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Il principe (titolo assegnato nell'edizione originale postuma di Antonio Blado e poi unanimemente adottato, ma il titolo originario era in lingua latina: De Principatibus, "Sui principati") è un saggio critico di dottrina politica scritto da Niccolò Machiavelli nel 1513, nel quale espone le caratteristiche dei principati e dei metodi per conquistarli e mantenerli. Si tratta senza dubbio della sua opera più nota e celebrata, quella dalle cui massime (spesso superficialmente interpretate) sono nati il sostantivo "machiavellismo" e l'aggettivo "machiavellico". L'opera non è ascrivibile ad alcun genere letterario particolare, in quanto non ha le caratteristiche di un vero e proprio trattato. Da una parte è vero che nel periodo umanista si erano molto diffusi i trattati sul sovrano ideale, anche chiamati speculum principis (ossia specchi del principe), i quali elencavano tutte le virtù che un sovrano avrebbe dovuto avere per poter governare correttamente, prendendo spunto dalla storia e dai classici latini e greci. Dall'altra l'opera del Machiavelli si pone espressamente in forte rottura con quella tradizione, giungendo di fatto a rivoluzionare per sempre la concezione della politica e del buon governo per un principe, ricevendo a tale proposito aspre critiche dei suoi contemporanei. Il Principe si compone di una dedica e ventisei capitoli di varia lunghezza; l'ultimo capitolo consiste nell'appello ai de' Medici ad accettare le tesi espresse nel testo.
I Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio sono un'opera di Niccolò Machiavelli, frutto di una lunga elaborazione durata dal 1513 al 1519, anno di morte di uno dei due dedicatari dell'opera; in ogni caso, non si può escludere che una prima idea dell'opera possa risalire anche agli anni della segreteria a Firenze. L'opera è dedicata a Zanobi Buondelmonti e a Cosimo Rucellai, due tra i maggiori esponenti degli Orti Oricellari a Firenze, dove si riunivano giovani aristocratici per discutere di politica, arte e letteratura. Come molte altre opere di Machiavelli i Discorsi furono di pubblicazione postuma, avvenuta nel 1531 a opera del tipografo fiorentino Bernardo Giunti.I Discorsi non hanno una struttura unitaria, ma già nel titolo suggeriscono l'idea di una serie di divagazioni condotte a partire da un testo-base: la prima Deca della storia di Roma del grande storico latino Tito Livio. Non si tratta dunque di un commento vero e proprio, ma di una serie di riflessioni e appunti che vorrebbero costituire i fondamenti di una moderna teoria politica basata sugli insegnamenti della storia della Roma antica.
L'epistolario di Machiavelli è uno dei più ricchi (oltre duecento lettere) della tradizione letteraria italiana rinascimentale. Le lettere "familiari" scritte da Machiavelli ad amici ci sono pervenute solo parzialmente. Sono lettere composte non in vista della pubblicazione, quindi non sono letterariamente atteggiate, sono stese con grande immediatezza, con un colloquio autentico e libero con i destinatari. Si ritrovano serie riflessioni di teoria politica e di analisi dei problemi contemporanei, ma anche scherzi, motti e sfoghi di umori. Spiccano tra tutte le lettere quelle rivolte a Francesco Guicciardini e Francesco Vettori. Da una lettera a quest'ultimo, datata 10 dicembre 1513, si desume la data di composizione del Principe.
La Clizia è una commedia in prosa in cinque atti di Niccolò Machiavelli. Basata su una libera interpretazione della Casina di Plauto, venne rappresentata a Firenze per la prima volta nel 1525 e pubblicata nel 1537.
Lorenzo di Piero de' Medici (Firenze, 12 settembre 1492 – Firenze, 4 maggio 1519), unico figlio maschio non morto infante di Piero "il Fatuo" de' Medici e di Alfonsina Orsini, fu signore di Firenze e il primo ed unico duca di Urbino della dinastia Medici. Bello d'aspetto, cavalcatore e cacciatore, non privo di abilità e di astuzia, fu, per difetto di energia e di coraggio, inferiore alla sua fama. A lui Niccolò Machiavelli dedicò Il Principe e Michelangelo Buonarroti ne idealizzò la figura nel "Pensieroso" delle tombe medicee.
Palazzo Machiavelli è una dimora storica italiana vincolata ai sensi della Legge 1 giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose d’interesse artistico o storico), situata tra la via Santo Spirito e la basilica di Santo Spirito, con un lato lungo la via de' Coverelli, a Firenze.
Con le Considerazioni sui Discorsi del Machiavelli, Francesco Guicciardini contesta le opinioni espresse da Niccolò Machiavelli non limitandosi solo ai singoli momenti della trattazione ma a tutta la filosofia della storia su cui Machiavelli fondava il suo Classicismo. Guicciardini non considera la storia come "magistra vitae", convinzione questa di Machiavelli, ma è convinto che la storia non possa dare nessun aiuto all'uomo, il quale, trovandosi in un mondo dominato da una realtà relativa ed assolutamente frammentaria, può semplicemente servirsi della discrezione, e cioè scegliere volta per volta, caso per caso, la via più opportuna da intraprendere per interpretare un reale tanto variegato, dominato da "casi ed accidenti"