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Autore principale: Mattone, Antonello
Pubblicazione: Pisa : Pacini, 2007
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il sardo (nome nativo sardu /ˈsaɾdu/, lìngua sarda /ˈliŋɡwa ˈzaɾda/ nelle varianti campidanesi o limba sarda /ˈlimba ˈzaɾda/ nelle varianti logudoresi e in ortografia LSC) è una lingua appartenente al gruppo romanzo delle lingue indoeuropee che, per differenziazione evidente sia ai parlanti nativi, sia ai non sardi, sia agli studiosi di ogni tempo, deve essere considerata autonoma dai sistemi dialettali di area italica, gallica e ispanica e pertanto classificata come idioma a sé stante nel panorama neolatino. È parlata nell'isola della Sardegna. È classificata come lingua romanza occidentale o insulare e viene considerata da molti studiosi la più conservativa delle lingue derivanti dal latino; a titolo di esempio, lo storico Manlio Brigaglia rileva che la frase in latino pronunciata da un romano di stanza a Forum Traiani Pone mihi tres panes in bertula ("Mettimi tre pani nella bisaccia") corrisponderebbe alla sua traduzione in sardo corrente Ponemi tres panes in sa bèrtula. Sebbene la base lessicale sia quindi in massima misura di origine latina, il sardo conserva tuttavia diverse testimonianze del sostrato linguistico degli antichi Sardi prima della conquista romana: si evidenziano etimi protosardi e, in misura minore, anche fenicio-punici in diversi vocaboli, soprattutto toponimi. In età medievale, moderna e contemporanea la lingua sarda ha ricevuto influenze di superstrato dal greco-bizantino, ligure, volgare toscano, catalano, castigliano e italiano. Dal 1997 la legge regionale riconosce alla lingua sarda pari dignità rispetto all'italiano. Dal 1999 è anche tutelata dalla legge nazionale sulle minoranze linguistiche; fra le dodici minoranze in questione, quella sarda è la più robusta in termini assoluti ma è anche quella che più ha conosciuto un decremento in termini relativi.
L'indipendentismo sardo, anche noto col nome di sardismo, (in sardo: sardismu, in catalano: sardisme) è una corrente sociale, culturale e politica che propugna l'autodeterminazione della Sardegna dalla Repubblica Italiana, nonché il rispetto del suo patrimonio culturale e ambientale. Intende dunque conseguire, per metodi nonviolenti e democratici, tale diritto, nella forma di più spazi di autonomia proiettati idealmente all'indipendenza. L'isola è storicamente caratterizzata da periodiche ondate di protesta nei confronti di Roma e del potere centrale, fungendo la narrazione sardista da contraltare al fascismo e nazionalismo italiano emerso nella penisola nel corso del Novecento. Uno dei capisaldi di tale movimento, sorto e tradizionalmente collocabile nell'ala politica dell'antimperialismo, è di matrice identitaria e oggi maggiormente pluralista con venature liberali, in quanto risiede, secondo gli aderenti, nella coscienza di appartenere a una realtà umana e territoriale caratterizzata da interessi economici specifici rispetto a quelli peninsulari, oltre che da peculiarità storiche e culturali; questa corrente politica si basa anche sul principio secondo cui i sardi non otterranno mai il pieno autogoverno sulla loro terra continuando a far parte dell'attuale sistema centrale di governo italiano, e si mostra critica verso le linee politiche finora attuate nei confronti dell'isola. Ascrivibili all'area sardista sono diverse campagne di denuncia, alcune delle quali, come la mancanza di autogestione fiscale (vedansi eventi che hanno portato all'emersione della cosiddetta vertenza entrate), la continuità territoriale, la mancata rappresentanza in Europa dovuta a una problematica circoscrizione elettorale, la questione del nucleare (di cui fa fede il referendum consultivo del 2011, proposto da un gruppo indipendentista) e quella del servaggio militare, sono entrate anche nell'agenda politica regionale.
L'Atlante linguistico ed etnografico dell'Italia e della Svizzera meridionale (Sprach- und Sachatlas Italiens und der Südschweiz) è una raccolta di carte geografiche dell'Italia e della Svizzera meridionale che presenta parole, concetti o frasi, nelle rispettive forme dialettali, evidenziando le differenze linguistiche tra le varie località. L'intera opera comprende otto volumi pubblicati dal 1928 al 1940, un volume introduttivo ed un indice analitico complessivo, pubblicato dopo la morte dei due ideatori, Karl Jaberg (1877-1958), professore all’Università di Berna, e Jakob Jud (1882-1952) all’Università di Zurigo.
Jean-Jacques Rousseau ([rusˈso]; in francese [ʒɑ̃'ʒak ʁu'so]; Ginevra, 28 giugno 1712 – Ermenonville, 2 luglio 1778) è stato un filosofo, scrittore, pedagogista e musicista svizzero. Nato da un'umile famiglia calvinista di origine francese, ebbe una giovinezza difficile ed errabonda durante la quale si convertì al cattolicesimo (per poi tornare al calvinismo e approdare infine al deismo), visse e studiò a Torino e svolse diverse professioni, tra cui quella della copia di testi musicali e quella di istitutore. Trascorse alcuni anni di tranquillità presso la nobildonna Françoise-Louise de Warens; quindi, dopo alcuni vagabondaggi tra la Francia e la Svizzera, si trasferì a Parigi, dove conobbe e collaborò con gli enciclopedisti. Nello stesso periodo iniziò la sua relazione con Marie-Thérèse Levasseur, da cui avrebbe avuto cinque figli. Il suo primo testo filosofico importante, il Discorso sulle scienze e le arti, vinse il premio dell'Accademia di Digione nel 1750 e segnò l'inizio della sua fortuna.Dal primo Discours emergevano già i tratti salienti della filosofia rousseauiana: un'aspra critica della civiltà come causa di tutti i mali e le infelicità della vita dell'uomo, con il corrispondente elogio della natura come depositaria di tutte le qualità positive e buone. Questi temi sarebbero stati ulteriormente sviluppati dal Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini del 1754: da questo secondo Discours emergeva la concezione di Rousseau dell'uomo e dello stato di natura, la sua idea sull'origine del linguaggio, della proprietà, della società e dello Stato. Un altro testo, il Contratto sociale del 1762, conteneva la proposta politica di Rousseau per la rifondazione della società sulla base di un patto equo – costitutivo del popolo come corpo sovrano, solo detentore del potere legislativo e suddito di sé stesso. Questi e altri suoi scritti (soprattutto l'Émile, sulla pedagogia) vennero condannati e contribuirono a isolare Rousseau rispetto all'ambiente culturale del suo tempo. Le sue relazioni con tutti gli intellettuali illuministi suoi contemporanei, oltre che con le istituzioni della Repubblica di Ginevra, finirono per deteriorarsi a causa di incomprensioni, sospetti e litigi, e Rousseau morì in isolamento quasi completo.Considerato per alcuni versi un illuminista, e tuttavia in radicale controtendenza rispetto alla corrente di pensiero dominante nel suo secolo, Rousseau ebbe influenze importanti nel determinare certi aspetti dell'ideologia egualitaria e anti-assolutistica che fu alla base della Rivoluzione francese del 1789; anticipò inoltre molti degli elementi che, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, avrebbero caratterizzato il Romanticismo, e segnò profondamente tutta la riflessione politica, sociologica, morale, psicologica e pedagogica successiva. Alcuni elementi della sua visione etica saranno ripresi in particolare da Immanuel Kant. Le idee di Rousseau ebbero una risonanza europea e mondiale, tale da ispirare le future costituzioni degli Stati Uniti e della Rivoluzione francese. Rousseau fu anche un compositore, e la sua opera più nota è L'indovino del villaggio.
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