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Autore principale: Chiti, Mario P.; Buonerba, Massimo
Serie: Studi e ricerche regionali ; 5
Serie: Studi e ricerche regionali ; 5
Serie: Studi e ricerche regionali ; 5
Serie: Studi e Ricerche Regionali ; 5
La pubblica amministrazione italiana (in acronimo PA), nell'ordinamento giuridico italiano, indica il complesso degli enti pubblici facenti parte della pubblica amministrazione della Repubblica Italiana.
Le 20 regioni d'Italia costituiscono il primo livello di suddivisione territoriale dello Stato italiano nonché un ente pubblico dotato di autonomia politica e amministrativa sancita e limitata principalmente dalla Costituzione della Repubblica Italiana (art. 114-133). Le regioni sono in numero di venti e, a eccezione della Valle d'Aosta e del Friuli-Venezia Giulia, sono ripartite in enti di area vasta, che possono essere di due tipi: le 88 province (tra cui 2 autonome del Trentino-Alto Adige e 6 liberi consorzi comunali siciliani) e le 14 città metropolitane. A livello puramente statistico sono considerate anche le 4 ex province del Friuli-Venezia Giulia e quella della Valle d'Aosta. Il livello amministrativo più piccolo all'interno delle regioni è il comune. La regione Trentino-Alto Adige si distingue dalle altre 19 regioni per il fatto che il potere decisionale (molto più avanzato che nelle altre regioni) è esercitato direttamente a livello provinciale con le province autonome di Trento e di Bolzano.
Il regionalismo, in Italia, è il processo di decentramento che ha portato a concedere autonomia legislativa e amministrativa alle regioni italiane. Il decentramento amministrativo è stato introdotto nel 1948 con la Costituzione Italiana, in cui viene esplicitamente citato all'articolo 5, come principio alternativo e opposto al principio dell'accentramento amministrativo. Il più ampio decentramento amministrativo viene realizzato concretamente attraverso l'attribuzione delle relative funzioni a organi diversi da quelli centrali, ovvero gli enti locali. Sebbene costituzionalmente previsto, il decentramento avvenne in maniera graduale e progressivo, in tema si ricordano la legge 16 maggio 1970, n. 281, la legge 22 luglio 1975, n. 382 e il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112. I suoi fautori sostengono che il decentramento regionale offra maggiori garanzie contro ogni attentato alla libertà: esso risponderebbe agli effettivi bisogni della vita del paese (autonomie amministrative che comportano una maggiore conoscenza dei problemi economici della singola regione), varia nella sua unità, e permetterebbe una struttura dello Stato più articolata e democratica.
La Direzione territoriale del lavoro (o anche DTL) era l'articolazione periferica, generalmente con competenza in ambito provinciale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ha sostituito la vecchia Direzione provinciale del lavoro, istituita con la legge 24 dicembre 1993 n. 538 (legge finanziaria per l'anno 1994). A seguito dell'istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro ai sensi del D. Lgs. n. 149/2015 sono state soppresse e le relative funzioni sono attualmente svolte dagli Ispettorati territoriali del lavoro. Diffusa pressoché su tutto il territorio nazionale constava di 74 direzioni territoriali. Non era presente in Sicilia e Trentino-Alto Adige.
Il circondario di decentramento amministrativo è stato un ente italiano intermedio tra provincia e comune, istituito sotto forma di unioni di comuni, come organo di decentramento delle funzioni regionali e provinciali e di accentramento di funzioni sovracomunali. Numerose Regioni hanno istituito circondari di decentramento tra gli anni settanta e anni '80 del XX secolo, spesso grosso modo coincidenti con i circondari giudiziari o con l'ambito di presenza di uffici pubblici statali, tra cui il Piemonte (Alba-Bra, Ivrea, Pinerolo, Verbano-Cusio-Ossola, Biella, Mondovì, Casale Monferrato, Saluzzo-Savigliano-Fossano), la Lombardia (Lodi, Lecco), Emilia-Romagna (Rimini), la Toscana (Prato), la Puglia (Barletta) e la Basilicata (Lagonegro, Melfi), anche sotto la spinta di rivendicazioni di autonomia provinciale dei relativi territori. I circondari erano solitamente sede anche di sezioni dei comitati regionali di controllo degli atti degli enti locali e di uffici di decentramento regionale, come anche nel caso della Sardegna (Tempio Pausania, Lanusei, Iglesias). Diversi di questi territori hanno infatti successivamente acquisito l'autonomia provinciale. Dal 2000, in base all'articolo 21 del "Testo unico degli enti locali" la provincia, "...in relazione all'ampiezza e peculiarità del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi, può disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi e la partecipazione dei cittadini". Il circondario è divenuto pertanto circoscrizione di decentramento amministrativo sub-provinciale e di aggregazione facoltativa di funzioni comunali e viene istituito direttamente dalla provincia di appartenenza, divenendo di fatto un comprensorio dalle funzioni e dimensioni ridotte, la cui costituzione non comporta alcuna modificazione nell'organizzazione e nella distribuzione degli uffici pubblici non provinciali. Sono stati così istituiti circondari nelle province di Terni (Orvieto), Torino (Ivrea, Pinerolo, Susa, Lanzo), Venezia (Veneto Orientale), Bologna (Imola), Forlì-Cesena (Forlì, Cesena), Firenze (Empolese-Valdelsa), Livorno (Val di Cornia), Siena (Val d'Elsa, Chianti Senese, Crete Senesi, Val di Chiana, Val d'Orcia-Amiata, Val di Merse), Reggio Calabria, (Stretto, Palmi e Locri). Dal 2010 i circondari provinciali esistenti sono stati soppressi.
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