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Autore principale: Toscana (Granducato)
Pubblicazione: Firenze : nella Stamperia granducale, [1852?]
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
È nota come legge Casati la legge 13 novembre 1859, n. 3725 del Regno di Sardegna, entrata in vigore nel 1861 ed estesa, con l'unificazione, a tutta l'Italia (regio decreto 28 novembre 1861, n. 347). La legge, che prese il nome dal Ministro della Pubblica Istruzione Gabrio Francesco Casati e fece seguito alle leggi Bon Compagni del 1848 e Lanza del 1857, riformò in modo organico l'intero ordinamento scolastico, dall'amministrazione all'articolazione per ordini e gradi ed alle materie di insegnamento, confermando la volontà dello Stato di farsi carico del diritto-dovere di intervenire in materia scolastica a fianco e in sostituzione della Chiesa cattolica che da secoli era l'unica ad occuparsi dell'istruzione, introducendo l'obbligo scolastico nel regno. La legge si ispirò al modello prussiano sia nell'impianto generale che nel sistema organizzativo fortemente gerarchizzato e centralizzato. Si propose, inoltre, di contemperare diversi principi: il riconoscimento dell'autorità paterna, l'intervento statale e l'iniziativa privata. A tal proposito, la legge sancì il ruolo normativo generale dello Stato e la gestione diretta delle scuole statali, così come la libertà dei privati di aprirne e gestirne di proprie, pur riservando alla scuola pubblica la possibilità di rilasciare diplomi e licenze.
La Legislazione italiana a tutela delle minoranze linguistiche riconosce dodici comunità linguistiche storiche parlanti idiomi ascritti a varie famiglie linguistiche presenti entro i confini della Repubblica italiana e diversi dall'italiano, lingua ufficiale dello stato. Questi dodici gruppi linguistici (albanesi, catalani, croati, francesi, francoprovenzali, friulani, germanici, greci, ladini, occitani, sardi, sloveni) sono rappresentati da circa 2.400.000/3.000.000 parlanti distribuiti in 1.171 comuni di 14 regioni, tutelati da apposite leggi nazionali (come la legge quadro 482/99) e regionali. Non sono giuridicamente riconosciute le «alloglossie interne», comunità parlanti idiomi di ceppo italo-romanzo trasferitesi dalle proprie sedi originali in altri territori (come gli idiomi gallo-italici dell'Italia insulare e meridionale), le «minoranze diffuse», le comunità parlanti varietà non territorializzate (come i rom e i sinti) quindi prive dell'elemento "territorialità", e le «nuove minoranze», le lingue alloglotte parlate in comunità di recente immigrazione conservanti «lingua, cultura, religione e identità di origine» perché mancanti dell'elemento di "storicità". È tuttavia anche da ricordare che le lingue dei migranti non sono comprese tra le lingue tutelate dal trattato internazionale (europeo) "Carta europea delle lingue regionali e minoritarie"La legge quadro 482/99 che dà attuazione all'art. 6 della Costituzione italiana (tutela minoranze linguistiche storiche), come precisato dalla Corte Costituzionale nella sua sentenza nr. 88 del 2011, non esaurisce ogni forma di riconoscimento e sostegno al ricco plurilinguismo presente in Italia; sia prima che dopo la legge 482/99 con apposite leggi regionali è stata infatti prevista la "valorizzazione" dei diversi patrimoni linguistici e culturali delle Regioni. in attuazione all'art. 9 Cost.
La legge 15 luglio 1877 n. 3961, detta anche legge Coppino dal nome del ministro proponente Michele Coppino, fu una legge del Regno d'Italia emanata durante il periodo di governo della Sinistra storica, con a capo Agostino Depretis. Collaborò al testo della legge anche Aristide Gabelli, pedagogista seguace del positivismo, che si occupò di redigere i programmi scolastici.
La riforma Moratti identifica alcune riforme legislative che modificarono l'ordinamento scolastico italiano e all'università in Italia. Realizzata tra il governo Berlusconi II ed il governo Berlusconi III, venne così detta dal ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Letizia Moratti. Venne realizzata con la legge 28 marzo 2003, n. 53 e con la legge 4 novembre 2005, n. 230; essa abolì la precedente riforma Berlinguer, varata nel 2000, ed è a tutt'oggi in vigore, anche se i suoi decreti attuativi sono stati modificati dalla riforma Gelmini.
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