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Autore principale: Cosmatos, George Pan
Pubblicazione: Campi Bisenzio : Cecchi Gori home video, [2006?]
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, eng, Paese: IT
George Pan Cosmatos, accreditato spesso come George P. Cosmatos (in greco: Γεώργιος (Τζωρτζ) Κοσμάτος, traslitterato Geórgios (Tzortz) Kosmátos; Firenze, 4 gennaio 1941 – Victoria, 19 aprile 2005), è stato un regista greco.
Rappresaglia è un film del 1973 diretto da George Pan Cosmatos. Il film ricostruisce attraverso il libro Morte a Roma di Robert Katz, che ha contribuito alla sceneggiatura, gli eventi riguardanti l'episodio storico della resistenza italiana conosciuto come attentato di via Rasella e la susseguente rappresaglia, nota come eccidio delle Fosse Ardeatine.
L'eccidio delle Fosse Ardeatine fu l'uccisione di 335 civili e militari italiani, prigionieri politici, ebrei o detenuti comuni, trucidati a Roma il 24 marzo 1944 dalle truppe di occupazione naziste come rappresaglia per l'attentato partigiano di via Rasella, compiuto il 23 marzo da membri dei GAP romani, in cui erano rimasti uccisi 33 soldati del reggimento "Bozen" appartenente alla Ordnungspolizei dell'esercito tedesco. L'eccidio non fu preceduto da nessun preavviso da parte nazista.Per la sua efferatezza, l'alto numero di vittime e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, l'eccidio delle Fosse Ardeatine divenne l'evento-simbolo della durezza dell'occupazione tedesca di Roma. Fu anche la maggiore strage di ebrei compiuta sul territorio italiano durante l'Olocausto; almeno 75 delle vittime erano in stato di arresto per motivi razziali.Le Fosse Ardeatine, antiche cave di pozzolana situate nei pressi della via Ardeatina, scelte quale luogo dell'esecuzione e per occultare i cadaveri degli uccisi, nel dopoguerra sono state trasformate in un sacrario-monumento nazionale. Sono oggi visitabili e luogo di cerimonie pubbliche in memoria.
Nel diritto internazionale, s'intende per rappresaglia un'azione di autotutela effettuata da uno Stato contro un altro Stato, in risposta a un precedente atto illecito commesso dal secondo contro il primo. Nel linguaggio comune viene inoltre definita rappresaglia un'azione militare punitiva caratterizzata da inumanità e da violenza indiscriminata, posta in essere da una forza occupante ai danni della popolazione civile della regione occupata. In quest'ultima accezione, la rappresaglia è vietata dal diritto internazionale.
L'attentato di via Rasella fu un'azione della Resistenza romana condotta il 23 marzo 1944 dai Gruppi di Azione Patriottica (GAP), unità partigiane del Partito Comunista Italiano, contro un reparto delle forze d'occupazione tedesche, l'11ª Compagnia del III Battaglione del Polizeiregiment "Bozen", appartenente alla Ordnungspolizei (polizia d'ordine) e composto da reclute altoatesine. Fu il più sanguinoso e clamoroso attentato urbano antitedesco in tutta l'Europa occidentale. L'azione, del cui ordine dopo la guerra si assunse la responsabilità Giorgio Amendola, fu compiuta da una dozzina di gappisti (tra cui Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Rosario Bentivegna e Carla Capponi) e consistette nella detonazione di un ordigno esplosivo improvvisato al passaggio di una colonna di soldati in marcia e nel successivo lancio di quattro bombe a mano artigianali sui superstiti. Causò la morte di trentatré soldati tedeschi (non si hanno informazioni certe circa eventuali decessi tra i feriti nei giorni seguenti) e di due civili italiani (tra cui il dodicenne Piero Zuccheretti), mentre altre quattro persone caddero sotto il fuoco di reazione tedesco. Il 24 marzo, senza nessun preavviso, seguì la rappresaglia tedesca consumata con l'eccidio delle Fosse Ardeatine, in cui furono uccisi 335 prigionieri completamente estranei all'azione gappista, tra cui dieci civili rastrellati nelle vicinanze di via Rasella immediatamente dopo i fatti. Fin dalle prime reazioni, l'attentato è stato al centro di una lunga serie di controversie (anche in sede storiografica) sulla sua opportunità militare e legittimità morale, che lo hanno reso un caso paradigmatico della «memoria divisa» degli italiani. Nella lunga storia processuale dei fatti del marzo 1944, anche la legittimità giuridica dell'attentato è stata oggetto di valutazioni diverse: sul piano del diritto internazionale bellico è stato giudicato, da tutte le corti militari britanniche e italiane che hanno processato e condannato gli ufficiali tedeschi responsabili delle Fosse Ardeatine, un atto illegittimo in quanto compiuto da combattenti privi dei requisiti di legittimità previsti dalla IV Convenzione dell'Aia del 1907; sul piano del diritto interno italiano è stato invece considerato, in tutte le sentenze emesse sul caso da giudici civili e penali, un atto di guerra legittimo in quanto riferibile allo Stato italiano allora in guerra con la Germania. Tale riconoscimento di legittimità ebbe luogo, secondo l'interpretazione di alcune sentenze al riguardo proposta da alcuni autori, in forza di una legislazione successiva al compimento dell'attentato; secondo l'interpretazione delle medesime sentenze presentata da altri autori, l'attentato era da considerarsi legittimo anche al momento della sua attuazione. Le motivazioni dell'attentato sono diverse: secondo un'intervista resa nel 1946 dal gappista Rosario Bentivegna, «scuotere la popolazione, eccitarla in modo che si sollevasse contro i tedeschi»; secondo la deposizione di Giorgio Amendola al processo Kappler (1948), indurre i tedeschi al rispetto dello status di Roma città aperta smilitarizzando il centro urbano; secondo la Commissione storica italo-tedesca (2012), contrastare l'occupante e «scuotere la maggioranza della popolazione civile dallo stato di attesa passiva in cui versava». Tutte assai discusse, le motivazioni hanno costituito tra l'altro l'oggetto di una teoria del complotto che non ha trovato alcun riscontro né in sede storiografica né in sede giudiziale.
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