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Il doping genetico è l’ipotetico utilizzo da parte di atleti di terapie genetiche durante eventi sportivi che proibiscono questo tipo di tecnologia, non per scopi terapeutici ma per migliorare la loro performance atletica. Fino ad Aprile 2015 non era stata trovata alcuna evidenza che questo tipo di pratica venisse utilizzata come doping con l’obiettivo di migliorare le prestazioni sportive durante le competizioni. Il doping genetico si basa sull'uso di un transfer genetico in modo da aumentare o diminuire l’espressione genica e la biosintesi di specifiche proteine umane. Questo processo può essere svolto iniettando direttamente il carrier genetico nel soggetto, oppure prelevando da esso alcune cellule, modificandole e iniettandole nuovamente nella persona interessata.A livello storico l’interesse da parte degli atleti in questa pratica dopante, la consapevolezza dei rischi derivanti e le strategie per rilevarla si sono sviluppate in parallelo con l’affermazione in campo clinico delle terapie genetiche, in particolare grazie alla pubblicazione nel 1998 di un esperimento condotto su alcuni topi, dove si scoprì che un topo in grado di codificare maggiormente il fattore IGF-1, risultava più forte di un topo normale, nonostante la differenza di età, grazie alla pubblicazione di studi pre-clinici sull'iniezione di eritropoietina (EPO) ed infine, nel 2004, grazie alla creazione in laboratorio del “topo maratoneta” che risultava avere maggiore capacità di resistenza rispetto a topi non trattati, dovuto all'iniezione del gene che codifica il PPAR gamma. Gli scienziati che pubblicarono questi studi vennero contattati direttamente sia da atleti che da allenatori, i quali desideravano avere accesso diretto alla terapia. La questione del doping genetico diventò pubblica quando, durante un processo nel 2006, vennero presentate delle prove che includevano l’utilizzo di doping genetico contro un allenatore tedesco. Gli stessi scienziati, così come organismi istituzionali tra cui l'Agenzia mondiale antidoping (WADA), il Comitato olimpico internazionale e l'American Association for the Advancement of Science, iniziarono a discutere del rischio di doping genico nel 2001, mentre nel 2003 questa pratica venne inserita nei metodi proibiti nella lista WADA. Il miglioramento genetico include manipolazioni a livello dei geni o il loro trasferimento in atleti sani con lo scopo di migliorarne le prestazioni fisiche; esso include il doping genetico con potenziale pericolo di abuso tra gli sportivi ad alto livello, aprendo allo stesso tempo dibattiti a livello sia etico che politico.
Il doping (in italiano drogaggio o dopaggio) consiste nell'uso di una sostanza, di una droga o di una pratica medica a scopo non terapeutico, ma finalizzato al miglioramento dell'efficienza psico-fisica durante una prestazione sportiva (gara e/o allenamento), sia agonistica che non, da parte di un atleta. II ricorso al doping avviene spesso in vista o in occasione di una competizione agonistica ed è un'infrazione sia dell'etica dello sport, sia dei regolamenti dei Comitati Olimpici sia della legislazione penale italiana, inoltre espone ad effetti nocivi alla salute, anche mortali. La storia del doping inizia nell'antichità, all'epoca delle prime Olimpiadi nella Grecia classica. Le sostanze utilizzate per il dopaggio sono varie e legate allo sviluppo della sintesi chimica, della farmacologia e della scienza medica. Esse permettono di aumentare la massa e la forza muscolare, l'apporto di ossigeno ai tessuti oppure di ridurre la percezione del dolore o di variare il peso corporeo, infine possono anche consentire all'atleta che ne fa uso di risultare negativo ai controlli antidoping. La lotta contro il doping degli atleti di alto livello iniziò con la morte del ciclista danese Knud Enemark Jensen durante le Olimpiadi di Roma del 1960. Il Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e alcune Federazioni sportive internazionali e nazionali nominarono una task force medica per studiare delle strategie di contrasto al doping. I primi risultati si ebbero solo dopo la scoperta di un altro corridore (Ben Johnson) dopato nell'Olimpiadi di Seoul del 1988 e con la fine della guerra fredda nel 1989, quando le autorità politiche mondiali crearono il WADA (World Anti-Doping Agency), l'agenzia internazionale che varò il Codice Mondiale Antidoping WADA, in seguito accettato dalle federazioni sportive nazionali.