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Autore principale: Associazione versiliese Italia-Cecoslovacchia; Pisa <Provincia>; Toscana <Regione>
Pubblicazione: [S.l. : s.n.], stampa 1985
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
Il campo di concentramento di Theresienstadt (o ghetto di Terezín secondo la definizione preferita da alcuni studiosi) è stata una struttura di internamento e deportazione utilizzata dalle forze tedesche durante la Seconda guerra mondiale, tra il 24 novembre 1941 e il 9 maggio 1945. Incorporata dal Terzo Reich nel 1938, la città della Repubblica Ceca, a 60 km da Praga, è nota per aver concentrato nel campo omonimo «i maggiori artisti», «il fior fiore degli intellettuali ebrei mitteleuropei, pittori, scrittori, musicisti» e con «una forte presenza di bambini». Presentato dalla propaganda nazista come esemplare insediamento ebraico, fu in realtà un luogo di raccolta e smistamento di prigionieri da indirizzare soprattutto ai campi di sterminio di Treblinka ed Auschwitz. Secondo i dati confermati dall'Istituto Yad Vashem, su un totale di «155.000 ebrei passati da Theresienstadt fino alla sua liberazione l'8 maggio 1945; 35.440 perirono nel ghetto e 88.000 furono deportati» per essere eliminati. Nel computo finale (degli arrivi e dei morti) sono inclusi anche i circa 15.000 ebrei che giunsero al campo nelle ultime due-tre settimane, sfollati da altri campi di concentramento.
I bambini di Auschwitz sono stati i circa 230.000 bambini e adolescenti (in maggioranza ebrei, ma anche rom, polacchi e slavi) che tra il 1940 e il 1944 furono prigionieri al campo di concentramento di Auschwitz (e nei suoi sottocampi). Quasi tutti perirono nelle camere a gas o di stenti e malattia. Al momento della liberazione del campo il 25 gennaio 1945 vi si contarono solo circa 700 bambini e adolescenti, di cui circa 200 erano i superstiti dei bambini selezionati da Josef Mengele per i suoi esperimenti medici. Anche aggiungendovi le centinaia di minori (soprattutto adolescenti) che sopravvissero al trasferimento in altri campi come forza lavoro o alle marce della morte con le quali nelle ultime settimane si cercarono di evacuare i prigionieri rimasti nel campo, il totale dei bambini e adolescenti sopravvissuti ad Auschwitz non rappresenta che un'infima frazione dei deportati.
I bambini dell'Olocausto hanno rappresentato il segmento più vulnerabile tra i gruppi che furono colpiti dalle politiche naziste di discriminazione, persecuzione razziale e genocidio, con un altissimo numero di vittime. La stragrande maggioranza di loro (tra un milione e un milione e mezzo) furono ebrei e a loro ci si riferisce specificamente e più propriamente come bambini della Shoah. Tra le vittime dell'Olocausto si annoverano anche numerosissimi bambini non ebrei (tra il 40% e il 50% dei 200.-250.000 "zingari" uccisi nell'Olocausto, oltre a svariate migliaia di polacchi, russi, serbi, disabili, figli di oppositori politici, vittime di rappresaglie, ecc.). I bambini che furono oggetto di persecuzione e sopravvissero all'Olocausto, nei ghetti e nei campi di concentramento o nella clandestinità o attraverso la fuga e l'emigrazione forzata, passarono tutti attraverso esperienze molto dure di privazioni personali e di separazione o perdita delle loro famiglie. Nel dopoguerra molti di essi hanno svolto un ruolo importante di testimoni nei processi e di fronte all'opinione pubblica.
Friedl Dicker-Brandeis (Vienna, 30 luglio 1898 – Birkenau, 9 ottobre 1944) è stata un'artista e insegnante austriaca di origine ebraica, vittima dell'Olocausto.
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