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Autore principale: Banti, Alberto
Pubblicazione: Firenze : A. Banti, c1981
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
La matrona era, nell'antica Roma, una donna che possedeva la cittadinanza romana ed aveva contratto un matrimonio romano con un uomo libero. Durante il periodo della repubblica romana il posto che in prevalenza le era riservato era quello della realtà domestica, col compito di prendersi cura della domus nell'ambito della famiglia romana, sotto la protezione e la tutela del pater familias, fosse esso il padre oppure il marito. Non le era in alcun modo consentito di ricoprire cariche pubbliche o avviare un'attività politica. L'eccezione più eclatante a questo riguardo era però quella costituita dal gruppo delle sei vergini vestali le quali, pur essendo donne, mantenevano un altissimo status sociale nell'ambito della religione romana con offerte a loro espressamente dedicate. Le matrone rappresentavano, nella società romana, quello che raffiguravano le divinità femminili più importanti, soprattutto nel loro ruolo di madri e mogli fedeli. La matrona era la madre (mater familias), dignitosa e rispettabile, responsabile della corretta manutenzione delle casa e della crescita dei figli; esente dal lavoro domestico e agricolo, tranne che per la filatura della lana, una tradizione che i romani facevano derivare dall'episodio storico del ratto delle sabine. In quanto madre di famiglia ha un certo potere all'interno della casa, dirige i servi e gli schiavi e viene chiamata "domina" (padrona). Le matrone romane avevano anche una loro festa appositamente celebrata a Roma, durante le calende di marzo, denominata Matronalia. Tra le donne più ammirate e stimate della storia romana ci sono le matrone Veturia (madre di Gneo Marcio Coriolano) e Cornelia (madre dei due Gracchi, Tiberio Gracco e Gaio Gracco). Durante l'impero romano, il termine è spesso usato in un senso più ampio a titolo onorifico, in particolare per le donne di più illustre lignaggio, quali Antonia minore, Servilia Cepione e Clodia. Sembra anche che le matrone si siano, almeno in certe occasioni, coalizzate e organizzate, come dimostra la loro richiesta di abolizione della Lex Oppia e la loro opposizione alle misure del secondo triumvirato; il tutto anche se agli uomini romani questo comportamento appariva come altamente inappropriato per una matrona rispettabile. Una matrona poteva essere riconosciuta dalla sua stola e dai capelli intrecciati con vittae (fasce), considerate necessarie come oggetti da indossare tra i capelli. Nelle prime chiese cristiane vi era un apposito spazio a loro dedicato, di solito una loggia sopraelevata, chiamato matroneo. Nel linguaggio corrente il termine è venuto col tempo a indicare una signora dalla particolare dignità e gravità ma anche, con accezione dispregiativa, un'anziana sovrappeso. L'accezione dispregiativa è storicamente infondata, vista l'importanza dello "status" di matrona nell'impero romano quale esempio della prima emancipazione femminile. "Matrona", oltre ad essere, nell'impero romano uno status molto importante della donna, con i secoli è anche diventato nome comune di donna e nel V secolo di una santa, la cui ricorrenza è il 25 gennaio (santa patrona di San Prisco (CE)). Durante il medioevo la parola invece indicava la donna matura che aiuta le giovani a partorire, col significato quindi di levatrice.
La Repubblica romana (Res publica Populi Romani) fu il sistema di governo della città di Roma nel periodo compreso tra il 509 a.C. e il 27 a.C., quando l'Urbe fu governata da un'oligarchia repubblicana. Essa nacque a seguito di contrasti interni che portarono alla fine della supremazia della componente etrusca sulla città e al parallelo decadere delle istituzioni monarchiche. La sua fine viene invece convenzionalmente fatta coincidere, circa mezzo millennio dopo, con la fine di un lungo periodo di guerre civili che segnò de facto (benché formalmente non avvenne in forma istituzionale) la fine della forma di governo repubblicana, a favore di quella del Principato. Qui di seguito il passo fondamentale di Tito Livio, che descrive le ragioni che portarono alla caduta della monarchia dei Tarquini, considerando che i tempi erano ormai maturi: Quella della Repubblica rappresentò una fase lunga, complessa e decisiva della storia romana: costituì un periodo di enormi trasformazioni per Roma, che da piccola città stato quale era alla fine del VI secolo a.C. divenne, alla vigilia della fondazione dell'Impero, la capitale di un vasto e complesso Stato, formato da una miriade di popoli e civiltà differenti, avviato a segnare in modo decisivo la storia dell'Occidente e del Mediterraneo. In questo periodo si inquadrano la maggior parte delle grandi conquiste romane nel Mediterraneo e in Europa, soprattutto tra il III e il II secolo a.C.; il I secolo a.C. fu invece, come detto, devastato dai conflitti intestini dovuti ai mutamenti sociali, ma fu anche il secolo di maggiore fioritura letteraria e culturale, frutto dell'incontro con la cultura ellenistica e riferimento "classico" per i secoli successivi.
Ab urbe condĭta libri CXLII (cioè I 142 libri dalla fondazione della Città, dove "la Città", per antonomasia, è Roma), o semplicemente Ab Urbe condita, in italiano anche Storia di Roma, e talvolta Historiae (ossia Storie), è il titolo, derivato dai codici (vedi Ab Urbe condita), con cui l'autore, lo storico latino Tito Livio, indica l'estensione e l'argomento della sua opera: la storia narrata a partire dalla fondazione di Roma. L'opera comprendeva in origine i 142 libri eponimi, dei quali si sono conservati i libri 1–10 e 21–45 (l'ultimo mutilo) e scarsi frammenti degli altri (celebri quelli relativi alla morte di Cicerone col giudizio di Livio sull'oratore, tramandati da Seneca il vecchio).
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