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Pubblicazione: Milano : Fumetti d'arte, 1985
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
I Vangeli (talvolta indicati nel complesso con Vangelo) sono libri che raccontano la vita e la predicazione di Gesù di Nazareth e quindi la base su cui si fonda il cristianesimo. "Vangelo" deriva dalla parola greca εὐαγγέλιον (evanghélion), che arriva all'italiano attraverso il latino evangelium e significa letteralmente "lieto annunzio" o "buona notizia". Nell'arco di diversi secoli furono composti numerosi testi designati come "vangeli", sebbene di genere letterario diverso. Alcuni di essi, diffusi nei primi secoli di vita della comunità cristiana, sono andati persi, divenendo noti solo per la citazione della loro esistenza in opere successive alla loro composizione; parte di questi sono stati riscoperti grazie ai ritrovamenti archeologici a partire dal XIX secolo. Tra i vangeli sopravvissuti fino ai nostri giorni, i quattro più antichi, che narrano la vita, morte e resurrezione di Gesù Cristo (Vangelo secondo Matteo, Vangelo secondo Marco, Vangelo secondo Luca e Vangelo secondo Giovanni) sono considerati canonici dalle confessioni cristiane, che considerano gli altri vangeli apocrifi.
I vangeli apocrifi sono un eterogeneo gruppo di testi a carattere religioso che si riferiscono alla figura di Gesù Cristo che nel tempo sono stati esclusi dal canone della Bibbia cristiana. Fanno parte della "letteratura apocrifa", un fenomeno religioso e letterario rilevante del periodo patristico. Sovente dotati dell'attribuzione pseudoepigrafa di qualche apostolo o discepolo, furono esclusi dalla pubblica lettura liturgica in quanto in contraddizione con l'ortodossia cristiana. Il termine "apocrifo" ("da nascondere", "riservato a pochi") è stato coniato dalle prime comunità cristiane.
Il Vangelo secondo Giovanni è uno dei quattro vangeli canonici contenuti nel Nuovo Testamento della Bibbia cristiana. Esso si presenta come la trascrizione da parte di autori anonimi della testimonianza del «discepolo che Gesù amava» (cfr. 21, 20-24; allo stesso risultato si perviene anche confrontando 19, 25 con 19, 35), che la tradizione identifica con l'apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo. Oggi gli studiosi fanno comunque spesso riferimento anche a una scuola giovannea nella quale sarebbe maturata la redazione del vangelo e delle lettere attribuite all'apostolo. Scritto in greco, è composto da 21 capitoli e come gli altri vangeli narra il ministero di Gesù. Il Vangelo secondo Giovanni è notevolmente diverso dagli altri tre vangeli, detti sinottici, anche se sembra presupporre la conoscenza almeno del Vangelo secondo Marco, di cui riproduce talvolta espressioni peculiari. Mentre i sinottici si basano sulla predicazione del Regno di Dio da parte di Gesù, il quarto vangelo approfondisce la questione dell'identità del Cristo, inserendo ampie digressioni teologiche. In particolare Gesù viene identificato con il Logos divino, preesistente alla formazione del mondo. Il concetto di "logos" era stato utilizzato in vario modo nella filosofia greca già da alcuni secoli; ne scrivono ad esempio Cleante ed altri filosofi stoici. Giovanni, però, se ne distacca sottolineando ripetutamente anche l'umanità di Gesù, che, per esempio, scoppia in lacrime per la morte di Lazzaro.
I vangeli sinottici (dal greco syn, "insieme", e opsis, "visione") sono i tre vangeli di Matteo, Marco e Luca. Vengono chiamati così perché se si mette il testo dei tre vangeli su tre colonne parallele, in uno sguardo d'insieme (sinossi) si notano facilmente molte somiglianze nella narrazione, nella disposizione degli episodi evangelici, a volte anche nei singoli brani, con frasi uguali o con leggere differenze.
Il Vangelo secondo Luca (in greco: Κατὰ Λουκᾶν εὐαγγέλιον) è uno dei vangeli canonici del Nuovo Testamento ed è suddiviso in 24 capitoli. Narra della vita di Gesù e si apre con le nascite miracolose di Giovanni Battista e di Gesù, per poi descrivere il ministero di quest'ultimo in Galilea, fatto di predicazione, esorcismi e miracoli; dopo aver rivelato ai discepoli la propria natura divina con la trasfigurazione, Gesù si reca a Gerusalemme, dov'è crocifisso e sepolto per poi risorgere, comparire ai suoi discepoli e infine ascendere al cielo.
Con la denominazione di religioni indiane si vengono ad indicare quelle fedi religiose che hanno avuto origine nel subcontinente indiano, cioè Induismo, Giainismo, Buddhismo e Sikhismo; queste sono anche classificate tra le religioni orientali. Pur essendo strettamente collegate con la storia dell'India, le religioni indiane costituiscono una vasta gamma di comunità spirituali le quali non si limitano soltanto al subcontinente. La prova attestante la presenza di una qualche forma di religione preistorica nel subcontinente indiano deriva dagli sparsi reperti di pittura rupestre risalente al Mesolitico. La popolazione di Harappa, città facente parte della civiltà della valle dell'Indo, che durò all'incirca dal 3.300 al 1.300 a.C. (col suo periodo più maturo tra il 2.600 e il 1.900 a.C.) era una cultura urbanizzata precoce di fatto precedente la religione vedica: le genti Dravida e le stesse lingue dravidiche dell'India meridionale sono anch'esse anteriori alla "religione vedica". La storia documentata delle religioni indiane comincia con la formazione religiosa storica conosciuta col nome di Vedismo, concernente le pratiche di fede e spiritualità dei primi popoli Indoiranici, che sono state raccolte successivamente con la Shakha (apprendimento e stesura) dei Veda, testi divenuti col tempo la tradizione spirituale fondamentale presente nella cultura indiana: il periodo della composizione, redazione e commento di tali testi (per lo più inni di lode alle varie divinità) è conosciuto come periodo della civiltà vedica il quale durò all'incirca tra il 1.750 e il 500 a.C.. Questa religione è stata fortemente legata al primo Zoroastrismo e la sua lingua liturgica, il sanscrito vedico, era intelligibile con la lingua avestica. Il periodo di riforma durato tra l'800 e il 200 a.C. segna un "punto di svolta tra la religione vedica e la religione indù". L'antico movimento religioso indiano degli sramana (monaci-asceti itineranti), parallelo ma distinto dalla tradizione vedica, ha dato luogo al Giainismo e al Buddhismo ed è stato responsabile per i concetti relativi di Yoga, saṃsāra (il ciclo di nascita-morte-rinascita inerente a tutti gli esseri) e Mokṣa (la liberazione da quel ciclo). Tale periodo vede anche la scrittura dei Brāhmaṇa e delle Upaniṣad prima - il tutto all'interno della definizione di Brahmanesimo - e la crescita del Vedānta o "fine dei Veda" poi, una delle scuole filosofiche e di pensiero di maggior rilevanza dell'epoca. Il periodo dei Purāṇa (200 a.C.-500 d.C.) e la precoce età medioevale (500-1.100) ha dato luogo a sempre rinnovate definizioni di Induismo, soprattutto quelle di Bhakti (d'impronta più propriamente devozionale) e quellele relative allo Shivaismo, Shaktismo, Vaishnavismo (dedicate rispettivamente a Shiva, alla Devi-Shakti e a Vishnu), fino alla scuola Smārta ed a gruppi minori come la tradizione ritualistica conservatrice Shrauta. Il primo periodo relativo alla dominazione islamica in India (1.100-1.500) ha anch'esso contribuito a dare vita a nuovi movimenti: il Sikhismo è stato fondato nel corso del XV secolo sugli insegnamenti di Guru Nanak e dei nove successivi guru sikh in India del nord: a tutt'oggi la maggior parte dei suoi aderenti proviene ed ha origine dalla regione del Punjab. Col dominio coloniale britannico, l'impero anglo-indiano, si è avuta una reinterpretazione e sintesi dell'Induismo conosciuto come Neo-Vedanta; a partire dalla forma più tradizionale Smarta è sorta una rinnovata tipologia di religiosità adattata al tempo presente, ciò soprattutto tramite l'opera di Ram Mohan Roy (il Brahmo Samaj) il quale ha aiutato anche il contemporaneo movimento d'indipendenza indiano nel neo-induismo dei suoi maggiori leader (dal Mahatma Gandhi, a Swami Vivekananda, da Sri Aurobindo a Sarvepalli Radhakrishnan).
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