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Pubblicazione: Pisa : Plus, c 2008
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese:
il 20 dicembre 2012 è stata pubblicata la Raccomandazione del Consiglio dell'Unione Europea sulla validazione dell'apprendimento non formale e informale. L'Obiettivo principale della Raccomandazione consiste nella richiesta ai Paesi UE di: «Istituire, entro il 2018 — in conformità alle circostanze e alle specificità nazionali e nel modo da essi ritenuto appropriato — modalità per la validazione dell'apprendimento non formale e informale che consentano alle persone di: a) ottenere una validazione delle conoscenze, abilità e competenze acquisite mediante l'apprendimento non formale e informale, compreso, se del caso, mediante risorse educative aperte; b) ottenere una qualifica completa o, se del caso, una qualifica parziale, sulla base della validazione di esperienze di apprendimento non formale e informale, fatte salve altre disposizioni legislative dell'Unione applicabili in materia, in particolare la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali .» A tal fine la Raccomandazione indica in modo esplicito alcuni elementi minimi del processo di validazione: “a) L'INDIVIDUAZIONE dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale; b) la DOCUMENTAZIONE dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale; c) la VALUTAZIONE dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale; d) la CERTIFICAZIONE della valutazione dei risultati di apprendimento acquisiti dalla persona mediante l'apprendimento non formale e informale sotto forma di qualifica o di crediti che contribuiscono all'ottenimento di una qualifica o, se del caso, in un'altra forma.” L'Italia dal 2012 è impegnata nella definizione di un proprio quadro nazionale. La Legge 92/2012 di riforma del mercato del Lavoro del 28 giugno 2012 avvia un concreto percorso di carattere sistemico e normativo prevedendo un insieme di disposizioni per l'apprendimento permanente tra cui la definizione di un sistema nazionale di certificazione delle competenze e validazione degli apprendimenti non formali e informali. Il testo della Legge individua i temi della validazione dell'apprendimento non formale e informale e del sistema nazionale di certificazione delle competenze come due elementi fondamentali per assicurare e concretizzare l'apprendimento permanente in funzione del mantenimento di condizioni di occupabilità dei cittadini. Il percorso che porta alla realizzazione di diversi pacchetti attuativi e tra questi grande priorità è assegnata al Decreto Legislativo sul sistema nazionale di certificazione delle competenze e validazione degli apprendimenti non formali e informali che vede la luce il 16 gennaio 2013[1]. Un ruolo essenziale del Decreto Leg. 13/13 è quello di disegnare un insieme di regole, comuni a tutte le istituzioni italiane competenti, per assicurare ai cittadini l'esercizio del diritto al riconoscimento sociale e istituzionale di tutte le loro competenze, comunque e ovunque apprese. Inoltre il Decreto n. 13 al Capo III istituisce il “Repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali” che costituisce il quadro di riferimento unitario per la certificazione delle competenze A valle della entrata in vigore del Decreto 13/2013 le Regioni con il Ministero del Lavoro e il supporto di Inapp e Tecnostruttura, hanno realizzato un lavoro tecnico che ha generato un ulteriore e importante passaggio nella definizione del sistema di validazione e certificazione. In esito a questo percorso il 30 giugno 2015 è stato emanato “Decreto interministeriale concernente la definizione di un quadro operativo per il riconoscimento a livello nazionale delle qualificazioni regionali”. Attraverso questo passaggio il Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero dell’Istruzione e Università, ha preso atto dell'insieme di regole e procedure che le Regioni hanno definito al fine di rendere valorizzabili e spendibili da una Regione all’altra competenze e qualifiche validate o certificate. In particolare questo Decreto con i relativi allegati tecnici contiene la seguente definizione dei processi. La validazione delle competenze è un processo che consente l’accesso a qualificazioni (intese come aggregati di competenze o singole competenze) attraverso una ricostruzione e valutazione dell’apprendimento formale, non formale e informale. Tale opportunità rappresenta parte integrante del sistema di certificazione delle competenze, pertanto l’individuazione, validazione e certificazione delle competenze acquisite in ambito non formale e informale va intesa come una via alternativa a quella formale per l’ottenimento delle qualificazioni (intese come aggregati di competenze o singole competenze). Le qualificazioni ottenibili tramite validazione sono potenzialmente accessibili anche in ambito formale e viceversa.La certificazione delle competenze si definisce invece come la procedura e atto conclusivo di rilascio delle qualificazioni (intese come aggregati di competenze o singole competenze). L’attestato di certificazione ha sempre valore di parte terza ovvero è rilasciato su responsabilità dell’Ente titolare con il supporto di chi attua il servizio in qualità di Ente titolato. La certificazione, se riferita ad apprendimenti non formali e informali, normalmente segue al processo di individuazione e validazione salvo nei casi in cui ciò non sia ritenuto opportuno per mancanza di condizioni o di effettiva necessità da parte del cittadino interessato.Il testo del Decreto 30 giugno 2015 definisce anche la meta-articolazione del processo di individuazione e validazione delle competenze da apprendimento non formale e informale, la natura, tipologia e formato delle attestazioni rilasciabili, le funzioni professionali e operative connesse a ciascun passaggio e gli standard minimi che caratterizzano i processi valutativi. In ultimo il Decreto dell’8 gennaio 2018 relativo alla istituzione del Quadro Nazionale delle Qualificazioni (NQF) in risposta alla Raccomandazione Europea relativa all’European Qualification Framework (EQF) definisce per il nostro paese in modo univoco una serie di descrittori per gli 8 livelli delle Qualificazioni individuando che tipo di conoscenze, abilità e autonomia/responsabilità sono riconducibili a ciascun livello. Inoltre il Decreto NQF struttura le procedure per la referenziazioni delle qualificazioni al Quadro attraverso il Punto Nazionale di Coordinamento EQF insediato presso l’ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) e con la valutazione indipendente di Inapp. [1] Dlgs. 16 gennaio 2013, n. 13 “Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l'individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, a norma dell'articolo 4, commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92. (13G00043) (GU n.39 del 15-2-2013).
Angelo Balducci (San Giorgio di Pesaro, 3 luglio 1948) è un dirigente pubblico italiano.Nel 2016 è condannato in via definitiva per corruzione aggravata.
La storia d'Italia è l'insieme di numerose vicende locali e cittadine e riflesso della storia universale della sua capitale, Roma, sede dell'Impero prima e del Papato poi. Essa è parte fondante della cultura occidentale, europea e mediterranea. L'eredità storico-culturale dell'Italia si riflette nell'elevato numero di patrimoni dell'umanità presenti nel paese. Luogo di incontro di culture arcaiche come quella etrusca, latina, e sabina, di insediamenti celti e colonie greche e fenicio-cartaginesi, l'Italia antica fu federata dalla Repubblica Romana e divenne il centro dell'Impero Romano. Una prima sistemazione amministrativa in regioni le fu data da Cesare Augusto (27 a.C.-14 d.C.). Divenne poi terra a maggioranza cristiana, abbandonando l'antico politeismo, tra la promulgazione dell'Editto di Milano (313) che garantiva la libertà di culto e quella dell'Editto di Tessalonica (380), che impose di seguire la religione del vescovo di Roma. Con la caduta dell'Impero, l'Italia venne invasa dagli Eruli di Odoacre (476), e poi dagli Ostrogoti di Teodorico (492), dai Bizantini di Giustiniano (535), e dai Longobardi di Alboino (568). Alla dominazione straniera, si accompagnò il processo di divisione politica: l'Italia meridionale fu contesa tra Longobardi, Bizantini e Berberi, quella centrale si consolidò come Stato Pontificio, e quella settentrionale venne inglobata da Carlomagno nel Sacro Romano Impero Germanico con l'incoronazione di quest' ultimo da parte di Papa Leone III nell'anno 800. Con l'umiliazione di Canossa (1077) prima e la pace di Venezia (1177) poi, il Papa indebolì l'Imperatore germanico, favorendo l'ascesa di autonomi Comuni nell'Italia imperiale. Tra questi, le repubbliche marinare di Genova e Venezia acquistarono un grande peso nel corso delle crociate, fatto che provocò una rivoluzione commerciale e mercantile in tutta Italia. Contestualmente, il mezzogiorno veniva unificato nel regno di Sicilia dai vichinghi Normanni. Per intrecci dinastici, corona di Sicilia e diadema imperiale pervennero entrambi a Federico II di Svevia, il quale fu a capo di un impero che si espanse nei paesi baltici e in Terra Santa, ma che si disgregò dopo il fallimento del progetto assolutista di dominare tutta l'Italia per la resistenza di Stato Pontificio, baroni meridionali, e Comuni centro-settentrionali. Dopo le drammatiche crisi del Trecento, la penisola conobbe una nuova epoca di prosperità economica e culturale tra XV e XVI secolo, periodo noto come Rinascimento. Per la sua ricchezza e centralità negli affari europei, divenne il principale teatro dello scontro delle Guerre d'Italia, che coinvolsero le principali potenze dell'epoca, tra cui il Regno di Francia, l'Impero germanico, l'Impero spagnolo, la Confederazone Elvetica, l'Inghilterra e l'Impero ottomano. Sul piano culturale, l'Italia conosceva poi la controriforma, il barocco, ed il neoclassicismo. Dopo la parentesi Napoleonica, gli italiani lottarono per la loro indipendenza ed unificazione in una serie di guerre sotto la guida del Regno di Sardegna sabaudo, occupando il nord, sottoposto direttamente o indirettamente agli Asburgo d'Austria, e le Due Sicilie, governate dai Borbone di Napoli, un ramo cadetto dei Borbone di Spagna. Roma, nel mezzo della guerra franco-prussiana (1870-1871), fu fatta capitale a conclusione del Risorgimento. L'Italia unita divenne uno stato liberale sul fronte economico-politico, mentre in politica estera creò un proprio spazio coloniale in Libia e Corno d'Africa. Le ambizioni territoriali in Europa e la volontà di trovare un suo posto nel concerto di blocchi politici e alleanze sicure portò l'Italia a partecipare alla prima guerra mondiale a fianco della Triplice Intesa. La società italiana, colpita dalla propaganda nazionalista della "vittoria mutilata", aderì gradualmente al fascismo di Benito Mussolini e dei suoi seguaci, saliti al potere nell'ottobre del 1922. L'avvicinamento alla Germania nazista e la formazione dell'asse Roma-Berlino del 1936 saranno determinanti nella scelta italiana di entrare nella seconda guerra mondiale, nel 1940. Dopo il suo fallimento militare, ebbe termine la forma di governo monarchica: l'attuale repubblica fu infatti istituita nel giugno 1946. In seguito alla ricostruzione, vi fu un periodo storico di ripresa economica, militare, sportiva e politica, così come la riaffermazione dell'Italia come potenza industriale, essendo tra le nazioni fondanti del G6 (poi G7, G8 e nuovamente G7 nell'attualità) nel 1975 e del G20 nel 1999. L'Italia è inoltre tra i sei Paesi fondatori dell'Unione europea, la quale opera tramite meccanismi e politiche sovranazionali (come l'euro).
La produzione in economia è l'insieme delle operazioni attraverso cui beni e risorse primarie (es. materie prime) vengono trasformati o modificati, con l'impiego di risorse materiali (es. macchine) e immateriali (ad es. energia e lavoro umano), in beni e prodotti finali a valore aggiunto in modo da renderli utili o più utili cioè idonei a soddisfare, in seguito alla loro distribuzione sul mercato, la domanda e il consumo da parte dei consumatori finali. Con costo di produzione di indica invece la somma del costo relativo ai fattori impiegati nella produzione di un bene economico. La definizione è applicabile pressoché a qualunque attività umana e non, in qualunque disciplina, anche non tecnica. A causa della generalità della sua definizione, il termine "produzione" assume sfumature diverse a seconda del tipo di risorse trattate, dei risultati ottenuti, e del contesto in cui è utilizzata. A livello macroeconomico al livello di produzione, che rappresenta l'offerta, è collegato il livello di consumo o domanda ed livello di occupazione. Produzione e consumo tendono all'equilibrio in risposta all'equilibrio tra domanda e offerta.
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