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Autore principale: Ammirato, Scipione <1531-1601>
Pubblicazione: Prato : nella Stamperia Vestri, 1846
Tipo di risorsa: testo, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, Paese: IT
La famiglia Acquaviva (dal 1481 Acquaviva d'Aragona) è stata una famiglia nobile italiana, una delle sette grandi casate del Regno di Napoli. Tra i loro titoli si annoverano quelli di: duchi di Atri e conti di San Flaviano (di Giulia dal 1481); poi anche conti di Conversano, conti e poi duchi di Nardò, per un ramo, e conti e poi principi di Caserta per l'altro. Sicuramente gli Acquaviva risiedettero ed ebbero possedimenti feudali sin dalla fine del XII secolo nella parte settentrionale dell'Abruzzo; nel 1195 è documentato un Rinaldo di Acquaviva, atriano e feudatario di varie terre nella regione teramana. Gli storici municipali abruzzesi hanno sostenuto che le origini della famiglia, precedentemente a tale data, andassero cercate nella loro regione. A queste ipotesi se ne affiancano altre che assegnano alla famiglia origini nell'area del ducato di Spoleto longobardo, tra l'Umbria e la parte meridionale delle Marche. Nei decenni successivi la famiglia stabilisce importanti rapporti con i re angioini: nel 1284 Riccardo di Acquaviva fu giustiziere di Terra d'Otranto al servizio di Carlo I d'Angiò, e nel 1393 Antonio di Acquaviva, che fu il primo a portare, per concessione di Carlo III di Durazzo, i titoli di conte di San Flaviano e di Montorio, comprò dal re Ladislao le città di Atri, con il titolo di duca, e di Teramo. In breve la famiglia assunse un rilievo di primo piano nel Regno di Napoli, fino ad essere annoverata (assieme ai Sanseverino, ai D'Aquino, ai Ruffo, ai Del Balzo, ai Molise e ai Celano) tra le "Serenissime Sette Grandi Case del Regno", e ad ottenere dal re di Napoli Ferrante il privilegio del 30 aprile 1479, con il quale Giulio Antonio Acquaviva poté aggiungere il nome d'Aragona al proprio cognome ed inquartare il proprio stemma con i colori dei Trastámara. Da due figli di Giulio Antonio nascono, all'inizio del sec. XVI, diversi rami familiari. Da Andrea Matteo, dopo una successione complessa a causa delle posizioni filofrancesi sue e di alcuni dei suoi eredi, hanno origine i rami dei duchi d'Atri e conti di Conversano (uniti fino al 1592, poi divisi in due diverse linee fino all'estinzione del ramo ducale nel 1760) e dei principi di Caserta, estintisi nei Caetani di Sermoneta nel 1659. Da Andrea Matteo deriva anche un terzo ramo, quello del suo primogenito Giovan Francesco, marchese di Bitonto, i cui discendenti non sarebbero mai più rientrati in Italia dall'esilio francese cui furono costretti nel 1528. Da Belisario, invece, avranno origine i duchi di Nardò (dal 1636 riuniti per matrimonio con i conti di Conversano).
La storia della letteratura italiana inizia nel XII secolo, quando nelle diverse regioni della penisola italiana si iniziò a scrivere in italiano con finalità letterarie. Il Ritmo laurenziano è la prima testimonianza di una letteratura in lingua italiana. Gli storici della letteratura individuano l'inizio della tradizione letteraria in lingua italiana nella prima metà del XIII secolo con la scuola siciliana di Federico II di Svevia, Re di Sicilia e Imperatore del Sacro Romano Impero, anche se il primo documento letterario di cui sia noto l'autore è considerato il Cantico delle creature di Francesco d'Assisi. In Sicilia, a partire dal terzo decennio del XIII secolo, sotto il patrocinio di Federico II si era venuto a formare un ambiente di intensa attività culturale. Queste condizioni crearono i presupposti per il primo tentativo organizzato di una produzione poetica in volgare romanzo, il siciliano, che va sotto il nome di "scuola siciliana" (così definita da Dante nel suo “De vulgari Eloquentia”). Tale produzione uscì poi dai confini siciliani per giungere ai comuni toscani e a Bologna e qui i componimenti presero ad essere tradotti e la diffusione del messaggio poetico divenne per molto tempo il dovere di una sempre più nota autorità comunale. Quando la Sicilia passò il testimone ai poeti toscani, coloro che scrivevano d'amore vi associarono, seppure in maniera fresca e nuova, i contenuti filosofici e retorici assimilati nelle prime grandi università, prima di tutto quella di Bologna. I primi poeti italiani provenivano dunque da un alto livello sociale e furono soprattutto notai e dottori in legge che arricchirono il nuovo volgare dell'eleganza del periodare latino che conoscevano molto bene attraverso lo studio di grandi poeti latini come Ovidio, Virgilio, Lucano. Ciò che infatti ci permette di parlare di una letteratura italiana è la lingua, e la consapevolezza nella popolazione italiana di parlare una lingua che pur nata verso il X secolo si emancipa completamente dalla promiscuità col latino solo nel XIII secolo.
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