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Autore principale: Pancaldi, Giuliano
L'origine delle specie è una tra le opere cardine nella storia scientifica e, senza dubbio, una delle più eminenti in biologia, scritta dal naturalista inglese Charles Darwin. Pubblicata per la prima volta il 24 novembre 1859, in essa Darwin spiegava la sua teoria dell'evoluzione, riportandovi le osservazioni che egli stesso aveva compiuto durante una spedizione, secondo cui «gruppi» di organismi di una stessa specie si evolvono gradualmente nel tempo attraverso il processo di selezione naturale, un meccanismo che venne reso noto per la prima volta a un pubblico non specialistico proprio grazie a questo libro. L'opera contiene dettagliate prove scientifiche che l'autore ebbe il tempo di accumulare sia durante il secondo viaggio del HMS Beagle nel 1831, sia al suo ritorno, preparando diligentemente la sua teoria e, contemporaneamente, rifiutando quella più in voga fino a quel tempo, il creazionismo, che ritiene le specie come il frutto della creazione di Dio e quindi perfette ed immutabili. Il libro risultò accessibile anche ai non specialisti e suscitò da subito un grande interesse.
Il secondo viaggio del HMS Beagle, dal 27 dicembre 1831 al 2 ottobre 1836, fu la seconda spedizione esplorativa compiuta con il brigantino HMS Beagle. Charles Darwin prese parte al viaggio intorno al mondo e compì le osservazioni naturalistiche che lo portarono a sviluppare la teoria dell'evoluzione per selezione naturale. Il Beagle attraversò l'Oceano Atlantico, compì dettagliate rilevazioni idrografiche lungo le coste della parte meridionale del Sud America, poi passò l'Oceano Pacifico, raggiunse Tahiti e l'Australia per poi concludere la circumnavigazione del globo. La spedizione era inizialmente pianificata per durare due anni, ma in realtà ne furono impiegati ben cinque. Il capitano fu Robert FitzRoy, che aveva preso il comando della nave durante il primo viaggio del Beagle dopo il suicidio del capitano Pringle Stokes. Fitzroy, temendo che la solitudine lo portasse ad una analoga depressione, chiese a Francis Beaufort, organizzatore della spedizione, di avere a bordo un gentleman di compagnia, ad esempio un naturalista che raccogliesse reperti ed osservazioni sulle terre sconosciute che si apprestavano a visitare. Fu così interpellato John Stevens Henslow, che dopo il rifiuto di Leonard Jenyns propose Darwin, allora ventiduenne. La scelta cadde sul giovane naturalista, nonostante Fitzroy fosse inizialmente contrario. I suoi tratti del volto indicavano infatti, secondo il capitano, adepta della frenologia, una mancanza di carattere. Darwin passò gran parte del tempo in esplorazioni sulla terraferma; tre anni e tre mesi sulla terra, diciotto mesi in mare. Queste ricerche lo resero famoso come naturalista, ma ottenne anche un'ottima reputazione come geologo e collezionista di fossili. La pubblicazione delle sue osservazioni ebbe molto successo e divenne un classico della letteratura con il nome The Voyage of the Beagle.
L'evoluzione, all'interno di una popolazione biologica, è il prodotto del mutamento dei caratteri trasmessi ereditariamente alle generazioni successive. A tale mutamento concorrono diversi fattori, quali le mutazioni genetiche (benché siano il più delle volte singolarmente poco significative, il loro lento accumularsi può portare alla comparsa di caratteristiche nuove), la selezione naturale, la deriva genetica. Il loro effetto determina l'evoluzione dei caratteri fino alla comparsa di nuove specie. Ogni organismo vivente sulla Terra condivide con gli altri un antenato comune, e questo è testimoniato dalle somiglianze tra i diversi organismi viventi (come la presenza in ognuno di acidi nucleici, di un identico codice genetico, di uguali amminoacidi) e dalla paleontologia. Charles Darwin lo aveva ipotizzato nella sua teoria, intuendo che l'evoluzione delle specie fosse determinante e vide nella selezione naturale il motore fondamentale dell'evoluzione della vita sulla Terra. Una prima conferma si ebbe con le leggi di Mendel sull'ereditarietà genetica dei caratteri, nel XIX secolo. Solo più tardi, grazie ai nuovi strumenti di indagine e con la scoperta del DNA i princìpi generali dell'evoluzione furono provati. La comunità scientifica dibatte ancora su alcuni aspetti teorici dell'evoluzione che restano un campo di ricerca estremamente vitale. Il concetto di evoluzione ha costituito una rivoluzione scientifica nell'intera cultura occidentale, ha stimolato riflessioni in ambito filosofico e ispirato teorie e modelli che toccano quasi ogni aspetto della conoscenza.
La natura umana è l'insieme delle caratteristiche distintive, compresi i modi di pensare, di sentire e di agire, che gli esseri umani tendono naturalmente ad avere, indipendentemente dall'influenza della cultura. Le questioni su ciò che queste caratteristiche sono, cosa le provoca, e come la natura umana è fissata, sono tra le questioni più antiche e importanti della filosofia occidentale. Queste domande hanno implicazioni particolarmente importanti in materia di etica, politica e teologia. Le complesse implicazioni di tali questioni sono trattate anche nell'arte e nella letteratura, mentre i molteplici rami delle scienze umane formano, insieme, un importante dominio di indagine sulla natura umana e della questione di cosa significa essere umani. La definizione di essere umano come essere superiore per la presenza in lui di un elemento incorporeo (mente, anima, spirito, ...) che lo rende capace di elaborare concetti, di operare scelte e di risponderne responsabilmente, non è una concezione intuitiva ma il risultato di una lunga elaborazione che dal pensiero greco arcaico arriva alla moderna antropologia filosofica. Tra i rami della scienza contemporanea associati allo studio della natura umana vi sono l'antropologia, la sociologia, la sociobiologia e la psicologia, in particolare la psicologia evoluzionista e dello sviluppo.
Record aggiornato il: 2023-06-29T01:42:01.436Z