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Autore principale: Yambo
Pubblicazione: Firenze : Vallecchi, 1937
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
La legione romana (dal latino legio, derivato del verbo legere, "raccogliere assieme", che all'inizio indicava l'intero esercito) era l'unità militare di base dell'esercito romano. Nacque dalla trasformazione dell'esercito alto-repubblicano dal modello falangitico a quello manipolare nel IV secolo a.C. L'esercito romano passò così dall'impiego del clipeus e dell'hasta all'utilizzo dello scutum, del pilum e del gladius, che divennero le armi fondamentali dei legionari romani, conformi del tutto al tipo di utilizzo imposto dalla tattica bellica romana. Grazie al grande successo militare della Repubblica e, in seguito, dell'Impero, la legione viene considerata come il massimo modello antico di efficienza militare, sia sotto il profilo dell'addestramento, sia dal punto di vista tattico e organizzativo. Altra chiave del successo della legione era il morale dei soldati, consolidato dalla consapevolezza che ciascun uomo doveva contare sull'appoggio del compagno, prevedendo la legione l'integrazione dei soldati in un meccanismo complessivo di lavoro di squadra. Era assimilabile a una grande unità complessa odierna, di rango variabile tra una brigata e una divisione, ma soprattutto riuniva attorno a sé, oltre ai reparti dell'arma base, fanteria e cavalleria, altri reparti specializzati come frombolieri, sagittarii, esploratori e genieri. All'inizio autonoma sul piano logistico, era normalmente stanziata in una provincia, di cui aveva la responsabilità della sicurezza e della difesa militare. Nella storia di Roma, l'esercito poté contare su oltre 60 legioni (composte di 5 000÷6 000 armati) al termine della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio, e su un minimo di 28 agli inizi del principato (ridotte a 25 dopo la disfatta di Teutoburgo). Nel passaggio dalla Repubblica al Principato, e poi al Dominato, l'esercito, e con esso la struttura della legione (il cui numero di unità andò riducendosi), venne ristrutturato profondamente.
L'impresa di Fiume fu un episodio del periodo interbellico, che consistette nell'occupazione della città di Fiume, contesa tra il Regno d'Italia ed Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, da parte di reparti ribelli del Regio Esercito italiano. L'intento fu quello di proclamare l'annessione della città all'Italia forzando in tal modo la mano ai delegati delle potenze vincitrici della prima guerra mondiale, all'epoca impegnati nella Conferenza di pace di Parigi. La spedizione fu capeggiata dal poeta Gabriele D'Annunzio e organizzata da una coalizione politica guidata dall'Associazione Nazionalista Italiana, cui parteciparono esponenti del Mazzinianesimo, del Futurismo e del Sindacalismo rivoluzionario. L'occupazione iniziò il 12 settembre 1919 e durò 16 mesi con alterne vicende, tra cui la proclamazione della Reggenza italiana del Carnaro. Quando i ribelli si opposero al Trattato di Rapallo, il governo italiano sgombrò la città con la forza durante il Natale 1920, per permettere la creazione dello Stato libero di Fiume.
Il nome Persia (in persiano: فارس, Fārs; in persiano antico: , Pārsa) è stato in tempi moderni usato come sinonimo alla nazione dell'Iran, mentre nell'antichità ha rivestito un territorio molto più vasto in cui si sono succeduti diversi imperi con importanti culture. Tale nome deriva dall'antico nome greco dell'Iran, Persis, che a sua volta deriva dal nome del clan principale di Ciro il Grande, Pars o Parsa, che ha dato il suo nome anche a una provincia dell'Iran meridionale, Fārs (in lingua persiana moderna). Secondo lo storico dell'antica Grecia Erodoto il nome Persia deriva da Perseo, l'eroe mitologico. Il 21 marzo del 1935 lo scià Reza Pahlavi chiese formalmente alla comunità internazionale di riferirsi al Paese con il nome originario di Iran. Alcuni studiosi però protestarono contro questa decisione. Nel 1959 lo scià Mohammad Reza Pahlavi annunciò che ci si poteva riferire al Paese indifferentemente con il nome originario di Iran o di Persia. Nel 1979, anno della caduta della monarchia iraniana e della cacciata dello scià Mohammad Reza Pahlavi, l'Iran era il penultimo Stato al mondo ad avere un sovrano con carica di imperatore (la carica dello scià riceveva il trattamento di "Maestà imperiale").
La riforma augustea dell'esercito romano rappresentò uno dei momenti principali della storia dell'esercito romano, che vide nel primo Imperatore romano, Augusto, l'artefice della riorganizzazione della macchina da guerra romana, grazie ad una disciplina ferrea, che rimase in vigore almeno per i successivi tre secoli. Gli storici contemporanei si sono spesso trovati d'accordo nel negare le qualità militari di Augusto, insistendo sul fatto che raramente egli andò personalmente sui campi di battaglia. Ma Aurelio Vittore, ricordando una tradizione antica, diede di questo principe un ritratto più lusinghiero. Egli si dimostrò, invece un abilissimo uomo politico e geniale stratega. La stabilità, infatti, dell'ordinamento militare augusteo fino a Gallieno, dimostrò che l'imperatore aveva avuto ragione.
Lucio Settimio Severo Augusto (in latino: Lucius Septimius Severus Augustus; Leptis Magna, 11 aprile 146 – Eboracum, 4 febbraio 211) è stato un imperatore romano dal 193 alla sua morte. Giunto al potere dopo la guerra civile romana del 193-197, fu il fondatore della dinastia severiana. In linea con le scelte di Marco Aurelio ripristinò alla sua morte il principio dinastico di successione, facendo subentrare i figli Caracalla e Geta. L'ascesa di Settimio Severo costituisce uno spartiacque nella storia romana; è considerato infatti l'iniziatore della nozione di "dominato" in cui l'imperatore non è più un privato gestore dell'impero per conto del Senato, come durante il principato, ma è unico e vero dominus, che trae forza dall'investitura militare delle legioni (anche se anticipazioni di questa tendenza si erano avute durante la guerra civile seguita alla morte di Nerone). Egli fu inoltre iniziatore di un nuovo culto che si incentrava sulla figura dell'imperatore, ponendo le basi per una sorta di "monarchia sacra" mutuata dall'oriente ellenistico. Adottò infatti il titolo di dominus ac deus che andò a sostituire quello di princeps, che sottintendeva una condivisione del potere con il Senato.
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