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Le Storie (in greco antico: Ἱστορίαι, Historíai) di Erodoto di Alicarnasso sono considerate la prima opera storiografica nella Letteratura Occidentale ad esser giunta nella sua forma completa. Scritte approssimativamente tra il 440 a.C. e il 429 a.C. nel dialetto ionico del greco antico, le Storie registrano le tradizioni, l'etnografia, la geografia, la politica e i conflitti tra le varie culture che erano conosciute nell'Asia Occidentale, l'Africa settentrionale e la Grecia del tempo. Al livello storico dei fatti, quello delle tradizioni già formatesi prima di Erodoto, si affianca la rielaborazione o interpretazione da parte dello storico, generando molti problemi discussi dalla critica, ma per i quali non si è giunti a una soluzione certa. Tuttavia, neanche talune discordanze interne al testo riescono a sminuire la profonda compattezza e coerenza dell'opera, che appare complessa, raffinata e originale. Inoltre, le Storie si distinguono per il fatto di essere uno dei primi resoconti dell'ascesa dell'Impero Persiano, dagli eventi alle cause delle guerre greco-persiane tra l'Impero achemenide e le città-stato greche nel V secolo a.C.. Erodoto ritrae il conflitto come quello tra le forze della schiavitù (i Persiani) da una parte, e quelle della libertà (gli Ateniesi e la confederazione delle poleis greche che si unirono contro gli invasori) dall'altra.
Erodoto (in greco antico: Ἡρόδοτος Hēródotos, pronuncia: [hɛː.ró.do.tos]; Alicarnasso, 484 a.C. – Thurii, dopo il 430 a.C.) è stato uno storico greco antico, fu considerato da Cicerone come il «padre della storia». Nella sua opera, ispirata a quella dei logografi (in particolare Ecateo di Mileto), egli cerca di individuare le cause che hanno portato alla guerra fra le poleis unite della Grecia e l'Impero achemenide ponendosi in una prospettiva storica, utilizzando l'inchiesta e diffidando degli incerti resoconti dei suoi predecessori.
La battaglia di Salamina (in greco antico: ἡ ἐν Σαλαμῖνι ναυμαχία, hē en Salamîni naumachía) fu uno scontro navale che si svolse probabilmente il 23 settembre del 480 a.C., in piena seconda guerra persiana, che vide contrapposti la lega panellenica, comandata da Temistocle ed Euribiade, e l'impero achemenide, comandato invece da Serse I di Persia. Lo stretto tra la polis di Atene e l'isola di Salamina, sita nell'attuale golfo Saronico, fu il teatro dello scontro. Per bloccare l'avanzata persiana, un contingente limitato di Greci sotto comando spartano aveva ingaggiato la battaglia delle Termopili e la flotta a prevalenza ateniese aveva combattuto presso Capo Artemisio ottenendo rispettivamente una sconfitta e una sostanziale parità dovuta alla ritirata verso Salamina, seguita all'apprendimento dell'esito del contemporaneo scontro. Superato il passo delle Termopili, i Persiani erano penetrati in Beozia e in Attica, conquistando queste due regioni e costringendo i Greci ad allestire una linea difensiva all'altezza dell'istmo di Corinto. Nonostante lo svantaggio numerico, la lega panellenica capitanata dal generale ateniese Temistocle, fu da lui costretta a intraprendere un secondo scontro con la flotta avversaria, nella speranza che una vittoria navale allontanasse il pericolo di un attacco via mare del Peloponneso; anche Serse I era ansioso di poter scendere nuovamente a battaglia. Il sotterfugio escogitato da Temistocle scompose i piani del Gran Re e la flotta persiana, accecata dall'apparenza di una vittoria semplice, entrò nello stretto di Salamina tentando di bloccare lì le navi greche con una manovra di accerchiamento. Tale era l'angustia dello stretto, inadatto al combattimento di un così gran numero di navi, che il territorio si rivelò ben presto inadatto alle massicce navi persiane, impedite fra di loro nel compiere le manovre. Cogliendo l'opportunità propizia, la flotta greca si dispose per la battaglia e riuscì a ottenere una vittoria decisiva. Perduta la flotta, essenza vitale del suo esercito, Serse ritornò in Asia con la gran parte dei soldati rimanenti e concesse a Mardonio di scegliere alcune unità per portare a termine la conquista della Grecia: quanti passarono sotto il suo comando vennero tuttavia sconfitti l'anno successivo durante la battaglia di Platea, quasi contemporanea alla battaglia di Micale che si svolse in Asia. Dopo questa guerra i Persiani rinunciarono a qualsiasi altro tentativo di conquistare l'entroterra greco: si può dire che gli scontri di Salamina e Platea segnarono il punto di svolta nel contesto degli scontri tra Greci e Persiani, dato che da allora i Greci cominciarono una politica aggressiva nei confronti degli avversari che ebbe l'apice della propria pericolosità con la battaglia dell'Eurimedonte. Un gran numero di storici ritiene che una eventuale vittoria persiana avrebbe ostacolato lo sviluppo della civiltà greca e in senso più esteso di quella occidentale, affermando quindi che questa battaglia sia stata una delle più importanti di tutti i tempi.
La battaglia delle Termopili (in greco antico: ἡ ἐν Θερμοπύλαις μάχη, hē en Thermopýlais máchē) fu combattuta da un'alleanza di poleis greche, guidata dal re di Sparta Leonida I contro l'Impero persiano governato da Serse I. Si svolse in tre giorni, durante la seconda invasione persiana della Grecia, nell'agosto o nel settembre del 480 a.C. presso lo stretto passaggio delle Termopili (o, più correttamente, Termopile, "Le porte calde") contemporaneamente alla battaglia navale di Capo Artemisio. L'invasione persiana era una risposta allo smacco subito durante la fallita prima invasione della Grecia che si era conclusa con la grande vittoria ateniese nella battaglia di Maratona nel 490 a.C. Serse aveva raccolto un enorme esercito e una potente flotta per conquistare tutta la Grecia. Il generale ateniese Temistocle propose che i Greci si disponessero a bloccare l'avanzata dell'esercito persiano al passo delle Termopili, ostacolando nello stesso tempo la flotta persiana presso lo stretto di Capo Artemisio. Un esercito greco di circa 7 000 uomini marciò verso nord per cercare di fermare l'avanzata dei Persiani nell'estate del 480 a.C. L'esercito di Serse arrivò al passo a fine agosto o inizio settembre ma fu trattenuto per una settimana dai Greci che, sebbene in grande inferiorità numerica, bloccarono l'unica via attraverso la quale l'imponente esercito persiano avrebbe potuto raggiungere la Grecia centrale; tuttavia un abitante del luogo di nome Efialte rivelò agli aggressori l'esistenza di una via secondaria che conduceva dietro le linee greche. Leonida, consapevole di essere stato aggirato, fece allontanare il grosso dell'esercito greco e rimase a guardia del passaggio con 299 Spartani, 700 Tespiesi, 400 Tebani e, forse, qualche centinaio di altri, che vennero per la maggior parte uccisi. Dopo questo combattimento la flotta greca, mentre combatteva presso capo Artemisio sotto il comando del politico ateniese Temistocle, ricevette la notizia della sconfitta alle Termopili. Dal momento che il piano dei Greci prevedeva che sia le Termopili che capo Artemisio venissero tenuti sotto controllo, e avendo la flotta subito consistenti perdite, venne deciso il ritiro a Salamina. I Persiani invasero la Beozia e poi entrarono in Atene, che era stata precedentemente evacuata. In seguito la flotta greca attaccò e sconfisse gli invasori nella battaglia di Salamina verso la fine del 480 a.C.: dopo lo scontro il re Serse, temendo di restare intrappolato in Europa con la flotta fortemente indebolita, decise di ritornare in patria con parte dell'esercito (perdendo molti uomini per la fame e le malattie) e lasciò il generale Mardonio al comando dei restanti reparti per completare la conquista della Grecia. L'anno successivo, tuttavia, un esercito ellenico sconfisse definitivamente i Persiani nella battaglia di Platea. Per studiosi e scrittori antichi e moderni la battaglia delle Termopili è un esempio dei sorprendenti risultati militari che si possono ottenere, contro forze molto superiori numericamente, con un esercito molto motivato che si batte in difesa del suolo della patria. L'azione dei difensori delle Termopili è inoltre ritenuta una classica dimostrazione della superiore efficacia in combattimento di un'unità militare bene addestrata ed equipaggiata.