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Autore principale: Paolini, Maria Gabriella
Pubblicazione: Arezzo : Giunta Regionale Toscana ; Editrice Bibliografica, 1989
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
La Scuola siciliana (detta anche Scuola poetica siciliana) fu un movimento letterario sorto in Sicilia (e più in generale nell'Italia meridionale) all'incirca tra il 1220 e il 1266 presso la corte siciliana dell'imperatore Federico II di Svevia. La poesia della Scuola siciliana, che ebbe la sua massima fioritura nel secondo quarto del XIII secolo (tra il 1230 e il 1250), costituisce la prima produzione lirica in un volgare italiano e di cui abbiamo ampia testimonianza (di altre produzioni liriche in volgare riconducibili ad altre zone d'Italia, si hanno solo pochi frammenti, come nel caso della canzone Quando eu stava in le tu' cathene).La poesia dei Siciliani si ispirava direttamente alla lirica amorosa dei trovatori provenzali, basata sul concetto di amor cortese (o fin'amor), tuttavia si distingueva da quest'ultima per alcuni aspetti specifici e innovativi. Non fu una scuola nel senso vero e proprio, ma si trattò piuttosto di un gruppo di funzionari laici del regno che iniziò a fare poesia in modo dilettantistico, condividendo una lingua (il siciliano aulico) e una ideologia comuni.
Cosimo Burali-Forti (Arezzo, 3 novembre 1834 – Arezzo, 2 gennaio 1905) è stato un compositore e pittore italiano, padre del matematico Cesare Burali-Forti.
Bartolomeo della Gatta, pseudonimo di Pietro di Antonio Dei (Firenze, 1448 – Arezzo, 1502), è stato un pittore, miniatore, religioso, e architetto italiano.
Gian Francesco Gamurrini (Arezzo, 18 maggio 1835 – Arezzo, 17 marzo 1923) è stato uno storico, archeologo e numismatico italiano.
La Peregrinatio Aetheriae ("Pellegrinaggio di Eteria"), conosciuta anche come Itinerarium Egeriae ("Itinerario di Egeria"), è un testo latino degli inizi del V secolo, nel quale Egeria, o Eteria, descrive il suo pellegrinaggio in Terrasanta. La parte centrale del testo originale, circa un terzo, priva dell'inizio e della fine, fu ritrovata nel 1884 dallo studioso Gian Francesco Gamurrini in un manoscritto dell'XI secolo, scritto nell'abbazia di Montecassino e rinvenuto ad Arezzo, che venne pubblicato per la prima volta nel 1887 dallo stesso Gamurrini. Nel VII secolo il monaco Valerio, scrisse a sua volta una lettera in cui lodava l'autrice, fornendoci altre informazioni su di lei e sul suo itinerario. Altri testi successivi citano parti del testo perdute nel manoscritto di Arezzo, ma citate da Valerio. Il nome dell'autrice è incerto, a seconda delle versioni del testo (Aetheria o Egeria), ma Valerio riferisce che si trattava di una monaca, che aveva scritto il diario di viaggio del suo pellegrinaggio in una lunga lettera alle sue consorelle (alle quali nel testo si rivolge appunto con l'appellativo di "sorelle"). Tuttavia la libertà di un'assenza tanto lunga (circa quattro anni) e il costo considerevole del viaggio sembrano in contrasto con tale identificazione, mentre l'appellativo di "sorelle" e "fratelli" era frequentemente utilizzato all'epoca della redazione del diario anche al di fuori delle comunità monastiche: l'appellativo ha probabilmente tratto in inganno lo stesso Valerio. Egeria-Eteria era dunque più probabilmente una ricca donna della classe media, originaria probabilmente della costa atlantica della Spagna o della Gallia. Il pellegrinaggio di Egeria si svolse sicuramente, sulla base dei riferimenti presenti all'interno del testo ad altri avvenimenti, tra il 363 e il 540, ma la data più comunemente accettata è il 381-384. La parte del testo conservata descrive la fine della sua permanenza a Gerusalemme, dove si era trattenuta per tre anni. Il testo venne probabilmente redatto dopo la fine del viaggio, sulla base di appunti presi in precedenza e alcune descrizioni sembrano essere state redatte dopo il suo ritorno a Costantinopoli. Egeria doveva essere una donna di una certa cultura e si dimostra interessata ai luoghi e ai costumi, e alle loro differenze rispetto a quelli del suo luogo di origine, e non solo agli episodi edificanti; accoglieva con un certo spirito critico le notizie che le venivano riportate dalle sue guide. È tuttavia pienamente cristiana e descrive solo edifici, situazioni e personaggi cristiani, senza alcun riferimento a quelli pagani. Pone una particolare attenzione alla liturgia ed è di grande interesse per gli studiosi la descrizione di quella della Settimana Santa utilizzata in quest'epoca a Gerusalemme. Scrive in un latino probabilmente colloquiale, distante da quello classico e sembra che il suo maggiore riferimento sia stata la Bibbia, del cui stile si colgono gli echi in alcuni punti. Dal punto di vista linguistico il testo rappresenta una testimonianza dell'evoluzione del latino: espressioni come "deductores sancti illi" ("quelle sante guide", con il significato di "le sante guide") aiutano a far luce sull'origine dell'articolo definito nelle lingue romanze.
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