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Autore principale: Morison, Samuel Eliot
Pubblicazione: Firenze : Sansoni, 1967
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il sistema politico degli Stati Uniti d'America si basa su tre principi fondamentali: la repubblica, la democrazia rappresentativa e il federalismo. Il potere politico è condiviso fra il Presidente degli Stati Uniti, il Congresso e le corti giudiziarie federali. Allo stesso tempo, il governo federale condivide la sovranità politica con i governi dei singoli Stati che compongono gli Stati Uniti. La struttura del governo federale è definita dalla Costituzione. La molteplicità di livelli governativi riflette la storia degli Stati Uniti: il governo federale venne infatti creato dagli Stati, che come ex-colonie conquistarono un'autonomia legislativa indipendentemente l′uno dall′altro; all′interno di ogni Stato, ognuno di questi aveva creato una propria struttura amministrativo-politica decentrata per assolvere alle proprie funzioni ed una volta che gli Stati Uniti si allargarono, si vennero a formare altri Stati modellati su quelli originari. Esistono delle differenze sostanziali fra il sistema politico americano e quello di molte democrazie costituzionali di matrice europea. Fra le più evidenti si può accennare alla presenza di un parlamento (il Congresso degli Stati Uniti d'America) in cui la "camera alta" ha un peso politico maggiore rispetto all′altro ramo del parlamento ("camera bassa"), oppure al dominio di due partiti "maggiori" che dura da più di un secolo, generando un forte bipolarismo. Quest′ultimo fattore è dovuto anche (ma non solo) a ragioni storiche, che hanno determinato una serie di norme, sia federali che statali, che limitano fortemente lo spazio politico per i cosiddetti "third parties", i quali oltretutto subiscono anche delle limitazioni informali per quanto riguarda la loro presenza sui media.
Gli Stati Uniti d'America (comunemente indicati come Stati Uniti, in inglese: United States of America o anche solo United States; in sigla USA o anche U.S. e impropriamente con la sineddoche America) sono una repubblica federale dell'America settentrionale composta da cinquanta Stati e un distretto federale. I quarantotto stati contigui e il distretto di Washington D.C. (la capitale federale) occupano la fascia centrale dell'America settentrionale tra il Canada e il Messico e sono bagnati dall'oceano Atlantico a est e dall'oceano Pacifico a ovest. Con 9850476 km² in totale e circa 330 milioni di abitanti gli Stati Uniti sono il quarto paese al mondo per superficie e il terzo per popolazione. La geografia e il clima degli Stati Uniti sono estremamente vari, con deserti, pianure, foreste e montagne che sono anche sede di una grande varietà di fauna selvatica. È una delle nazioni più multietniche e multiculturali al mondo, prodotto di larga scala dell'immigrazione da molti Paesi. Storicamente i paleoamericani migrarono dall'Asia verso quelli che sono gli Stati Uniti circa 12 000 anni fa. La colonizzazione europea cominciò intorno al 1600 e venne per lo più dall'Inghilterra. Gli Stati Uniti d'America ebbero origine dalle tredici colonie britanniche situate lungo la costa atlantica. Le controversie tra la Gran Bretagna e le colonie sfociarono in un conflitto: il 4 luglio 1776 i delegati delle tredici colonie redassero ed approvarono all'unanimità la dichiarazione di indipendenza, che diede ufficialmente vita ad un nuovo Stato federale. La guerra di indipendenza americana, conclusasi con il riconoscimento dell'indipendenza degli Stati Uniti dal Regno di Gran Bretagna, è stata la prima guerra per l'indipendenza da una potenza coloniale europea. La Costituzione fu adottata il 17 settembre 1787 e da allora è stata emendata ventisette volte. I primi dieci emendamenti, collettivamente denominati «Dichiarazione dei diritti» (Bill of Rights), furono ratificati nel 1791 e garantiscono diritti civili e libertà fondamentali. Gli Stati Uniti intrapresero una vigorosa espansione per tutto il XIX secolo, spinti dalla controversa dottrina del destino manifesto. L'acquisizione di nuovi territori e l'ammissione di nuovi stati membri causarono anche numerose guerre con i popoli nativi. La guerra civile americana si concluse con l'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Alla fine del XIX secolo gli Stati Uniti si estesero fino all'oceano Pacifico. La guerra ispano-americana e la prima guerra mondiale hanno confermato lo stato del paese come potenza militare globale. Gli Stati Uniti sono usciti dalla seconda guerra mondiale come una superpotenza globale, il primo paese dotato di armi nucleari e quale uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Dopo una grave crisi politica e sociale negli anni sessanta e settanta come conseguenza anche della sconfitta nella guerra del Vietnam, che sembrava minare il predominio mondiale statunitense, l'inattesa fine della guerra fredda e la dissoluzione dell'Unione Sovietica negli anni novanta hanno invece riconfermato il ruolo dominante degli Stati Uniti che sono rimasti l'unica superpotenza militare e politica mondiale. Gli Stati Uniti sono un Paese sviluppato, con una stima nel 2017 del prodotto interno lordo (PIL) di 19,39 migliaia di miliardi di dollari (il 23% del PIL mondiale a parità di potere di acquisto, a partire dal 2011). Il PIL pro capite degli Stati Uniti è stato il sesto più alto del mondo dal 2010, anche se la disparità di reddito del continente americano è stata anche classificata la più alta all'interno dell'OCSE e i paesi dalla Banca Mondiale. L'economia è alimentata da un'abbondanza di risorse naturali, numerose infrastrutture ed elevata produttività. Il paese rappresenta il 39% della spesa militare mondiale, essendo la prima potenza economica e militare, una forza politica guida nel mondo e al primo posto nel settore della ricerca scientifica e dell'innovazione tecnologica, ma anche uno stato sociale ridotto rispetto a molti altri paesi del mondo occidentale.
La guerra Messico-Stati Uniti, guerra messicano-statunitense o guerra Messico-statunitense vide contrapporsi gli Stati Uniti d'America, durante la presidenza Polk, e la Prima repubblica messicana tra il 1846 ed il 1848. Negli Stati Uniti il conflitto è conosciuto come guerra messicana o guerra di Mr. Polk; in Messico invece è nota come intervento statunitense, invasione statunitense in Messico o guerra degli Stati Uniti contro il Messico. Il conflitto scoppiò come conseguenza degli attriti tra i due paesi in seguito all'annessione statunitense del Texas nel 1845, osteggiata dal Messico che lo considerava ancora parte della sua nazione. La repubblica del Texas era di fatto un Paese indipendente che divenne parte degli Stati Uniti, nonostante diversi politici americani fossero contrari, poiché il Texas riconosceva la schiavitù e la sua annessione avrebbe modificato l'equilibrio tra Stati del Nord antischiavisti e Stati del Sud. Alle Elezioni presidenziali del 1844, vinse il democratico James Knox Polk con la promessa di espandere gli Stati Uniti verso ovest; da qui l'annessione del Texas l'anno seguente. Polk andò oltre, inviando nella regione un'unità dell'esercito e contemporaneamente una missione diplomatica in Messico per negoziare un indennizzo. La presenza militare statunitense era pianificata per provocare il Messico e spingerlo ad attaccare, per poterlo poi biasimare e convincere il Congresso ad appoggiare il conflitto. Alla fine, i messicani attraversarono il Rio Grande scontrandosi con gli statunitensi nell'incidente di Thornton, dando un motivo al Congresso per dichiarare guerra. Le forze statunitensi rapidamente occuparono la regione di Santa Fe de Nuevo México e dell'alto Rio Grande, dirigendosi inoltre verso la costa del Pacifico, nella provincia messicana della Alta California, puntando poi verso sud mentre lo Squadrone del Pacifico della US Navy bloccava i porti anche nella Baja California. Nonostante ciò, il Governo messicano rifiutò di firmare una pace, obbligando gli Stati Uniti ad invadere l'entroterra del Messico. Il generale Winfield Scott raggiunse così, e conquistò, Città del Messico. Anche se militarmente sconfitto, il Messico non aveva alcuna intenzione di negoziare, finché Nicholas Trist non riuscì a concludere con successo il Trattato di Guadalupe Hidalgo nel 1848. Esso mise fine al conflitto, con il Messico che accetta di cedere oltre al Texas anche l'Alta California e il Santa Fe de Nuevo México. Gli Stati Uniti accettarono di pagare 15 milioni di dollari come compensazione per i danni materiali e cancellare 3,25 milioni di dollari di debito che il Messico aveva con cittadini americani. Il Messico infine accetta il Rio Grande come nuovo confine tra i due paesi. La vittoria e l'espansione territoriale ottenuta da Polk ispirò un senso di patriottismo in diverse aree degli Stati Uniti, ma sia la guerra sia il trattato diedero vita a dure critiche, a causa del numero di vittime, del costo economico e dei metodi brutali usati nel conflitto. La questione su come gestire i nuovi territori intensificò ulteriormente il dibattito sulla schiavitù negli Stati Uniti d'America. La "Condizione Wilmot", che esplicitamente proibiva l'estensione della schiavitù nei territori acquisiti, non venne infine approvata dal Congresso, nonostante il dibattito fosse già cominciato durante il conflitto. In Messico, la guerra aggravò le agitazioni politiche interne, soprattutto a causa delle perdite civili, della situazione finanziaria disastrata e dei territori persi.
Il Partito Democratico (in inglese: Democratic Party) è un partito politico liberale statunitense, nonché uno dei due principali partiti del sistema politico statunitense insieme al Partito Repubblicano. Nel contesto politico statunitense odierno è considerato come il partito di centro-sinistra e della sinistra liberale (pur con le sue fazioni interne più conservatrici di centro e centro-destra e più socialdemocratiche di sinistra) in contrapposizione al Partito Repubblicano, che è invece diventato il partito della destra conservatrice, un'unione del liberalismo con il conservatorismo sociale e il tradizionalismo. Nel Congresso in carica il Partito Democratico detiene la maggioranza alla Camera dei rappresentanti (riconquistata nel 2018 dopo averla persa nel 2010), avendo perso il controllo del Senato nel 2014 e della presidenza nel 2016. Fondato col nome moderno nel 1828 dai sostenitori di Andrew Jackson, il Partito Democratico è il più antico del mondo tra quelli attivi, originando dal Partito Democratico-Repubblicano fondato da Thomas Jefferson, James Madison e altri influenti anti-Federalisti nel 1792. Dopo la spaccatura dei Democratici-Repubblicani nel 1828 si è posizionato alla destra dei centristi Whig, partito predecessore del Partito Repubblicano di sinistra per quanto riguarda la questione della schiavitù che dominò quegli anni, soprattutto a partire dagli anni 1840 fino agli anni 1860, con i vari compromessi dei Whig che alla fine si sono rivelati inefficaci e che portarono alla fondazione del Partito Repubblicano nel 1854 da ex esponenti dei Whig e del Suolo Libero nonché militanti di preesistenti movimenti antischiavisti per opporre l'allora governo Democratico e contrastare la temuta espansione a ovest del sistema schiavistico degli Stati meridionali dominato dai Democratici. L'elezione del Repubblicano Abraham Lincoln nel 1860 portò a una cruenta guerra civile tra i Democratici secessionisti schiavisti sudisti che formarono gli Stati Confederati d'America e i Repubblicani, che erano a favore dell'Unione. Ciò causò diversi dissidi interni al partito, con fazioni in favore dell'Unione e fazioni schiaviste intransigenti (già alle elezioni presidenziali del 1860 vinte da Lincoln i Democratici proposero due candidati, uno del nord e uno del sud). Il Democratico Andrew Johnson in favore dell'Unione fu scelto come vicepresidente da Lincoln per le elezioni presidenziali del 1864, con i due che si presentarono insieme come il Partito dell'Unione Nazionale così da favorire il consenso dei Democratici che non avrebbero votato per un duo Repubblicano mentre i Democratici presentarono l'intransigente generale filo-sudista George B. McClellan, uscendo sconfitti e poi perdendo definitivamente la guerra di secessione. Il Proclama di emancipazione abolì la schiavitù, ma Lincoln fu assassinato nel 1865 e Johnson prese il suo posto. Ciò causò fastidi ai Repubblicani, soprattutto alla fazione più liberale e radicale in fatto di diritti civili per gli ex schiavi afroamericani, arrivando alla fallita messa in stato di accusa del 1868 per un solo voto. Durante l'era della ricostruzione i Democratici cercarono di bloccare l'emancipazione civile e politica degli afroamericani, soprattutto nel Sud, riuscendoci nel 1877 come parte di un accordo bilaterale per eleggere il Repubblicano Rutherford B. Hayes alla carica di presidente a seguito delle controverse e dibattute elezioni presidenziali del 1876, con le truppe militari che non poterono più sostenere i governi statali Repubblicani nel Sud. Nonostante la questione schiavista, il Partito Democratico proponeva certe politiche egalitarie, era a favore della democrazia e si proclamava partito della gente comune. Si spostò più a sinistra nelle questioni economiche dopo la vittoria dell'ala populista di William Jennings Bryan nel 1896 e con il New Deal («nuovo corso»), sebbene fino agli anni sessanta del Novecento molti Democratici conservatori e populisti degli Stati meridionali erano ancora favorevoli alla segregazione razziale. Di fatto il supporto dei sudisti che erano a favore di politiche economiche di sinistra fu importante nell'attuare la legislazione del New Deal di Franklin Delano Roosevelt. Pur favorendo le politiche sociali del Repubblicano Barry Goldwater, essi rigettarono le sue proposte economiche liberiste e di privatizzazione dello Stato sociale. La filosofia attivista a favore della classe lavoratrice di Roosevelt chiamata liberalismo (un'unione del liberalismo sociale e del progressismo) ha infatti rappresentato gran parte del programma del partito sin dal 1932. A partire dal 1948, con la desegregazione delle Forze armate statunitensi attuata dal presidente Harry S. Truman, i Democratici si sono spostati a sinistra anche sulle questioni sociali. Dagli anni 1970 l'ambientalismo è diventato una importante corrente nel partito. Sulle questioni di politica estera entrambi i partiti, Democratici e Repubblicani, hanno cambiato diverse volte le rispettive politiche. Inizialmente promotori del destino manifesto e dell'espansione a ovest, i Democratici sono diventati anti-imperialisti e isolazionisti sotto la presidenza di Grover Cleveland (liberista) e poi interventisti e internazionalisti a partire dalla presidenza di Thomas Woodrow Wilson (liberal-progressista). Durante la guerra fredda furono promotori dell'anticomunismo, ma avversari dell'ultraconservatore Repubblicano Joseph McCarthy. Molti attivisti Democratici si opposero alla guerra del Vietnam, alienati dal crescente militarismo e promotori della controcultura e della nuova sinistra. Da allora il partito è diventato più pragmatico e aperto al multilateralismo, sebbene la fazione neoconservatrice in politica estera mantenne la presidenza, approvando l'interventismo in Jugoslavia negli anni 1990 e quello in Medio Oriente negli anni 2010, ma rigettando la guerra in Iraq a inizi anni 2000. La fazione opposta in politica estera è rappresentata tra gli altri da Bernie Sanders, Tulsi Gabbard e per certi versi anche da Elizabeth Warren, oltre che dalla cosiddetta Squad (le deputate Alexandria Ocasio-Cortez, Ilhan Omar, Ayanna Pressley e Rashida Tlaib). La coalizione del New Deal di Roosevelt controllò spesso il governo nazionale fino al 1964 e il movimento per i diritti civili degli anni 1950 e 1960 lo confermò nel centro-sinistra mentre i Repubblicani si spostarono sempre più a destra, facendogli tuttavia perdere parte dei consensi negli Stati meridionali e perdendo le successive due elezioni presidenziali, anche se a livello locale e statale ciò non si realizzò almeno sino agli anni 1980 e 1990 in quanto i sudisti preferivano le politiche economiche Democratiche, ma ciò venne meno quando entrambi i partiti appoggiarono il neoliberismo. A partire dagli anni 1990 i Democratici hanno infatti approvato il programma di Bill Clinton della più centrista terza via, cui anche il presidente Barack Obama ha aderito come Nuovo Democratico, per provare a vincere le elezioni dopo dodici anni, cosa che ha avuto successo con Clinton (1993–2001) e Obama (2009–2017), ma che fallì con Al Gore (2000) e Hillary Clinton (2016).
Gli Stati federati degli Stati Uniti d'America (chiamati in inglese states) sono le entità politiche e amministrative la cui unione forma gli Stati Uniti d'America. Sono cinquanta entità subnazionali federali (di cui 4 hanno il titolo tradizionale di Commonwealth) che, insieme con il Distretto di Columbia, compongono la federazione. I singoli governi statali e il governo federale condividono la sovranità, dal momento che un cittadino statunitense è allo stesso tempo cittadino del suo Stato di residenza e dell'entità federale. La cittadinanza a livello statale non è rigida, non sono richieste autorizzazioni per un eventuale cambiamento, e la circolazione delle persone da uno Stato all'altro è libera (eccezion fatta per i condannati posti in libertà condizionale).
Il termine politica viene utilizzato in riferimento all'attività ed alle modalità di governo, o anche nel lessico politico alla cosiddetta attività di opposizione: può riferirsi a stati, confederazioni ed organizzazioni intergovernative, oppure a entità locali e territoriali più circoscritte, come regioni e comuni: in questi ultimi casi l'azione di governo è detta più propriamente amministrazione locale.
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