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Autore principale: Vigni, Carlo
Pubblicazione: Firenze : Aska, 2010
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese:
Francesca Archibugi (Roma, 16 maggio 1960) è una regista e sceneggiatrice italiana.
Ornella Muti, pseudonimo di Francesca Romana Rivelli (Roma, 9 marzo 1955), è un'attrice italiana. Annoverata tra le più autorevoli e note attrici italiane, ha vinto numerosi premi: una Targa d'oro ai David di Donatello (1976), due Grolle d'oro, migliore attrice (1979), alla carriera (1998), tre Globi d'oro, migliore attrice (1982, 1988), alla carriera (2007), tre Ciak d'oro, migliore attrice protagonista (1988, 1989), Ciak d'oro speciale (2018), un Premio Pasinetti per l'attrice al Festival del Cinema di Venezia (1988) e due Nastri d'argento come migliore attrice protagonista (1988, 1989), su cinque candidature, di cui due come migliore attrice non protagonista. Ha ricevuto inoltre tre candidature come migliore attrice protagonista ai David di Donatello (1982, 1988, 1989) e una come migliore attrice agli European Film Awards (1988). Nella sua carriera ha interpretato vari generi, lavorando al fianco di registi come Damiano Damiani, Mario Monicelli, Dino Risi, Marco Ferreri, Carlo Verdone, Ettore Scola, John Landis, Francesca Archibugi, Woody Allen, Paolo Virzì, Umberto Lenzi e Francesco Nuti
Il grande cocomero è un film del 1993 diretto da Francesca Archibugi. Il film è ispirato all'esperienza di Marco Lombardo Radice, neuropsichiatra sperimentatore di terapie innovative nella cura dei disturbi psichici dei minori, del quale la Archibugi ricostruisce le strategie e i percorsi terapeutici fuori dagli schemi, basati soprattutto sul paziente ascolto delle necessità dei bambini e sulla compensazione delle loro carenze affettive.Fu presentato nella sezione Un Certain Regard del 46º Festival di Cannes.
Gli spettacoli nell'antica Roma erano numerosi, aperti a tutti i cittadini ed in genere gratuiti; alcuni di essi si distinguevano per la grandezza degli allestimenti e per la crudeltà. I Romani frequentavano di preferenza i combattimenti dei gladiatori, quelli con bestie feroci (venationes), le riproduzioni di battaglie navali (naumachia), le corse di carri, le gare di atletica, gli spettacoli teatrali dei mimi e le pantomime. Quarant'anni dopo l'invettiva di Giovenale (n. tra il 55 e il 60–m. dopo il 127) che rimpiangeva la sobrietà e la severità repubblicana di un popolo che ormai aspirava solo al panem et circenses, al pane e agli spettacoli, Frontone (100-166), quasi con le stesse parole, descriveva sconsolato la triste realtà: La classe dirigente romana considerava infatti suo compito primario quello di distribuire alimenti una volta al mese al popolo e di distrarlo e regolare il suo tempo libero con gli spettacoli gratuiti offerti nelle festività religiose o in ricorrenze laiche.
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