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Titolo uniforme: Jude <film ; 1996>
Pubblicazione: [Italia] : Pulp video, [2014]
Tipo di risorsa: risorsa video e da proiezione, Livello bibliografico: monografia, Lingua: ita, eng, Paese: IT
Il termine Olocausto indica, a partire dalla seconda metà del XX secolo, il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati nei confronti degli ebrei d'Europa e, per estensione, lo sterminio di tutte le categorie di persone dai nazisti ritenute "indesiderabili" o "inferiori" per motivi politici o razziali. Oltre agli ebrei, furono vittime dell'Olocausto le popolazioni slave delle regioni occupate nell'Europa orientale e nei Balcani, e quindi prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, massoni, minoranze etniche come rom, sinti e jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e portatori di handicap mentali o fisici. Tra il 1933 e il 1945, furono circa 15-17 milioni le vittime dell'Olocausto, di entrambi i sessi e di tutte le età (senza riguardo per anziani e bambini), tra cui 5-6 milioni di ebrei. La parola "Olocausto" deriva dal greco ὁλόκαυστος (holòkaustos, "bruciato interamente"), a sua volta composta da ὅλος (hòlos, "tutto intero") e καίω (kàiō, "brucio") ed era inizialmente utilizzata ad indicare la più retta forma di sacrificio prevista dal giudaismo. L'Olocausto, in quanto genocidio degli ebrei, è identificato più correttamente con il termine Shoah (in ebraico: שואה?, lett. "catastrofe, distruzione") che ha trovato ragioni storico-politiche nel diffuso antisemitismo secolare. L'eliminazione di circa i due terzi degli ebrei d'Europa venne organizzata e portata a termine dalla Germania nazista mediante un complesso apparato amministrativo, economico e militare che coinvolse gran parte delle strutture di potere burocratiche del regime, con uno sviluppo progressivo che ebbe inizio nel 1933 con la segregazione degli ebrei tedeschi, proseguì, estendendosi a tutta l'Europa occupata dal Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, con il concentramento e la deportazione e quindi culminò dal 1941 con lo sterminio fisico per mezzo di eccidi di massa sul territorio da parte di reparti speciali, e soprattutto in strutture di annientamento appositamente predisposte (campi di sterminio), in cui attuare quella che i nazisti denominarono soluzione finale della questione ebraica. L'annientamento degli ebrei nei centri di sterminio non trova nella storia altri esempi a cui possa essere paragonato, per le sue dimensioni e per le caratteristiche organizzative e tecniche dispiegate dalla macchina di distruzione nazista. Tuttavia, l'idea della "unicità della Shoah" in quanto incommensurabile e non confrontabile con ogni altro evento è assai discussa tra gli storici.
Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band è l'ottavo album del gruppo musicale britannico The Beatles, pubblicato nel 1967 e prodotto da George Martin; venne messo in commercio nel Regno Unito il 1º giugno 1967. È considerato uno dei capolavori dei Beatles nonché uno tra i dischi più importanti della musica pop: la rivista Rolling Stone lo ha inserito al primo posto della lista dei 500 migliori album mentre la rivista New Musical Express lo posiziona all'87º posto della sua analoga classifica dei migliori 500 album; compare anche nel volume 1001 Albums You Must Hear Before You Die. È fra i più famosi della storia del rock e uno dei primi concept album della musica rock. Ne sono state vendute undici milioni di copie negli Stati Uniti e trentadue milioni in tutto il mondo; ha inoltre vinto quattro premi Grammy nel 1967.
Elfriede Jelinek (IPA: [ɛlˈfʀiːdə ˈjɛlinɛk]) (Mürzzuschlag, 20 ottobre 1946) è una scrittrice, drammaturga e traduttrice austriaca. Nel 2004 le è stato conferito il Premio Nobel per la letteratura. Elfriede Jelinek scrive contro il malcostume politico e della vita pubblica ma anche privata della società austriaca. Giudica l'Austria arretrata ed impregnata del passato nazista, e nutre nei confronti del proprio Paese un odio aspro e reciproco. Per esprimerlo utilizza uno stile sarcastico, provocatorio, che talvolta ella stessa, al pari dei propri avversari, considera blasfemo e di cattivo gusto. Infatti nella sua produzione letteraria la violenza, il sarcasmo e l'incantesimo costituiscono il mezzo per analizzare e distruggere gli stereotipi sociali e gli archetipi del sessismo. In particolare l'autrice porta avanti la denuncia implacabile della violenza sessuale contro le donne.I suoi tratti gentili e delicati sembrano porre in contrasto la persona, schiva, disponibile e concreta, con la figura pubblica che il regista Werner Waas definisce una “clava culturale”. Quello di Elfriede è infatti “un ruolo d'artista attivo, scomodo”, che lavora per “ridisegnare le mappe dell'esistenza”.Il teatro di Jelinek, trattando temi quali la politica e la condizione della donna, “è una miccia accesa”; “nella sua scrittura non ci sono regole” e la “messa in scena viene negata nelle sue regole fondamentali: azione, personaggio, luogo, esistsono solo tra le righe in una visionaria libertà”. La parola di Elfriede Jelinek è “allo stesso tempo puramente teatrale” perché “è in primo luogo, materia vocale, con un corpo sonoro vivo e presente fatto di fonetica, ritmo, una musica inscindibile dal senso”. Fra gli scrittori-drammaturghi degli anni duemila Jelinek rappresenta “la voce femminile più innovativa e provocatoria”.
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Record aggiornato il: 2021-11-25T04:59:32.269Z