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Titolo uniforme: Disoccupazione intellettuale e sistema scolastico in Italia
Autore principale: Barbagli, Marzio
Serie: Universale paperbacks ; 4
Serie: Universale paperbacks Il mulino ; 4
Serie: Universale paperbacks Il mulino ; 4
Serie: Universale paperbacks Il mulino ; 4
Serie: Universale paperbacks ; 4
L'Italia (/iˈtalja/, ), ufficialmente Repubblica Italiana, è uno Stato situato nell'Europa meridionale, il cui territorio coincide in gran parte con l'omonima regione geografica. L'Italia è una repubblica parlamentare e conta una popolazione di circa 60 milioni di abitanti. La capitale è Roma. La parte continentale, delimitata dall'arco alpino, confina a nord, da ovest a est, con Francia, Svizzera, Austria e Slovenia; il resto del territorio, circondato dai mari Ligure, Tirreno, Ionio e Adriatico, si protende nel mar Mediterraneo, occupando la penisola italiana e numerose isole (le maggiori sono Sicilia e Sardegna), per un totale di 302072,84 km². Gli Stati della Città del Vaticano e di San Marino sono enclavi della Repubblica mentre Campione d'Italia è l'unica exclave italiana. Con l'ascesa di Roma, che fu capitale della Repubblica romana e poi dell'Impero romano, si ebbe il primo processo di unificazione della penisola, destinata a rimanere per secoli il centro politico e culturale della civiltà occidentale. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, l'Italia medievale fu soggetta a invasioni e dominazioni di popolazioni germaniche, come gli Ostrogoti, i Longobardi e i Normanni, perdendo la propria unità politica. Nel XV secolo, con la diffusione del Rinascimento, ridivenne il centro culturale del mondo occidentale, ma dopo le guerre d'Italia del XVI secolo ricadde sotto l'egemonia delle potenze straniere, quali Francia, Spagna e Austria. Durante il Risorgimento gli italiani combatterono per l'indipendenza nazionale e per l'Unità d'Italia, finché nel 1861 fu proclamato il Regno d'Italia, che completò la riunificazione con la presa di Roma del 20 settembre 1870 e la vittoria nella prima guerra mondiale. Dal 1882 al 1960 l'Italia ha posseduto un impero coloniale. Nel 1946, dopo il ventennio fascista, la sconfitta nella seconda guerra mondiale e la guerra civile, a seguito di un referendum istituzionale lo Stato italiano divenne una repubblica. Nel 2020 l'Italia, ottava potenza economica mondiale e terza nell'Unione europea, è un paese con un alto standard di vita: l'indice di sviluppo umano è molto alto, 0.883, e la speranza di vita è di 83,4 anni. È membro fondatore dell'Unione europea, della NATO, del Consiglio d'Europa e dell'OCSE; aderisce all'ONU e al trattato di Schengen. È inoltre membro del G7 e del G20, partecipa al progetto di condivisione nucleare della NATO, è una grande potenza regionale europea, in grado di esercitare influenza politica anche su scelte e decisioni di ordine extra-europeo e globale, e si colloca in nona posizione nel mondo per spesa militare. In virtù della sua storia ultramillenaria, l'Italia vanta insieme alla Cina il maggior numero di siti dichiarati patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
La disoccupazione è la condizione di mancanza di un lavoro per una persona in età da lavoro che lo cerchi attivamente, sia perché ha perso il lavoro che svolgeva (disoccupato in senso stretto), sia perché è in cerca della prima occupazione (inoccupato). È la condizione opposta all'occupazione. In macroeconomia il concetto di disoccupazione si può estendere all'intero Stato e sulla base dei dati raccolti si possono calcolare stime statistiche come il tasso di disoccupazione.
L'economia d'Italia, a partire dal secondo dopoguerra, ha conosciuto profondi cambiamenti strutturali, che nei decenni successivi l'hanno resa una delle maggiori potenze economiche mondiali, grazie ad un continuo processo di crescita economica durato fino alla metà degli anni novanta del XX secolo. Durante questa fase, il progressivo ridimensionamento del settore primario (agricoltura, allevamento e pesca) a favore di quello industriale e terziario (in particolare, nel periodo del boom economico, negli anni cinquanta-settanta) si è accompagnato a profonde trasformazioni nel tessuto socio-produttivo, in seguito a massicce migrazioni dal Meridione verso le aree industriali del Centro-Nord grazie anche a una nuova forte spinta all'urbanizzazione, legate alla parallela trasformazione del mercato del lavoro.La fase di industrializzazione è arrivata a compimento negli anni ottanta ed è cominciata la terziarizzazione dell'economia italiana, con lo sviluppo dei servizi bancari, assicurativi, commerciali, finanziari e della comunicazione. Negli anni 2000 l'economia italiana entra in una fase di sostanziale stagnazione, caratterizzata da una crescita estremamente bassa. Infine sul finire del decennio, come effetto della crisi economica globale, il Paese entra in un periodo di vera e propria recessione negli anni 2012 e 2013. Per il 2014 la crescita è stata dello 0,1%, per il 2015 dello 0,7%, nel 2016 ha superato lo 0,9%, nel 2017 ha raggiunto l'1,6%, nel 2018 è cresciuto dello 0,9% e nel 2019 è prevista una crescita dello 0,3%.
La disoccupazione tecnologica è la perdita di lavoro dovuta al cambiamento tecnologico. Questo cambiamento solitamente riguarda l'introduzione di tecnologie che permettono di ridurre il carico di lavoro eseguito dagli operatori e l'introduzione dell'automazione. Proprio come i cavalli, usati come primo mezzo di locomozione, vennero gradualmente resi obsoleti dall'automobile, anche i lavori degli esseri umani sono stati toccati dal cambiamento tecnologico, ne è un esempio quello dei tessitori ridotti in povertà dall'introduzione del telaio meccanico nella prima rivoluzione industriale. Durante la seconda guerra mondiale il calcolatore bomba, inventato da Alan Turing, compresse in poche ore processi di decodificazione che altrimenti avrebbero tenuto occupati gli esseri umani per anni. Alcuni esempi contemporanei di disoccupazione tecnologica sono la sostituzione delle casse manuali con le casse automatiche, la riscossione automatica dei pedaggi stradali e i passaggi a livello automatici, che hanno reso obsoleta la figura del casellante. Che il cambiamento tecnologico possa causare la perdita di posti di lavoro nel breve termine è un fatto comunemente accettato, mentre sugli effetti sul lungo termine si è aperto un lungo dibattito non ancora giunto ad una conclusione. Le due scuole di pensiero si possono sommariamente dividere in ottimisti e pessimisti. Gli ottimisti sono convinti che la perdita di lavoro dovuta all'innovazione verrà compensata da altri fattori che renderanno l'impatto nullo nel lungo termine. I pessimisti invece sostengono che almeno in alcuni casi le nuove tecnologie possono portate ad un costante declino nel numero di posti di lavoro. L'espressione “disoccupazione tecnologica” è stata resa popolare da John Maynard Keynes negli anni ’30, ma la questione è discussa fin dai tempi di Aristotele. In genere, prima del XVIII secolo, sia le élite che i roturier avevano una visione pessimista della disoccupazione tecnologica, almeno nei casi in cui la questione sorse. Dato che i livelli di disoccupazione nella storia pre-moderna sono quasi sempre stati bassi, non era un argomento molto discusso. Nel XVIII secolo le paure dell'impatto delle macchine sull'occupazione si intensificarono con la crescita della disoccupazione di massa, specialmente in Inghilterra, all'avanguardia nella rivoluzione industriale. Nonostante ciò alcuni pensatori misero in dubbio queste paure, sostenendo che in generale l'innovazione non avrebbe avuto effetti negativi sui posti di lavoro nel lungo termine. Queste argomentazioni vennero formalizzate nel XIX secolo dagli economisti classici. Durante la seconda metà dello stesso secolo divenne sempre più palese che il progresso tecnologico beneficiasse tutti i settori della società, inclusa la classe operaia. Le preoccupazioni sull'impatto negativo dell'innovazione diminuirono, e venne coniato il termine “fallacia luddista” per descrivere l'idea della perdita di lavoro dovuta all'innovazione. L'idea che la tecnologia difficilmente porterà ad una disoccupazione nel lungo termine è stata ripetutamente messa in discussione da una minoranza di economisti, tra i quali, nel primo 1800, David Ricardo. Molti economisti hanno messo in guardia dalla disoccupazione tecnologica in alcuni particolari frangenti, come negli anni trenta e sessanta, in cui il dibattito sulla questione si intensificò. Nelle ultime due decadi del XX secolo, soprattutto in Europa, vari cronisti hanno notato un graduale aumento della disoccupazione nei paesi industrializzati a partire dagli anni settanta; nonostante ciò la maggior parte degli economisti e dell'opinione pubblica ha mantenuto una visione ottimista sull'innovazione nel XX secolo. Nella seconda decade del XXI secolo sono stati pubblicati un certo numero di studi che suggeriscono la possibilità di una crescita della disoccupazione tecnologica a livello globale. Mentre molti economisti e commentatori ancora sostengono l'infondatezza di questi timori, le preoccupazioni riguardanti la disoccupazione tecnologica hanno ricominciato a crescere. Un servizio pubblicato dalla rivista Wired nel 2017 cita esperti come l'economista Gene Sperling e il professore di management Andrew McAfee a sostegno della tesi per cui la disoccupazione tecnologica è «una questione importante». Per quanto riguarda l'idea per cui l'automazione «non avrà alcun grosso effetti sull'economia per i prossimi cinquanta o cento anni», McAfee dice: «Nessuno del mestiere con cui mi capita di parlarci ci crede». Innovazioni come Watson hanno il potenziale di rendere obsoleti gli esseri umani in vari campi, dagli impiegati, ai lavoratori poco qualificati, ai creativi ed altri lavori intellettuali.
Per istruzione si intende "l'opera svolta per istruire attraverso l'insegnamento [...] e il risultato o frutto di tale attività", cioè "apprendere [...] una serie di nozioni relative sia a una materia [...] o a un'arte, sia all'esercizio di una particolare attività". Nel senso più generico fa riferimento all'aspetto più scolastico dell'insegnamento. Può essere pubblica o privata. L'idea di armonizzare i sistemi educativi europei nasce fin dall'avvento della Comunità Economica Europea ma inizia a realizzarsi solo negli anni 1990. Nel mondo, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) si occupa di dare una valutazione dei sistemi di istruzione nei vari paesi, città e regioni.
Una scuola è un'istituzione destinata all'educazione e all'istruzione di studenti e allievi sotto la guida di varie tipologie di figure professionali appartenenti al settore dei lavoratori della conoscenza. Il termine deriva dalla parola latina schola, Il termine greco significava inizialmente "tempo libero", per poi evolversi: da "tempo libero" è passato a descrivere il "luogo in cui veniva speso maggiormente il tempo libero", cioè il luogo in cui si tenevano discussioni filosofiche o scientifiche durante il tempo libero, per poi descrivere il "luogo di lettura", fino a descrivere il luogo d'istruzione per eccellenza.
Record aggiornato il: 2024-04-09T03:12:01.602Z