Accedi all'area personale per aggiungere e visualizzare i tuoi libri preferiti
Autore principale: Gioberti, Vincenzo
Pubblicazione: Firenze : Vallecchi, stampa 1925
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il neoguelfismo è stato un movimento culturale e politico che si affermò in Italia, in ambito cattolico e liberale, nei primi decenni del XIX secolo, quando maturarono e si confrontarono riflessioni e proposte su tempi e modi per realizzare l'unificazione italiana. Per estensione, la parola neoguelfismo viene ancora utilizzata polemicamente per indicare un atteggiamento clericale e il proposito di rafforzare o restaurare la presenza attiva della Chiesa nella vita politica di un Paese. Il termine, inizialmente elaborato dai suoi critici laici e repubblicani quali Guglielmo Pepe e Giuseppe Ferrari per sottolinearne il carattere reazionario, finì per essere accettato anche dai suoi adepti. Formulato teoricamente da Vincenzo Gioberti, nella sua opera Del primato morale e civile degli italiani del 1843, aveva come programma la realizzazione dell'unità italiana sulla base di una confederazione di stati, ciascuno governato dal proprio principe, sotto la presidenza del papa. Erano presenti, inoltre, propositi di riforma della Chiesa in senso liberale e democratico, federalismo e valorizzazione delle autonomie. Tra gli altri fautori di tale movimento si possono citare Antonio Rosmini, Vincenzo d'Errico e l'abate Luigi Tosti che nel 1887 tentò, senza successo, di favorire un accordo tra Chiesa e Stato italiano che ponesse fine alla questione romana. Elementi di neoguelfismo si possono trovare anche in Cesare Balbo, Gino Capponi, Carlo Matteucci ed Alessandro Manzoni. Il termine, inoltre, è stato usato in tempi più recenti per indicare gli appartenenti ad un gruppo di intellettuali cattolici che, spesso esuli in Svizzera, militarono clandestinamente contro il regime fascista. Tra i membri di questo gruppo troviamo il futuro politico democristiano Piero Malvestiti. Nel XXI secolo molti elementi del neoguelfismo storico sono riscontrabili nelle molteplici attività dell'Arciconfraternita di Parte Guelfa particolarmente produttiva nella salvuaguardia ambientale e paesaggistica.
Il Risorgimento è il periodo della storia italiana durante il quale l'Italia conseguì la propria unità nazionale. La proclamazione del Regno d'Italia del 17 marzo 1861 fu l'atto formale che sancì, a opera del Regno di Sardegna, la nascita del nuovo Regno d'Italia formatosi con le annessioni plebiscitarie di gran parte degli Stati preunitari. Per indicare questo processo storico si usa anche la locuzione "unità d'Italia". Il termine, che designa anche il movimento culturale, politico e sociale che promosse l'unificazione, richiama gli ideali romantici, nazionalisti e patriottici di una rinascita italiana attraverso il raggiungimento di un'identità politica unitaria che, pur affondando le sue radici antiche nel periodo romano, «aveva subìto un brusco arresto [con la perdita] della sua unità politica nel 476 d.C. in seguito al crollo dell'Impero romano d'Occidente».
Carlo Alberto di Savoia-Carignano (Carlo Alberto Emanuele Vittorio Maria Clemente Saverio di Savoia-Carignano; Torino, 2 ottobre 1798 – Oporto, 28 luglio 1849) è stato Re di Sardegna dal 27 aprile 1831 al 23 marzo 1849. Durante il periodo napoleonico visse in Francia dove acquisì un'educazione liberale. Come principe di Carignano nel 1821 diede e poi ritirò l'appoggio ai congiurati che volevano imporre la costituzione al re di Sardegna Vittorio Emanuele I. Divenne conservatore e partecipò alla spedizione legittimista contro i liberali spagnoli del 1823. Non destinato al trono, diventò re dello Stato sabaudo nel 1831 alla morte dello zio Carlo Felice che non aveva eredi. Da sovrano, dopo un primo periodo conservatore durante il quale appoggiò vari movimenti legittimisti d'Europa, nel 1848 aderì all'idea di un'Italia federata guidata dal papa e libera dagli Asburgo. Nello stesso anno concesse lo Statuto, la carta costituzionale che sarebbe rimasta in vigore (prima nel Regno di Sardegna e poi nel Regno d'Italia) fino al 1947. Guidò le forze che portarono alla prima guerra di indipendenza contro l'Austria ma, abbandonato da papa Pio IX e dal re Ferdinando II delle Due Sicilie, nel 1849 fu sconfitto e abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele. Morì in esilio qualche mese dopo nella città portoghese di Oporto. Il suo tentativo di liberare l'Italia settentrionale dall'Austria rappresentò il primo sforzo dei Savoia di mutare gli equilibri della penisola dettati dal Congresso di Vienna. L'opera sarà ripresa con successo dal figlio Vittorio Emanuele, che diverrà il primo re d'Italia.
Il contesto politico italiano è nel pieno del movimento mazziniano; la Giovine Italia poneva in secondo piano la fede e quei conformismi politici di ossequio nei confronti del papato, inoltre l'attivismo insurrezionale si traduceva in un vano sacrificio di giovani vite. Tutto ciò trova di fronte l'opposizione del ceto cattolico-liberale, che vede in Gioberti una propria rappresentazione politica. Ne Il primato morale e civile degli Italiani Vincenzo Gioberti rivela il suo pensiero politico basato su un progetto riformistico, moderato facente leva sugli antichi valori cristiani, che a suo giudizio hanno da sempre accomunato tutti gli italiani, il cui obiettivo era la creazione di una federazione nazionale dei vari stati della penisola sotto la presidenza del papa. Occorreva creare un movimento d'opinione che utilizzasse la forza del cattolicesimo e dei principi, per poi tradursi politicamente in un partito cattolico italiano, nazionale e moderno. L'opera ebbe un grande successo e da essa nacque il cosiddetto partito neoguelfo che ispirerà poi la partecipazione di vari stati italiani alla prima guerra di indipendenza. Il neoguelfismo apparve come un mito di straordinaria, anche se effimera, efficacia. In effetti l'opera era manchevole almeno sotto due aspetti: in primo luogo trascurava il fatto che il futuro presidente della lega avrebbe dovuto essere l'allora papa Gregorio XVI, pontefice reazionario, l'autore dell'enciclica Mirari vos con la quale veniva condannata ogni forma di pensiero liberale; in secondo luogo, Gioberti sembrava non considerare che dalla lega sarebbe rimasto fuori il Lombardo-Veneto, sotto la dominazione austriaca. L'opera venne attaccata da destra dai gesuiti e da sinistra dai mazziniani repubblicani che lo accusarono di clericalismo. Per rispondere a questa accuse Gioberti scrive I prolegomeni del Primato, opera pubblicata postuma a Bruxelles nel 1865, dove innanzitutto chiarisce che "Il primato [...] aveva la funzione di propagandare il progetto federativo e che quello che importava era la lega [...] chiunque ne fosse poi il presidente, o il papa o il re di Sardegna". Gioberti dunque è amareggiato dalle reazioni acutamente critiche che gli sono mosse dagli stessi ambienti ecclesiastici. Il fulcro del suo pensiero politico dunque sposta il baricentro sulla "pubblica opinione come regina del mondo": inevitabile il riferimento alla classe borghese, classe sociale non più soltanto dirigente bensì anche dominante, l'unica realtà in grado di sopravvivere al mito del proletariato e all'aristocrazia reazionaria. Ma chi avrebbe dovuto realizzare la lega? Secondo Gioberti sarà la forza dell'opinione pubblica che è incarnata dalla borghesia, ceto dialettico, per sua natura tendente alla moderazione e capace di assorbire gli opposti estremismi del patriziato e della plebe, per cui la borghesia è destinata a divenire ceto universale unico. Questa spinta in avanti del pensiero giobertiano sarà poi sociologicamente additata come nociva dal pensiero di Gaetano Mosca, che scorgerà nella borghesia l'espressione più forte di élite del XIX secolo. Da questo punto di vista Gioberti, a parere dello storico Giorgio Rumi, si rivela una sorta di profeta politico, "se pensiamo alla scomparsa, ai nostri giorni, di quello che era il proletariato e a quella progressiva del sottoproletariato, di pasoliniana memoria, sostituito anch'esso dalla classe degli emarginati (gli immigrati, i nuovi poveri ecc.). Oggi in effetti constatiamo la presenza di un'unica grande classe borghese, dove le distinzioni sono ormai al suo interno: la grande, media e piccola borghesia. (cfr. G.Rumi, Gioberti, Bologna 2000) La borghesia, dice Gioberti, non è ne clericale né anticlericale ma laica e potrà però realizzare il suo progetto, solo se sarà in grado di fondare un moderno partito cattolico, un partito integralista, che assuma il Vangelo come suo programma politico. E ancora una volta Gioberti sembra profetizzare l'avvento di una futura Democrazia Cristiana che governerà a lungo il nostro paese. (cfr. Francesco Traniello, Da Gioberti a Moro: percorsi di una cultura politica, Milano, 1990)
Bettino Ricasoli, soprannominato il Barone di ferro (Ricàsoli [riˈkazoli]; Firenze, 9 marzo 1809 – San Regolo, 23 ottobre 1880), è stato un politico italiano, sindaco di Firenze e secondo presidente del Consiglio del Regno d'Italia dopo Cavour.
Il neoguelfismo è stato un movimento culturale e politico che si affermò in Italia, in ambito cattolico e liberale, nei primi decenni del XIX secolo, quando maturarono e si confrontarono riflessioni e proposte su tempi e modi per realizzare l'unificazione italiana. Per estensione, la parola neoguelfismo viene ancora utilizzata polemicamente per indicare un atteggiamento clericale e il proposito di rafforzare o restaurare la presenza attiva della Chiesa nella vita politica di un Paese. Il termine, inizialmente elaborato dai suoi critici laici e repubblicani quali Guglielmo Pepe e Giuseppe Ferrari per sottolinearne il carattere reazionario, finì per essere accettato anche dai suoi adepti. Formulato teoricamente da Vincenzo Gioberti, nella sua opera Del primato morale e civile degli italiani del 1843, aveva come programma la realizzazione dell'unità italiana sulla base di una confederazione di stati, ciascuno governato dal proprio principe, sotto la presidenza del papa. Erano presenti, inoltre, propositi di riforma della Chiesa in senso liberale e democratico, federalismo e valorizzazione delle autonomie. Tra gli altri fautori di tale movimento si possono citare Antonio Rosmini, Vincenzo d'Errico e l'abate Luigi Tosti che nel 1887 tentò, senza successo, di favorire un accordo tra Chiesa e Stato italiano che ponesse fine alla questione romana. Elementi di neoguelfismo si possono trovare anche in Cesare Balbo, Gino Capponi, Carlo Matteucci ed Alessandro Manzoni. Il termine, inoltre, è stato usato in tempi più recenti per indicare gli appartenenti ad un gruppo di intellettuali cattolici che, spesso esuli in Svizzera, militarono clandestinamente contro il regime fascista. Tra i membri di questo gruppo troviamo il futuro politico democristiano Piero Malvestiti. Nel XXI secolo molti elementi del neoguelfismo storico sono riscontrabili nelle molteplici attività dell'Arciconfraternita di Parte Guelfa particolarmente produttiva nella salvuaguardia ambientale e paesaggistica.
Alcune catalogazioni sono state accorpate perché sembrano descrivere la stessa edizione. Per visualizzare i dettagli di ciascuna, clicca sul numero di record
Record aggiornato il: 2021-11-25T04:23:40.233Z