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Autore principale: Montani, Pietro
Pubblicazione: Firenze : La nuova Italia, 1975
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
David Abelevič Kaufman (rus. Давид А́белевич Ка́уфман; Bjelostok, 2 gennaio 1896 – Mosca, 12 febbraio 1954) è stato un regista, sceneggiatore e teorico del cinema sovietico, noto anche come Denis Arkad´evič Kaufman e con lo pseudonimo di Dziga Vertov.
Il Gruppo Dziga Vertov è un collettivo di autori francesi di cinema costituitosi nel 1969, il cui principale esponente è Jean-Luc Godard. Il gruppo si scioglie tra fine 1972 e inizio 1973 dopo avere realizzato 6 lungometraggi. Il collettivo è composto da Jean-Luc Godard, già affermato regista con dieci anni di attività alle spalle, e da Jean-Pierre Gorin; in alcune produzioni assumono un ruolo di rilievo anche Jean-Henri Roger e il cineoperatore Armand Marco, mentre altri nomi partecipano occasionalmente: Gérard Martin, Nathalie Billard, Paul Bourron, Anne Wiazemsky, Nathalie Biard, Raphaël Sorin e Isabel Pons.
L'uomo con la macchina da presa (Человек с киноаппаратом, Chelovek s kino-apparatom) è un film del 1929, diretto dal regista sovietico Dziga Vertov. Il film è forse il compimento massimo (e finale) del movimento kinoglaz ("Il cineocchio"), nato negli anni venti per iniziativa di Vertov e propugnatore della superiorità del documentario sul cinema di finzione che, in sostanza, deve essere bandito perché inadatto a formare una società comunista. Vertov raccoglie l'esperienza di anni di documentari propagandistici, le sue radici futuriste, le sue teorie secondo le quali il cinema deve essere uno strumento a servizio del popolo e della sua formazione comunista, e sublima il tutto in un'opera tecnicamente all'avanguardia e che ancora oggi colpisce per originalità e vivacità. Nel 2020 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti
Il cinema russo d'avanguardia è quel periodo della storia del cinema russo che ebbe luogo nell'epoca del muto, tra il 1918 e la fine degli anni venti, comprendendo anche alcuni maestri indiscussi dell'arte cinematografica, quali Sergej Michajlovič Ėjzenštejn e Dziga Vertov. La Russia prese i passi dal cinema futurista italiano, con un vero e proprio movimento futurista nazionale. Per i russi però il cinema non fu solo uno strumento per incarnare i "meravigliosi capricci" della modernità (come scriveva Marinetti), ma fu soprattutto l'incarnazione dei nuovi ideali rivoluzionari di libertà, modernità e rinnovamento. A differenza degli italiani, i futuristi russi non volevano estetizzare la vita, ma si proponevano di rinnovare sia l'arte sia la vita, creando un'arte nuova per un mondo nuovo: il mondo della rivoluzione socialista.
Il cinema (dal greco antico κίνημα, -τος "movimento") è l'insieme delle arti, delle tecniche e delle attività industriali e distributive che producono come risultato commerciale un film. Nella sua accezione più ampia la cinematografia è l'insieme dei film che, nel loro complesso, rappresentano un'espressione artistica che spazia dalla fantasia, all'informazione, alla divulgazione del sapere. La cinematografia viene anche definita come la settima arte, secondo la definizione coniata dal critico Ricciotto Canudo nel 1921, quando pubblicò il manifesto La nascita della settima arte, prevedendo che la cinematografia avrebbe unito in sintesi l'estensione dello spazio e la dimensione del tempo. Fin dalle origini, la cinematografia ha abbracciato il filone della narrativa, diventando la forma più diffusa e seguita di racconto.
Gli spettacoli nell'antica Roma erano numerosi, aperti a tutti i cittadini ed in genere gratuiti; alcuni di essi si distinguevano per la grandezza degli allestimenti e per la crudeltà. I Romani frequentavano di preferenza i combattimenti dei gladiatori, quelli con bestie feroci (venationes), le riproduzioni di battaglie navali (naumachia), le corse di carri, le gare di atletica, gli spettacoli teatrali dei mimi e le pantomime. Quarant'anni dopo l'invettiva di Giovenale (n. tra il 55 e il 60–m. dopo il 127) che rimpiangeva la sobrietà e la severità repubblicana di un popolo che ormai aspirava solo al panem et circenses, al pane e agli spettacoli, Frontone (100-166), quasi con le stesse parole, descriveva sconsolato la triste realtà: La classe dirigente romana considerava infatti suo compito primario quello di distribuire alimenti una volta al mese al popolo e di distrarlo e regolare il suo tempo libero con gli spettacoli gratuiti offerti nelle festività religiose o in ricorrenze laiche.
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