seconda metà del XX secolo. Ha partecipato a dieci elezioni politiche nazionali: è stato il candidato con il maggior numero di preferenze in Italia in quattro occasioni (nel 1958, nel 1972, nel 1979 e nel 1987) e il secondo nelle altre sei (nel 1948 e nel 1953, dietro Alcide De Gasperi; nel 1963 e nel 1968, dietro Aldo Moro; nel 1976 e nel 1983, dietro Enrico Berlinguer). Infine, nel 1991 è stato nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Dal 1945 al 2013 fu quindi sempre presente nelle assemblee legislative italiane: dalla Consulta nazionale all'Assemblea costituente, e poi nel Parlamento italiano dal 1948, come deputato fino al 1991 e successivamente come senatore a vita. Andreotti è stato il politico con il maggior numero di incarichi governativi nella storia della repubblica. Fu infatti: sette volte presidente del Consiglio e per 32 volte Ministro della Repubblica considerando anche gli incarichi ad interim: otto volte Ministro della difesa; cinque volte Ministro degli affari esteri; tre volte Ministro delle partecipazioni statali (tutte ad interim); tre volte Ministro del bilancio e della programmazione economica (una volta ad interim); tre volte Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato; due volte Ministro delle finanze; due volte Ministro dell'interno (il più giovane della storia repubblicana) a soli trentacinque anni, mentre la seconda volta lo fu ad interim nel suo 4º governo; due volte Ministro per i beni culturali e ambientali (ad interim); due volte Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno (nei governi Moro IV e Moro V); una volta Ministro del tesoro; una volta Ministro delle politiche comunitarie (ad interim). Nella storia della Repubblica Italiana Andreotti è il secondo Presidente del Consiglio per numero di giorni in carica, superato solo da Silvio Berlusconi. A cavallo tra XX e XXI secolo fu imputato in un processo per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Fu assolto in primo grado dal Tribunale di Palermo. La Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 2 maggio 2003, lo assolse per i fatti successivi al 1980 e dichiarò il "non luogo a procedere" per quelli anteriori a tale data per intervenuta prescrizione. L'organo giudicante ravvisò che Andreotti dimostrava "un'autentica, stabile, ed amichevole disponibilità verso i mafiosi" sino al 1980, mentre, da quell'anno in poi, portò avanti un "incisivo impegno antimafia condotto nella sede sua propria dell'attività politica". La Cassazione, infine, confermò la sentenza di appello condannando Andreotti al pagamento delle spese processuali.È stato sposato dal 1945 al 2013 (anno della sua morte) con Livia Danese (1921-2015), da cui ha avuto quattro figli: Lamberto (1950), Stefano, Serena e Marilena. Nel luglio 2007 ha donato l'archivio personale (incrementandone poi la dotazione documentaria fino alla scomparsa) all'Istituto Luigi Sturzo.
Gli spettacoli nell'antica Roma erano numerosi, aperti a tutti i cittadini ed in genere gratuiti; alcuni di essi si distinguevano per la grandezza degli allestimenti e per la crudeltà. I Romani frequentavano di preferenza i combattimenti dei gladiatori, quelli con bestie feroci (venationes), le riproduzioni di battaglie navali (naumachia), le corse di carri, le gare di atletica, gli spettacoli teatrali dei mimi e le pantomime. Quarant'anni dopo l'invettiva di Giovenale (n. tra il 55 e il 60–m. dopo il 127) che rimpiangeva la sobrietà e la severità repubblicana di un popolo che ormai aspirava solo al panem et circenses, al pane e agli spettacoli, Frontone (100-166), quasi con le stesse parole, descriveva sconsolato la triste realtà: La classe dirigente romana considerava infatti suo compito primario quello di distribuire alimenti una volta al mese al popolo e di distrarlo e regolare il suo tempo libero con gli spettacoli gratuiti offerti nelle festività religiose o in ricorrenze laiche.
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