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Autore principale: Silvi, Lilia
Pubblicazione: Firenze : Aida, 2005
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Lilia Silvi, pseudonimo di Silvana Musitelli (Roma, 23 dicembre 1921 – Nettuno, 27 luglio 2013), è stata un'attrice italiana.
In arte Lilia Silvi è un film documentario del 2011 ideato e diretto da Mimmo Verdesca sulla vita e la carriera dell'attrice italiana Lilia Silvi, che ha vinto il nastro d'argento 2012, per il miglior documentario sul cinema.
Il cinema dei telefoni bianchi è un sottogenere cinematografico della commedia in voga in Italia tra il 1936 ed il 1943. Il nome deriva dalla presenza di telefoni di colore bianco nelle sequenze dei primi film prodotti in questo periodo, sintomatica di benessere sociale: uno status symbol atto a marcare la differenza dai telefoni "popolari" in bachelite, più economici e dunque maggiormente diffusi, che invece erano di colore nero. Altra definizione data a questi film è cinema déco per la forte presenza di oggetti di arredamento che richiamano lo stile internazionale déco, in voga in quegli anni. Parte della critica in anni più recenti la definisce anche commedia all'ungherese (con la famosa frase: "Andiamo a Budapest..."), perché, nonostante siano produzioni italiane, i soggetti e le sceneggiature di questi film sono spesso attinti da autori teatrali ungheresi, molto di moda in quel periodo storico; tali film erano spesso ambientati in stati immaginari dell'est europeo per ragioni censorie, in quanto argomento ricorrente di queste edulcorate commedie sentimentali era una minaccia di divorzio (all'epoca illegale in Italia) oppure d'adulterio (allora perseguibile come reato contro la morale).
Scampolo è un film del 1941, diretto dal regista Nunzio Malasomma.
Gianni e le donne è un film italiano del 2011, diretto e interpretato da Gianni Di Gregorio, autore anche della sceneggiatura insieme a Valerio Attanasio.
Gli spettacoli nell'antica Roma erano numerosi, aperti a tutti i cittadini ed in genere gratuiti; alcuni di essi si distinguevano per la grandezza degli allestimenti e per la crudeltà. I Romani frequentavano di preferenza i combattimenti dei gladiatori, quelli con bestie feroci (venationes), le riproduzioni di battaglie navali (naumachia), le corse di carri, le gare di atletica, gli spettacoli teatrali dei mimi e le pantomime. Quarant'anni dopo l'invettiva di Giovenale (n. tra il 55 e il 60–m. dopo il 127) che rimpiangeva la sobrietà e la severità repubblicana di un popolo che ormai aspirava solo al panem et circenses, al pane e agli spettacoli, Frontone (100-166), quasi con le stesse parole, descriveva sconsolato la triste realtà: La classe dirigente romana considerava infatti suo compito primario quello di distribuire alimenti una volta al mese al popolo e di distrarlo e regolare il suo tempo libero con gli spettacoli gratuiti offerti nelle festività religiose o in ricorrenze laiche.
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