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Autore principale: Berti, Graziella
Pubblicazione: [Firenze] : All'insegna del Giglio, c1997
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: it
La maiolica arcaica di Pisa, prodotta a tra il XIII e la metà circa del XVI secolo, è un tipo di ceramica coperta sulla superficie principale da smalto stannifero e variamente decorata con motivi in bruno e in verde. La decorazione viene anche detta a “ramina (verde) e manganese (bruno)”. I manufatti possono essere decorati anche in solo bruno, oppure essere rivestiti dallo smalto bianco o verde lasciato privo di ulteriori arricchimenti cromatici (in questo caso il pezzo viene detto monocromo). La superficie secondaria è, invece, coperta con una vetrina piombifera incolore, giallastra oppure verde.
Con la locuzione maiolica arcaica (o anche protomaiolica) si è soliti contraddistinguere un tipo di ceramica rivestita da una coperta vetrificata a base stannifera sul quale sono tracciate decori in verde-ramina e bruno di manganese, prodotta in epoca bassomedievale nell'Italia centro-settentrionale. Caratteristiche di questo vasellame sono, inoltre, la foggiatura al tornio in unica soluzione, senza rifinitura finale e uno smalto sottile tendente al bianco vaniglia dato nelle sole parti riservate alla decorazione soprattutto a motivi geometrici, geometrico-floreali, e, talvolta, raffigurazioni zoo- e antropomorfe o di simbologie sacre.
Le ceramiche ingobbiate e graffite di Pisa vennero prodotte tra la metà del XV fino al XIX secolo. Quest’arco temporale costituisce un momento di svolta per la produzione del vasellame prodotto in città, in quanto si assiste all’introduzione di una nuova tecnica nelle officine ceramiche che già producevano a partire dai primi decenni del Duecento maioliche arcaiche. La nuova tecnica veniva comunemente chiamata ingobbiatura e prevedeva il rivestimento del corpo ceramico essiccato con una miscela liquida a base di argille caoliniche bianche che, una volta raggiunto il giusto grado di asciugatura, poteva essere arricchita da decorazioni. Le decorazioni potevano essere graffite “a punta”, “a fondo ribassato” e “a stecca” e/o anche dipinte. Le testimonianze relative alla graffitura pervenute mostrano una tendenza produttiva che spesso privilegia gli esemplari monocromi ma non mancano esempi di arricchimento cromatico volti a far risaltare le incisioni con pennellate in verde e/o giallo (sporadicamente in bruno/violaceo). Le ceramiche ingobbiate e graffite venivano poi rivestite con una vetrina piombifera prima della seconda cottura, in modo che la superficie dei manufatti acquistasse impermeabilità e che i decori fossero protetti.
Molti vasai pisani operano dal XIII al XVI secolo e furono capaci di realizzare diversi tipi di ceramica applicando e alternando più tecniche di produzione nel corso dei secoli. Prima dell'avvento della maiolica arcaica, l'unica produzione di ceramica era quella di vasellame privo di qualsiasi tipo di copertura e decoro dipinto (per questo talvolta detto anche “acromo”), destinato alla cottura degli alimenti (da fuoco), o alla loro conservazione nelle dispense e alla portata da mensa. I vasai pisani, dai primi decenni del XIII secolo fino alla seconda metà del XVI secolo, venuti a contatto con ceramiche di importazione prodotte in diversi centri del Bacino Mediterraneo e, probabilmente, con l’aiuto di maestranze provenienti dall’area islamica, cominciano a realizzare e commerciare un nuovo tipo di ceramica rivestita, poi definita dagli studiosi maiolica arcaica. Parallelamente all'ultima maiolica arcaica (metà XV-XVI secolo) e fino almeno alla metà del XIX secolo, i maestri vasai hanno prodotto anche ceramiche rivestite di ingobbio decorate con varie tecniche di graffitura ("a punta", "a stecca" e poi "a fondo ribassato").
I bacini ceramici delle chiese pisane sono dei recipienti in ceramica, variamente rivestiti, inglobati nelle superfici murarie esterne di edifici prevalentemente religiosi cristiani, anche se non mancano esempi di questo impiego in edifici civili, pubblici e privati. Il termine si riferisce a sole forme aperte originariamente create per scopi diversi dalla decorazione architettonica. Tra le località dove i bacini furono utilizzati per decorare le murature esterne delle chiese, quella che presenta l’attestazione più precoce e prolungata è senz'altro la città di Pisa, dove le ceramiche vennero importate da diverse località del Bacino Mediterraneo a partire dalla fine del X secolo fino al XIV secolo circa. A Pisa fino a tutto il XII secolo erano fabbricati soltanto recipienti privi di rivestimenti vetrosi e di decorazioni colorate (per questo detti “acromi”). Questi, venivano usati principalmente per la cottura delle vivande e per la loro conservazione nelle dispense, oltre che per alcuni usi legati alla mensa (ad esempio per la mescita delle bevande liquide). Dalla fine del X secolo comparvero però in città ceramiche che avevano ben altro pregio rispetto a quelle di produzione locale, tecnologicamente più avanzate, perché provviste di rivestimenti impermeabili (vetrine a base di piombo o smalti a base di stagno e piombo), ed esteticamente più gradevoli, perché arricchite di decori colorati. Queste ceramiche giunsero a Pisa grazie agli importanti commerci che la Repubblica Marinara riuscì ad instaurare e mantenere per diverso tempo in molti porti del Mediterraneo. Le ceramiche giunte in città tra il Mille e il Trecento hanno trovato due impieghi distinti. Alcune, sono state usate in casa sulla tavola, sia in forme aperte (prevalenti) sia in forme chiuse (boccali, alberelli, etc.) Altre invece, tutte forme aperte quali scodelle, catini, piatti, ciotole, ect., erano usate per ornare le murature esterne degli edifici religiosi cittadini. Fino al XII secolo sui perimetrali esterni e i campanili delle chiese pisane troviamo murati soltanto prodotti ceramici importati da varie località del Mediterraneo, che arrivarono prevalentemente dalle zone occidentali poste sotto l’influenza islamica e, soprattutto, dall’al-Andalus. Non mancano tuttavia “bacini” dalla Tunisia, dalla Sicilia islamica, dall’Egitto, dal Vicino Oriente e dall’area bizantina. Dalla fine del XII secolo inoltre vennero importate e usate come "bacini ceramici" ceramiche di produzione savonese e fabbricate in diversi centri dell’Italia meridionale peninsulare. A partire dalla prima metà del XIII secolo, infine, si usarono come bacini le “maioliche arcaiche” di fabbricazione locale. Tra la fine del XIII e i primi decenni del XIV le ceramiche utilizzate come “bacini” erano quasi esclusivamente di produzione pisana. A Pisa gli edifici più rappresentativi sui quali sono attestati "bacini ceramici" che coprono le diverse fasi cronologiche sono: San Sisto, Santa Cecilia e il campanile di San Francesco, situati a nord dell’Arno; San Martino collocato a sud; e San Piero a Grado posto fuori città, in prossimità della costa.
Fantechi Ceramiche è stata una fabbrica di ceramica di Sesto Fiorentino fondata da Egisto Fantechi. Della creatività e della corretta gestione della Fantechi, che dava lavoro a molti operai del luogo, beneficiò tutta la cittadina di Sesto.
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