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La pagina include la maggior parte dei frammenti dei lirici greci, vale a dire i poeti che hanno rappresentato nell'antica Grecia la lirica monodica e corale, l'elegia in distici, i giambografi e i compositori di epinici. Naturalmente, risulterebbe impossibile raggruppare tutta la mole di frammenti dei lirici greci dell'epoca arcaica (VII-V secolo a.C.), in un solo blocco, ma ci si limiterà a riportare, tradurre letteralmente, e a commentare sul confronto di edizioni critiche, e dal punto di vista contenutistico del messaggio del poeta, soltanto i frammenti più noti dei poeti, oltre ai testi giunti in versioni quasi del tutto integrali. Le edizioni principali di riferimento sono H.W. Smyth: Poeate Melici Graeci (1900), D.L. Page, Poeate Melici Graeci, Oxford, Claredon Press, 1962, M. Davies, Poetarum Melicorum Graecorum Fragmenta, E Typographeo Clarendoniano, 1991, M. L. West: The Poems and Fragments of the Greek Iambic, Elegiac, and Melics Poets (excluding Pindar and Bacchylides) Down to 450 B.C., Oxford University Press, 1999, e infine E.M. Voigt, Sappho et Alcaeus, Amsterdam: Polak & Van Gennep, 1971 per l'analisi specifica dei testi di Saffo e Alceo.
Il Liber (o Carmina) è una raccolta di poesie in vario metro del poeta romano Gaio Valerio Catullo.
Le metamorfosi (Metamorphoseon libri XV) è un poema epico-mitologico di Publio Ovidio Nasone (43 a.C. - 17 d.C.) incentrato sul fenomeno della metamorfosi. Attraverso quest'opera, ultimata poco prima dell'esilio dell'8 d.C., Ovidio ha reso celebri e trasmesso ai posteri numerosissime storie e racconti mitologici della classicità greca e romana.
Con il termine piede ionico si intendono due piedi in uso nella poesia greca e latina, lo ionico a minore (∪ ∪ — —) e lo ionico a maiore (— — ∪ ∪). Entrambi questi piedi contano sei more, e appartengono al génos diplásion, in quanto il rapporto tra arsi e tesi è di 1:2; il ritmo è ascendente per lo ionico a minore e discendente per lo ionico a maiore. Benché le due sillabe lunghe formino nel loro insieme il tempo forte, è probabile che fosse la prima ad essere specialmente marcata. Lo ionico a minore non subisce frequentemente sostituzioni: nel caso le due sillabe brevi siano sostituite con una lunga, si ha un molosso, (— — —); nel caso invece una delle sillabe lunghe sia risolta con due brevi, si hanno gli schemi ∪ ∪ ∪ ∪ — e ∪ ∪ — ∪ ∪. Per lo ionico a maiore queste sostituzioni sono invece più frequenti. Fenomeno invece caratteristico dei piedi ionici è l'anaclasi: negli ionici a minore, l'ultima sillaba lunga di un piede si scambia con la prima sillaba breve del piede successivo, creando la sequenza ∪ ∪ — ∪ — ∪ — — negli ionici a maiore, invece l'anaclasi avviene all'interno del piede, che diviene un ditrocheo (— — ∪ ∪ > — ∪ — ∪)Rarissimi sono i metri ionici acefali: i tragici ne offrono qualche esempio. I metri sincopati invece non sono infrequenti nei sistemi strofici o nei periodi della lirica corale e della poesia drammatica. Il nome del metro deriva dalle popolazioni ioniche dell'Asia Minore, presso le quali si incontrano le più antiche testimonianze dell'uso di questo metro (in particolare con Anacreonte); è probabile che tale metro fosse associato nei culti estatici di Dioniso e di Cibele. Gli ionici a minore sono di uso più antico e si incontrano già nella lirica monodica arcaica; gli ionici a maiore appaiono invece più tardi, ed è quasi certo che iniziarono la loro esistenza come metro autonomo solo in età ellenistica.
Eugenio Carmi (Genova, 17 febbraio 1920 – Lugano, 16 febbraio 2016) è stato un pittore italiano. Esponente dell'astrattismo italiano, nel 1966 ha esposto alla Biennale di Venezia.
I Carmi trionfali (in latino: Carmina triumphalia) sono una delle forme preletterarie appartenenti alla letteratura latina. Essi sono caratterizzati dall'utilizzo del verso e dall'oralità; infatti non venivano trascritti, ma solamente recitati. Gli unici esempi conosciuti sono stati tramandati grazie ad alcuni autori, che li hanno citati nelle loro opere. Durante la cerimonia del trionfo un corteo formato dalle massime autorità romane, dal generale vittorioso e dai suoi soldati sfilava dalla Porta Triumphalis al Campidoglio. In questa occasione, i legionari romani improvvisavano tali carmina. Questi canti erano il risultato dell'unione di frasi di lode verso il comandante vincitore assieme a frasi di scherno. Infatti i soldati, approfittando dell'atmosfera festosa e permissiva, non si limitavano ad elogiare il loro comandante, ma ne facevano oggetto di ilarità, prendendolo in giro. La funzione di tali carmina era quella di moderare l'esaltazione del successo mediante lo scherno e non suscitare superbia nel condottiero vittorioso celebrato. Poiché con questi canti si derideva il trionfatore, i Carmi trionfali sono considerati dei Fescennini. Agli studiosi questa pratica è parsa sorprendente, vista la grande disciplina e il rigore che vigeva in tutti gli aspetti della società romana e soprattutto in ambiente militare.Tra i Carmina triumphalia giunti fino a noi abbiamo quelli che i soldati cantarono durante il trionfo di Cesare. A riportarlo è lo storico Svetonio, in un carmen in cui si fa allusione all'omosessualità di Cesare. Un altro esempio di carmen, ancora riferito a Giulio Cesare, è quello trascritto dai biografi dello stesso condottiero e recitato in occasione della vittoria sui Galli riportata nel 46 a.C. In questi due versi i soldati scherzano sulla calvizie del loro comandante, di cui evidenziavano soprattutto aspetti legati alla vita sessuale e al modo, alquanto discutibile, di gestire il denaro.